Il conflitto pensionistico/Baby pensione

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Con baby pensioni o pensioni baby sono indicate quelle pensioni erogate dallo Stato italiano a lavoratori del pubblico settore pubblico che hanno versato i contributi previdenziali per pochi anni, o che hanno avuto la possibilità di ritirarsi dal lavoro con età inferiore ai 40-50 anni[1].

La baby pensione è un servizio pubblico pagato con le imposte] ovvero una prestazione previdenziale del sistema pensionistico pubblico in Italia e come tale erogata ai sensi dell'art. 38 della Costituzione.

Le baby pensioni furono introdotte in Italia nel 1973 dal governo Rumor[2] con l'art. 42[3] del DPR 1092 "Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato", che consentiva le baby pensioni nell'impiego pubblico: 14 anni 6 mesi e 1 giorno di contributi per le donne sposate con figli; 20 anni per gli statali; 25 per i dipendenti degli enti locali.

Il provvedimento fu votato dalla maggioranza e dalla opposizione.[4]

Il rilascio delle baby pensioni continuò ancora per qualche tempo ancora, anche dopo il Decreto legislativo 503 del 30 dicembre 1992 ("Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421") che contemplava gli ultimi requisiti che avrebbero permesso di conseguirla ancora per diversi anni.

Infine la [èIl conflitto pensionistico/Riforma Dini|riforma Dini]] eliminò le baby pensioni ed introdusse la pensione di anzianità.



La motivazione politica di un'operazione economica oggi incomprensibile[modifica | modifica sorgente]

La motivazione politica è individuabile dall'analisi del contesto storico in cui è maturata la scelta. Nel periodo successivo al 1968, l'Italia è percorsa da disordini sociali con motivazioni politico-ideologiche legate allo scontro tra i blocchi. Per vincere quindi il disagio sociale e i rischi per la democrazia,[5] vennero attuate numerose misure di distribuzione dei redditi quali le pensioni sociali o le pensioni baby che portarono ad un enorme crescita del debito pubblico tra gli inizi degli anni 1970 e il 1990, e l'aumento del debito pensionistico latente, passato dal 150% del PIL nel 1960 al 400% del PIL nei primi anni 1990,[6] scelte che contribuirono anche alla sconfitta del terrorismo e alla riduzione del disagio sociale.[7][8]

Costi per lo Stato italiano[modifica | modifica sorgente]

Secondo alcuni studi, il costo delle pensioni baby negli ultimi 40 anni assomma nel 2012 a 150 miliardi di euro[9] e derivano in larga misura da lavoratori del settore pubblico.[10]

L'anticipo di corresponsione della pensione ad una giovane età determina che il periodo di pensionamento può arrivare a superare i 40 anni.

Nel 2011 i pensionati complessivi con meno di 50 anni erano oltre mezzo milione e di questi 425.000 erano pensionati INPDAP ossia del pubblico impiego. Il costo complessivo annuo era di oltre 9 miliardi di euro.

Circa 17.000 persone erano andate in pensione con 35 anni di età, lavoratori che percepiranno la pensione mediamente per quasi 50 anni.[11]

Grazie a questo provvedimento, si registrarono anche casi eclatanti di pensionamenti all'età di 29 anni o di pensionamenti in seguito a 11 mesi di contributi versati[12].

Secondo uno studio di Confartigianato, i costi complessivi per lo Stato assommano a 150 miliardi di euro.[13]

In effetti dall'analisi della spesa pensionistica in Italia, dalla valutazione dell'aumento del debito pubblico e del debito pubblico implicito in Italia si nota la coincidenza degli effetti della nuova normativa pensionistica sul bilancio dello Stato.

Vantaggi per il baby pensionato[modifica | modifica sorgente]

Secondo uno studio, i lavoratori pubblici che sono andati in pensione tra i 35 ed i 39 anni, visto che hanno una aspettativa di vita di 85 anni, percepiranno la pensione per almeno il triplo degli anni di contribuzione. Per tale motivo, i baby pensionati incassano almeno il triplo di quanto hanno versato.[14]

Un esempio di calcolo di baby pensione[modifica | modifica sorgente]

Si ipotizza un lavoratore che ha versato dei contributi previdenziali con una aliquota contributiva pensionistica di finanziamento pari al 33% del reddito per 20 anni. Con il metodo di calcolo retributivo la pensione di vecchiaia sarà pari al 20 anni x 2% = 40% della media dei redditi degli ultimi anni secondo le regole vigenti. Un pensionato di 40 anni ha una aspettativa di vita di 45 anni quindi a fronte di una aliquota contributiva pensionistica di finanziamento del 33% x 20 anni ossia al massimo il 660% di un reddito annuale medio, percepirà 40% x 45 anni = 1800% del reddito pari ad una aliquota contributiva pensionistica di computo del 90% (1800%/20) ossia quasi tre volte i contributi versati nell'ipotesi di reddito costante (ipotesi quasi mai realizzata, quindi con costi aggiuntivi). La differenza tra montante contributivo individuale maturato e la riserva matematica che sarà erogata negli anni si trasforma da debito pubblico implicito in debito pubblico esplicito determinando a carico di chi ha avuto altre promesse pensionistiche, una pari penalizzazione che potrà consistere o in un aumento dell'aliquota contributiva pensionistica di finanziamento o in un aumento dell'età per il pensionamento di vecchiaia. Per un baby pensionato che usufruisce di 30 anni in più di pensione, ci saranno 30 lavoratori che dovranno ritardare di un anno l'accesso alla prestazione sociale in denaro loro spettante.

Note[modifica | modifica sorgente]

  1. Il Sole 24 Ore 27/12/2013
  2. Il Corriere della Sera 21/8/2011, nel 1973 (governo Rumor, con Dc, Psi, Psdi e Pri)
  3. D.P.R.1092/1973, Art. 42 - Nei casi di dimissioni, di decadenza, di destituzione e in ogni altro caso di cessazione dal servizio, il dipendente civile ha diritto alla pensione normale se ha compiuto venti anni di servizio effettivo. Alla dipendente dimissionaria coniugata o con prole a carico spetta, ai fini del compimento dell'anzianita' stabilita nel secondo comma, un aumento del servizio effettivo sino al massimo di cinque anni.)
  4. Lettera43 01/09/2014, A quanto pare la misura fu ispirata dai sindacati, ma rientrava - dopo il golpe cileno - in una stagione che mise le basi al compromesso storico. Senza dimenticare che di lì a poco ci sarebbe stata una tornata amministrativa che la Dc di Rumor vinse a mani basse. Non a caso la norma fu votata da tutti, maggioranza e opposizione.
  5. Paolo Cirino Pomicino Blog 4 gennaio 2012, Mettere in moto una politica di bilancio restrittiva e riequilibratrice dei conti pubblici con più tasse e minore spesa pubblica avrebbe realizzato una miscela esplosiva fatta di minore crescita, più bassa occupazione, ridotta massa spendibile delle famiglie, elevata inflazione e terrorismo.
  6. Morcaldo 2007, p. 12 - Il “debito pensionistico”, cioè l’ammontare delle riserve che sarebbe stato necessario accumulare in un regime di capitalizzazione per far fronte agli impegni presi, per effetto della progressiva estensione del sistema e dei continui miglioramenti apportati alla normativa cresceva rapidamente, passando da una volta e mezzo il prodotto interno lordo annuo nel 1960 a poco meno di quattro volte nei primi anni novanta.
  7. Paolo Cirino Pomicino Blog 4 gennaio 2012, Di qui la decisione di puntare a sconfiggere innanzitutto i due veri nemici della democrazia, dello sviluppo economico e della coesione sociale e cioè il terrorismo e l’inflazione. Il costo di questa possibile vittoria l’avrebbe naturalmente pagato Pantalone. E così fu.
  8. Lettera43 01/09/2014, E quasi nessuno protestò: anche perché la politica aveva ben altre emergenze da affrontare come l’austerity petrolifera o la recrudescenza del terrorismo rosso e nero.
  9. Messaggero 23/7/2012
  10. La Stampa 28/12/2013
  11. Tuttolavoro24/8/2013, Un onere di quasi 6.630 euro per ciascun attuale lavoratore. E sempre per farsi un’idea sull’entità del fenomeno (con una media di 41 anni di pensione goduta), confrontando i dati INPS e INPDAP al 2011, sono circa 531.000 le pensioni corrisposte a chi si è ritirato con meno di 50 anni, per una spesa totale di 9 miliardi e mezzo l’anno; di esse, 425.000 sono erogate dall’INPDAP, di cui quasi 17.000 riguardano persone che sono andate in pensione a 35 anni d’età.
  12. Baby pensioni. Il primato di Francesca, [https://it.wikipedia.org/wiki/Corriere della Sera, 5-7-1997.
  13. Lettera43 01/09/2014, Confartigianato ha calcolato che lo Stato ha bruciato circa 150 miliardi di euro per pagare questi assegni.
  14. Il Sole 24 Ore 27/12/2013, I calcoli li ha fatti tempo fa la Confartigianato: in 17mila hanno smesso di lavorare a 35 anni di età mentre altri 78mila sono andati in pensione tra i 35 e 39 anni. E visto che la loro aspettativa di vita stimata è di circa 85 anni, i baby pensionati incassano durante la loro vita almeno il triplo di quanto hanno versato durante la loro attività lavorativa.

Bibliografia[modifica | modifica sorgente]

Leggi[modifica | modifica sorgente]

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