Il conflitto pensionistico

Da const.

Pagina principale WikiConst

Come la massoneria sta distruggendo l'Italia


< prec > < succ >

< Indice >

< 0 - Premessa >


Partendo dallo studio scientifico della teoria costituzionale nel diritto della previdenza sociale e dei sistemi pensionistici pubblici sulla base dei principi scaturiti dagli studi del prof. Mattia Persiani, universalmente riconosciuto come il massimo esponente italiano nel campo del diritto della previdenza sociale, il libro riscontra la degenerazione del diritto della previdenza sociale, ossia come tali principi valgono a livello teorico ma non della pratica applicazione e analizzando le iniquità nella realtà pratica dei sistemi pensionistici pubblici italiani, esso dà gli strumenti per capire i meccanismi di spoliazione legale fondata sulla emanazione di leggi incostituzionali e sulla diffusione della ignoranza istruita attraverso la disinformazione (dire solo la metà delle cose, quelle che fanno comodo).

Il libro permette quindi a chi lo vuole di praticare un percorso di autocoscienza della propria ignoranza istruita e di apprendere come difendersi dalle élite che lo saccheggiano attraverso il patrimonio preda.


Il conflitto pensionistico[1] è un conflitto economico legato alle politiche di redistribuzione dei redditi[2] attuate dallo Stato attraverso interventi legislativi che violano il principio di uguaglianza e che trasformano quello che dovrebbe essere un servizio pubblico di tutela del cittadino in situazioni di bisogno per mezzo di interventi di solidarietà a favore di categorie svantaggiate, in un sistema legale di redistribuzione dei redditi alle lobby previdenziali più forti politicamente con il meccanismo della spoliazione legale, sia attraverso il sistema tributario nel momento del reperimento delle risorse finanziarie (tassazione regressiva, tax expenditure, detrazioni e agevolazioni fiscali, patrimoniali, condoni), sia con la implementazione di un mercato del lavoro segmentato proprio per attuare specifiche politiche di redistribuzione dei redditi regressive e quindi fonte di iniquità e infine attraverso il sistema pensionistico pubblico attuato attraverso gestioni corporative che rendono possibile sia la segmentazione delle politiche dei redditi a vantaggio delle élite, sia la gestione finanziaria dei patrimoni a vantaggio di lobby finanziarie esterne al sistema pensionistico.

Il conflitto pensionistico ha quindi effetti a livello individuale o micro economico ove i diritti di salvaguardia del cittadino dalle situazioni di bisogno sono tutelati dallo Stato in modo variabile sia nel tempo che nelle diverse situazioni lavorative determinando l'arricchimento o l'impoverimento dell'individuo a seconda della posizione che occupa nella società.

Il conflitto pensionistico ha effetti a livello macro economico in quanto il sistema pensionistico pubblico gestisce circa il 40% della spesa pubblica per cui l'uso distorto di una percentuale di queste risorse economiche sviluppa un sistema pensionistico pubblico dove il servizio pensioni è sempre più generoso e costoso fino a portare il debito pubblico implicito a multipli di PIL.

Nel sistema pensionistico pubblico a redistribuzione dei tributi il conflitto pensionistico non riguarda i pensionati e lo Stato ma l'intera società in quanto lo Stato svolge la funzione di intermediario nella redistribuzione dei redditi tra chi lavora e chi è in pensione.

Inoltre il conflitto pensionistico rientra nella più ampia casistica del conflitto politico legato al sistema tributario.

Pertanto esso non va visto, come indicato nella nota in apertura, come un conflitto dovuto a disparità future di trattamento ma nell'ottica delle disparità passate nel pagamento dei contributi e dei tributi in genere e nella disparità presente nella corresponsione delle pensioni sia per entità che nelle modalità.

Le previsioni riguardanti il futuro lasciano il tempo che trovano se si pensa che negli ultimi 20 anni sono state fatte 30 modificazioni significative al sistema pensionistico pubblico mentre il debito pubblico, per una quota del 50%, è dovuto ai regali del metodo retributivo degli ultimi 20 anni, oltre a dover essere restituito, deve anche essere sostenuto nel pagamento degli interessi riducendo le spese per investimenti, istruzione e ricerca.

Ciò ha determinato negli ultimi 20 anni l'impoverimento della classe dei giovani sia in termini di redditi, di occupazione e di istruzione rispetto alla classe degli anziani che ha visto ridursi tutti gli indicatori sulla povertà.

La situazione è il frutto di precise scelte politiche riguardo la segmentazione del mercato del lavoro con conseguente fiscalità di vantaggio per le élite e parallelamente la gestione previdenziale frazionate secondo le innumerevoli corporazioni ed all'interno di esse.

I partiti hanno scelto piuttosto che guardare l'interesse generale con riforme a carattere universale, di difendere ogni volta gli interessi di gruppi ristretti ma organizzati che, una volta premiati con la redistribuzione di tributi, divenivano l'ago della bilancia nel confronto elettorale.

Il libro vuole documentare come il conflitto pensionistico sia tra le principali cause della crisi economica italiana ed in particolare dell'aumento esponenziale del debito pubblico e delle probabilità di default dello Stato Italiano, ma anche la crisi demografica ed economica conseguente.[3]

Il conflitto pensionistico all'interno del sistema pensionistico pubblico in Italia, dopo l'approvazione della riforma delle pensioni Fornero assume una nuova forma: tutti contro tutti.

La riforma delle pensioni Fornero, applicando il principio secondo cui "le riforme delle pensioni si fanno non guardando al passato, cercando cioè di difendere quanto più possibile i trattamenti generosi rispetto ai contributi versati[4]" agisce principalmente sui tagli alle pensioni future con il blocco del turn-over penalizzando le donne, gli esodati e i giovani la cui disoccupazione supererà il 40% mentre i tagli previsti alle pensioni saranno in confronto simbolici.

La riforma Fornero in definitiva evidenzia che, avendo bloccato la crescita del debito pensionistico latente (con l'avvio del metodo di calcolo contributivo per tutti) per quanto riguarda la quota dovuta agli squilibri attuariali del metodo di calcolo retributivo, ed avendo evitato tagli significativi alle pensioni in essere, il costo degli squilibri di tutte le promesse pensionistiche pregresse saranno a carico della collettività ossia dei futuri lavoratori.

Ciò deriva dal fatto che l'obbligo del metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita applicato per i contributi versati dal 2012 alla stessa maniera per tutti, permette per la prima volta il confronto dell'entità dei regali pensionistici previsti nei regimi vigenti nonché la svalutazione dei montanti contributivi individuali nozionali dovuti alla decrescita reale del PIL (v. tasso annuo di capitalizzazione per la rivalutazione del montante contributivo individuale nozionale).

L'avvio della transizione dal modello previdenziale corporativo fascista al modello previdenziale universale con l'estensione del metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita, accelerata dalla crisi economica iniziata nel 2007, presenta dei costi economici e sociali che l'Italia non aveva mai sperimentato e svela posizioni di privilegio non più sostenibili.

Il conflitto pensionistico è aggiuntivo alla crisi pensionistica legata all'invecchiamento della popolazione o alla crisi economica. Esso si sostanzia nel trasferimento di risorse tra generazioni o componenti economiche non legato a ragioni di equità attuariale o di assistenza sociale, bensì alla spoliazione legale del patrimonio preda costituito sotto l'ombrello statale.

La frammentazione gestionale e legislativa degli ultimi 70 anni ha creato posizioni di privilegio difese da agguerrite lobby previdenziali ognuna impegnata a difendere la posizione nella logica politica di assalto alla diligenza caratteristica della prima repubblica.

Il conflitto pensionistico pur avendo una sua specificità, deve essere valutato all'interno delle complessive politiche di redistribuzione dei redditi di uno Stato e quindi delle sue politiche fiscali, altrimenti risulta incomprensibile.


La riforma delle pensioni Fornero su Wikisource

La riforma delle pensioni Fornero

La riforma delle pensioni Fornero

La riforma delle pensioni Dini su Wikisource


< Indice >

Note[modifica | modifica sorgente]

  1. Maurizio Benetti, Si profila un conflitto tra pensionandi e pensionati. URL consultato il 27 agosto 2015.
    «Un sistema pensionistico a ripartizione, con le pensioni finanziate dai contributi di chi lavora, è accettabile dai lavoratori nella misura in cui le loro pensioni attese siano simili a quelle per le quali versano i contributi. Diventa non accettabile se i lavoratori debbono finanziare con i loro contributi pensioni sensibilmente più alte di quelle che potranno avere.».
  2. Pia Huttl, The growing intergenerational divide in Europe, 10 novembre 2015. URL consultato il 30 dicembre 2015.
    «During seven years of economic crisis, the intergenerational income and wealth divide has increased in many European Union countries. This paper reviews the pension reforms implemented by several countries and it provides policy recommendations to address the intergenerational divide.».
  3. Mario Sechi, Tra tasse e pensioni si palesa la vera partita in corso: lo scontro tra giovani e vecchi. URL consultato il 18 settembre 2016.
    «Dovrebbe far riflettere il voto dei giovani per il Movimento 5 stelle, i grillini intercettano (male, con argomenti da arruffapopolo, ma lo fanno) la vera partita in corso: la questione demografica, lo scontro tra giovani e vecchi, tra la generazione di domani e quella di ieri.».
  4. Dall'Intervista ad Elsa Fornero di Ivan Lagrosa, Neosonline.info, 15 giugno 2015.