Il conflitto pensionistico/Riforma delle pensioni Fornero

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La riforma delle pensioni Fornero è una legge di diritto della previdenza sociale dello Stato Italiano, che prende il nome dal del Lavoro e delle Politiche Sociali Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Fornero Elsa Fornero che insieme ad altre norme implementate durante il governo Monti attuò la riforma Monti del sistema pensionistico pubblico italiano.

La riforma Fornero consistette nell'attuazione di un default dei sistemi pensionistici pubblici per ridurre la spesa pubblica legata alle prestazioni pensionistiche in un momento di crisi finanziaria in quanto, nel sistema pensionistico pubblico, detto anche previdenza di primo pilastro, le pensioni si pagano con i tributi.

È una legge di pubblico diritto pubblico di modifica dei giuridico rapporti giuridici tra i di diritto soggetti di diritto, previsti dall'art. 38 della Costituzione Italiana ossia tra i cittadini lavoratori nella condizione di bisogno e gli enti previdenziali in qualità di amministrazione pubbliche amministrazioni istituite per la gestione dei sistemi pensionistici pubblici obbligatori.

È quindi una riforma previdenziale del sistema pensionistico pubblico e delle assicurazioni sociali obbligatorie. È stata emanata ai sensi dell'art. 24 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (detto "decreto salva Italia") - convertito successivamente in legge 22 dicembre 2011 n. 214.

La riforma è stata votata dalla coalizione di partiti che sostenevano il governo Monti, composta da PD, PDL, UDC e Futuro e Libertà per l'Italia e altre liste minori.

La riforma è solo un tassello della riforma Monti del sistema pensionistico pubblico e per essere analizzata deve essere inquadrata nell'ambito delle leggi coordinate e delle riforme costituzionali collegate avendo come riferimento la teoria costituzionale nel diritto della previdenza sociale.

La riforma del sistema pensionistico pubblico si rese necessaria in un momento di grave crisi finanziaria dello Stato italiano in quanto, come in tutti i paesi OCSE, lo schema pensionistico adottato dagli enti previdenziali è quello del sistema pensionistico a redistribuzione dei tributi e senza patrimonio di previdenza a copertura del debito pensionistico latente e pertanto, per garantire la sostenibilità fiscale dei sistemi pensionistici pubblici si interveniva sia diminuendo i costi correnti dello Stato con una modifica delle norme per il conseguimento e la determinazione delle prestazioni previdenziali, sia agendo sull'imposizione fiscale aumentando le aliquote dei contributi previdenziali.

Poiché in Italia il sistema pensionistico pubblico è organizzato secondo il modello previdenziale corporativo fascista, la riforma ha quindi interessato gli iscritti a tutti gli enti previdenziali, ossia a tutti i fondi gestiti dall'INPS e alle casse di previdenza dei liberi professionisti di cui al D.Lgs. 509/1994 e D.Lgs. 103/1996 ed ha avvito la transizione verso il modello previdenziale universale da completarsi in un cinquantennio e ponendo fine, ma solo per la quota di contribuzione a partire dal 2012 al principio della discriminazione generazionale salvaguardando invece le discriminazioni pregresse con la tutela del furto intergenerazionale presente nelle leggi previgenti.

La riforma è stata redatta in 20 giorni essendo il governo Monti iniziato il 16 novembre 2011.

La riforma delle pensioni Fornero su Wikisource

Contesto storico[modifica | modifica sorgente]

La riforma del sistema pensionistico pubblico obbligatorio viene realizzata in un momento di grave crisi finanziaria dello Stato Italiano culminata nell'estate del 2011 con la crisi di credibilità sulla sostenibilità del debito pubblico quando si ebbe l'impennata dei tassi di interesse con un differenziale rispetto ai titoli tedeschi di oltre 550 punti base.

La risposta del governo Monti con la riforma del sistema pensionistico pubblico comportò una significativa correzione della spesa pensionistica pubblica e delle entrate nel bilancio statale. In quel momento, furono a rischio il pagamento degli stipendi e delle pensioni, mentre le pubbliche amministrazioni arrivarono a non pagare i fornitori per un importo stimato in 70 miliardi di euro nel 2011,[1] aumentati a 100 miliardi di euro nel 2014 (tempo medio di pagamento delle fatture 165 gg.). Il sistema pensionistico pubblico è un sistema pensionistico a redistribuzione dei tributi e senza patrimonio di previdenza a copertura del debito pensionistico latente (unfunded), ossia delle obbligazioni derivanti dalle prestazioni previdenziali promesse pertanto deve essere mantenuto l'equilibrio finanziario del bilancio dello Stato su cui grava la spesa pensionistica corrente.

La concomitanza di una crisi che si trascinava dal 2007 con una caduta del PIL e l'aumento della pressione fiscale apparente non erano sufficienti a compensare l'aumento dell'incidenza della spesa pensionistica sul PIL in base alle norme previgenti (Riforma Dini e s.m.) e quindi alle promesse pensionistiche fatte dalla politica. Inoltre il sistema pensionistico pubblico, per mezzo delle pensioni di anzianità, ha svolto per lungo tempo anche la funzione di ammortizzatore sociale per le aziende in crisi.

La riforma delle pensioni Fornero ha eliminato la pensione di anzianità e introdotto la pensione anticipata. Il governo italiano decise quindi di intervenire sulla spesa pensionistica sia nel breve che nel lungo periodo aggiornando la legge speciale sulle assicurazioni sociali obbligatorie visto che il sistema pensionistico pubblico in Italia adotta uno schema pensionistico con formula della rendita predefinita.

Essendo il sistema pensionistico pubblico finanziato con l'imposizione fiscale comprendente i contributi obbligatori per le assicurazioni obbligatorie e i trasferimenti dello Stato, ed essendo il sistema pensionistico senza patrimonio di previdenza, in un periodo di grave crisi finanziarie dello Stato Italiano, la riforma delle pensioni Fornero operava una correzione dei conti pubblici sia nel breve periodo che nel lungo periodo con una riforma strutturale del sistema pensionistico pubblico. Interventi che dal lato delle entrate hanno previsto anche l'aumento delle aliquote contributive pensionistiche di finanziamento con conseguente aumento del cuneo fiscale o per meglio dire dell'aliquota fiscale effettiva per le categorie interessate di commercianti, artigiani e agricoltori.

Interventi che dal lato delle uscite hanno previsto la riduzione dell'importo delle nuove pensioni con l'introduzione per tutti a partire dal 2012 del metodo di calcolo misto o metodo di calcolo pro-rata per la pensione di vecchiaia ossia il calcolo della quota di pensione per i contributi versati dal 2012 con il metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita. Altri interventi per ridurre le uscite hanno riguardato l'aumento dell'età per il pensionamento di vecchiaia con l'aumento immediato per le donne da 61 anni (2011) a 66 anni e 6 mesi (2018)[2] e per gli uomini da 66 anni (2011) a 66 anni e sei mesi (2018).

Ciò ha determinato un numero elevato di esodati, ossia di lavoratori prossimi all'età di conseguimento della pensione di vecchiaia, espulsi dalle aziende in crisi che non hanno potuto accedere al pensionamento in base ad accordi tra le parti sociali, secondo le leggi previgenti alla riforma Fornero. Ma in quella situazione di crisi economica, lo Stato Italiano non aveva le risorse economiche per far assorbire al sistema pensionistico pubblico i costi di queste ristrutturazioni, e ancora nel 2013 venivano fatte leggi ad hoc per riassorbire tali gruppi.

Nel 2013, l'ISTAT ha rilevato che il rapporto tra le spesa pensionistica pubblica ed il PIL era comunque aumentato nel 2012, al 17,28[3] dal 16,85% nel 2011 a sua volta aumentato di circa due punti percentuali rispetto al periodo del 2007 ove era al 15,03%, livello che la Riforma Fornero si prefiggeva di stabilizzare.[4]

Nel rapporto annuale 2013 dell'INPS, si rilevava che il rapporto tra la spesa pensionistica ed il PIL a fine 2013 era al 16,2%, ma senza la riforma sarebbe stato al 18%.

Ciò metteva in dubbio le precedenti stime sulla reale correzione della spesa pensionistica che in tal caso non sarebbe stata di 80 miliardi di euro in dieci anni ma addirittura 30 l'anno. Se si considera che si è avuto un taglio di 400.000 nuove pensioni, pari a 8-10 miliardi, cui aggiungere il blocco della perequazione che per due anni si stima avere un impatto di altri 10 miliardi. Con gli altri interventi extra Fornero sul blocco della perequazione, ecco che si può ipotizzare nel 2014 una correzione pari a quasi due punti di PIL.

Correzione purtroppo ancora insufficiente a far ripartire la crescita visto che il tasso annuo di capitalizzazione per la rivalutazione del montante contributivo individuale nozionale, rispetto ad una previsione della riforma Dini di crescita in quattro anni di circa 6 punti (1,5% all'anno), scontava in realtà una diminuzione di 4 punti portando la rivalutazione del montante 10 punti in meno rispetto al target auspicato dalla legge ponendo seri dubbi sulla sostenibilità della spesa pensionistica.

I numeri della crisi economica all'origine della riforma pensionistica[modifica | modifica sorgente]

La bolla previdenziale in Italia[modifica | modifica sorgente]

La crisi economica descritta portava ancora di più all'ampliamento della bolla previdenziale in Italia.

La riforma delle pensioni Fornero per alcuni aspetti tendeva a ridurre i fattori negativi, mentre per altri aspetti tendeva ad esasperarli.

parametro effetti della riforma
trasferimento di risorse tra generazioni sostanziale intangibilità per le pensioni in essere e quindi mantenimento del
modello previdenziale corporativo fascista basato sulla teoria della spoliazione legale
aumento dell'aliquota contributiva pensionistica di finanziamento per alcune categorie (commer., artig., agric., gestione separata, professionisti)
riduzione del reddito disponibile dei lavoratori per alcune categorie (commer., artig., agric., gestione separata, professionisti) + blocco stipendi P.A. in atto
riduzione delle promesse pensionistiche per le donne del 20% ca, per tutti pro-quota dal 2012
decrescita o crescita ridotta dell'economia dati macroeconomici italiani
crollo dei consumi
aumento del cuneo fiscale sul lavoro aumento imposte indirette
aumento della disoccupazione v. decreto Poletti
diminuzione del monte dei salari sul PIL
aumento del rapporto tra la spesa pensionistica ed il PIL al 2014 non si era invertita la crescita
diminuzione del monte dei contributi previdenziali leggero aumento legato all'aumento delle aliquote
aumento dei disavanzi di gestione degli enti previdenziali v. Bilancio sociale INPS 2012
indebitamento dello Stato per la spesa pensionistica corrente v. Bilancio sociale INPS 2012 (Trasferimenti)
aumento della tassazione per il pagamento degli interessi sul debito pubblico v. pressione fiscale apparente e pressione fiscale legale
ulteriore crollo dei consumi conseguente al consolidamento fiscale
deflazione Italia in deflazione nel 2014 dopo 50 anni
tasso annuo di capitalizzazione per la rivalutazione del montante contributivo individuale nozionale negativo Tasso negativo nel 2013 per la prima volta dal 1996

Quadro normativo di riferimento[modifica | modifica sorgente]

La normativa che riforma il sistema pensionistico pubblico italiano, che si basa sul modello previdenziale corporativo fascista si inserisce in un corpus legislativo abnorme frutto di 70 anni di attività legislativa ed in assenza di un testo unico del tipo di quello esistente in Svizzera dal 1946.

L'esigenza di addivenire ad un testo unico della materia è già stata normata con la L. 4 aprile 1952 art. 37 ove si specificava al p.to 2 " raccogliere in un unico testo le disposizioni che regolano la materia."[5]

Invero, il precedente intervento di coordinamento in materia di previdenza sociale, risaliva, in Italia, al R.D.L. 04-10-1935, n. 1827 (convertito) in merito di "Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale."[6]

Elemento distintivo della riforma che comporta risparmi nel periodo 2012-2021 per circa 80 miliardi di euro è quello di essere contenuta in un unico articolo di legge, ancorché contenente oltre 30 punti riconducibili ai classici articoli di legge. D'altra parte, anche la precedente riforma Dini (anch'essa emanata da un governo "tecnico") era compresa in tre articoli di legge contenenti oltre 100 punti.

Le leggi più importanti degli ultimi venti anni, a partire dalle leggi finanziarie, vengono molte volte scritte in un unico articolo di centinaia e centinaia di commi.

Ciò evidenziava la concomitanza alla crisi economica, di una crisi politico-istituzionale con un parlamento incapace di discutere ed approfondire i contenuti delle leggi, anche quelle più importanti, considerato che l'approvazione della legge di conversione, avveniva con il solito "voto di fiducia".[7]

L'avvio della transizione dal modello previdenziale corporativo fascista al modello previdenziale universale[modifica | modifica sorgente]

L'introduzione a tutti i cittadini del metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita per i contributi previdenziali versati dal primo gennaio 2012, introduce per la prima volta in Italia l'equità di trattamento, anche se solo per i contributi versati dal 2012, tra tutti i cittadini, con l'eccezione delle casse di previdenza dei liberi professionisti che mantengono delle specificità, rispetto al precedente metodo di calcolo retributivo che presentava tra le varie gestioni forti differenze tra le categorie di lavoratori. Anche se da un punto di vista pratico, la transizione al modello previdenziale universale, come previsto dalla riforma Fornero avrà una durata di molti decenni, da un punto di vista socio-politico, si tratta per l'Italia di iniziare l'abbandono del modello previdenziale corporativo fascista che ha segnato oltre mezzo secolo di storia della previdenza sociale. Fino ad ora infatti era stato introdotto per i lavoratori che si erano iscritti all'INPS dopo il 1 gennaio 1996, senza pregiudicare le modalità di pensionamento per chi ci andava ancora nel 2012,[8] creando una evidente disparità di trattamento tra i cittadini che versavano gli stessi contributi al quale lo Stato garantiva tassi di rendimento apparente molto diversi, ponendo le basi per la nascita del conflitto intergenerazionale.

Il trasferimento del rischio economico dallo Stato al lavoratore[modifica | modifica sorgente]

Un altro importante passaggio avvenuto con la riforma e conseguente all'avvio del metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita anche se nel metodo di calcolo misto, è quello del trasferimento del rischio economico dallo Stato al lavoratore pensionato.

L'applicazione del tasso annuo di capitalizzazione per la rivalutazione del montante contributivo individuale contiene infatti in se tale innovazione che già per il 2012 ed il 2013 significa svalutazione reale dei contributi obbligatori per qualche punto percentuale.

Ciò non avveniva con il precedente metodo di calcolo retributivo ove la pensione è svincolata dall'andamento dell'economia reale, ma è legato esclusivamente al tasso di sostituzione.

Ciò significa che l'adeguatezza della prestazione pensionistica non è più valutata dal rapporto con l'ultimo stipendio ma solo dall'assegno sociale garantito per tutti i cittadini, che siano lavoratori o che non lo siano.

Il passaggio dal conflitto intergenerazionale freddo al conflitto intergenerazionale caldo[modifica | modifica sorgente]

La riforma introduce elementi di universalità, affiancati ad una impostazione di equità attuariale delle prestazioni previdenziali maturate dal 1 gennaio 2012. La definizione di regole ritenute universalmente eque dal punto di vista attuariale, che comunque sarebbero entrate a regime nel lungo periodo[9] del sistema pensionistico pubblico, poneva in evidenza la disparità di trattamento tra le pensioni in essere o quelle prossime di essere liquidate,[10] ma che comunque sarebbero state pagate per almeno un ventennio, rispetto alle prestazioni attese dai nuovi entrati nel mondo del lavoro con le regole della riforma Dini.

Per la prima volta, la politica, rinunciava a fare promesse pensionistiche sicuramente insostenibili, ma al contempo evidenziava l'estrema onerosità di quelle che non rinunciava di voler mantenere come esplicitato nel c. 3 della riforma.

La riforma apriva quindi per la prima volta la strada alla rivendicazione da parte delle giovani generazioni, di rivedere quelli che venivano erroneamente chiamati "diritti acquisiti" pur non essendo assolutamente previsti da nessuna norma di legge. Già nel 2014 alcune regioni iniziavano a ridimensionare i vitalizi dei consiglieri regionali aprendo la strada a ulteriori richieste di ricalcolo delle baby pensioni, delle pensioni d'oro, ed in genere delle pensioni determinate con il metodo di calcolo retributivo. Il conflitto intergenerazionale passava dalla contrapposizione "fredda" a quella "calda".

I punti salienti della riforma in sintesi[modifica | modifica sorgente]

Assicurazione sociale obbligatoria per la vecchiaia[modifica | modifica sorgente]

Il primo effetto della Riforma delle pensioni Fornero è quello di far entrare definitivamente in vigore a 17 anni dalla sua introduzione con la riforma Dini, il calcolo della pensione di vecchiaia con il metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita, in forma pro-rata|. Quindi dal 1/1/2012 si ha:

  • Introduzione, dal 1/1/2012, del passaggio del metodo di calcolo della quota di pensione di vecchiaia per i contributi versati da tale data, al modello contributivo a capitalizzazione simulata per i fondi che usavano ancora il calcolo retributivo (v. comma 2);
    • chi nel 1996 (Assicurazione generale obbligatoria) aveva più di 18 anni di contributi versati, calcola la pensione di vecchiaia solo con il metodo di calcolo retributivo per i contributi versati fino al 2011 e con il metodo di calcolo contributivo per i contributi versati dal 1/1/2012 (passa cioè al pro-rata dal 1/1/2012). Quindi fino al 31/12/2011 la maggioranza degli italiani hanno la pensione calcolata con il metodo di calcolo retributivo;
    • chi nel 1996 (A.G.O.) aveva meno di 18 anni di contributi versati, calcola la pensione di vecchiaia con il metodo pro-rata, dal 1996. Questa categoria inizierà ad andare in pensione dopo il 2020 circa;[11]
    • chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 (A.G.O.), calcola la pensione di vecchiaia solo con il metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita. Questa categoria inizierà ad andare in pensione dopo il 2035 ma durante la propria vita lavorativa avrà finanziato con il versamento dei contributi previdenziali e con il suo cuneo fiscale tutte le pensioni calcolate correntemente con il metodo retributivo in considerazione che il sistema pensionistico pubblico in Italia è finanziato con il sistema di gestione a ripartizione;
  • Introduzione, dal 1/1/2012, della pensione di vecchiaia con le nuove regole (commi seguenti) e della pensione anticipata, che prima non esisteva. Fine della pensione di vecchiaia e anzianità con le vecchie regole (v. comma 3).

In conclusione, fino alla riforma Fornero, e per molti anni ancora, la sostenibilità fiscale del sistema pensionistico italiano sarà condizionata da generose prestazioni previste dalla normativa vigente nonostante la riforma Dini.[12]

La stabilizzazione dei conti pubblici nel medio lungo periodo[modifica | modifica sorgente]

File:Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario-Rapporto n.13.pdf
Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario-Rapporto n.13

Così come la Riforma Dini ha introdotto il metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita nel 1995, per alcune categorie di lavoratori, iniziando la correzione della crescita del debito pensionistico latente, ma non essendo ancora entrato a regime non ha avuto alcun effetto sulla sostenibilità fiscale degli enti previdenziali. La riforma delle pensioni Fornero, ha posto fine alla crescita del debito pensionistico latente con l'estensione a tutti i lavoratori, siano essi dipendenti o autonomi o liberi professionisti, del metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita per l'anzianità contributiva maturata a partire dal 1/1/2012 (v. c. 2 art. 24). Ciò è dovuto al fatto che a differenza del metodo di calcolo retributivo che restituiva una riserva matematica maggiore rispetto a quanto versato dal singolo iscritto essendo tale metodo svincolato dai contributi, ma legato al reddito, il metodo di calcolo contributivo tende a restituire quanto versato e quindi tende a non ingenerare negli iscritti esagerate aspettative pensionistiche o a credere ad insostenibili promesse pensionistiche. Quindi in futuro, le manovre economiche che dovranno eseguire gli enti previdenziali, a meno di squilibri economici o demografici, saranno dovuti tendenzialmente allo smaltimento del debito pensionistico latente pregresso.[13]

In particolare, la riforma sfrutta l'allungamento dell'età per il pensionamento di vecchiaia quale elemento fondamentale per la riduzione dei costi sia fissando a 67 anni l'età pensionabile dal 2021 sia con l'adeguamento della stessa alla speranza di vita con cadenza biennale dal 2019.[14]

L'OCSE prevede con tale normativa che nel 2060 l'età pensionabile in Italia sarà tra le più elevate arrivando a 69 anni.[15]

Un altro intervento significativo nella realizzazione della stabilizzazione della spesa pensionistica nel lungo periodo è quello dell'adeguamento prima triennale poi biennale a partire dal 2019 dei coefficienti di trasformazione in rendita previsti dal metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita.

La stabilizzazione dei conti pubblici nei bilanci correnti[modifica | modifica sorgente]

Il blocco della perequazione per gli anni 2012-2013, previsto al comma 25, insieme all'innalzamento dell'età pensionabile, previsto al comma 6, hanno determinato un risparmio della spesa previdenziale e quindi un riequilibrio del bilancio dello Stato.[16]

È stato inoltre introdotto al comma 21 un contributo di solidarietà con l'intento di penalizzare le prestazioni pensionistiche corrisposte con il metodo di calcolo retributivo.

Un importante contributo nella diminuzione della spesa pensionistica deriva dalla diminuzione del numero di pensioni erogate nel 2012 nonostante l'aumento dell'importo medio delle stesse.[17]

Ciò dipende dalla definitiva eliminazione della pensione di anzianità e dalla introduzione della pensione anticipata che innalzando i requisiti anagrafici ha drasticamente diminuito le uscite anticipate. Altri stringenti requisiti anagrafici introdotti sono l'innalzamento a 66 anni dell'età per il pensionamento di vecchiaia con aumento di un anno per i lavoratori e di 6 anni per le lavoratrici allineandole alla media dei paesi OCSE.

La sostenibilità fiscale dei sistemi pensionistici obbligatori[modifica | modifica sorgente]

Lo scopo della riforma Fornero era la stabilizzazione della spesa pensionistica in rapporto al PIL. Tale risultato dovrebbe essere valutato nell'ipotesi di crescita o almeno in presenza di un PIL stabile. Ciò non si è verificato nel 2012 e nel 2013 in quanto l'Italia ha avuto un decremento del PIL. Nella legge di stabilità 2014 ci sono stati ulteriori interventi di blocco della perequazione automatica delle pensioni.

L'esplosione del fenomeno degli esodati[modifica | modifica sorgente]

Il repentino innalzamento dell'età pensionabile, soprattutto per le lavoratrici, l'eliminazione della pensione di anzianità e l'introduzione della nuova pensione anticipata ha determinato la moltiplicazione del fenomeno degli esodati ossia di quei lavoratori, vicini al raggiungimento dei requisiti per avere la pensione che sono stati espulsi dal mondo del lavoro con accordi che prevedevano l'accompagnamento alla pensione. Ma una volta esaurito il rapporto di lavoro, la modifica dei requisiti per ottenere le auspicate prestazioni previdenziali pensionistiche, ha lasciato questi lavoratori senza reddito.

Secondo Ichino, non è corretto inserire tra gli esodati chi ha perso il lavoro e non avrebbe comunque raggiunto i requisiti pensionistici. In tal caso si parla di disoccupati, magari ultracinquantenni che nella difficile congiuntura hanno poche probabilità di rientrare nel mondo del lavoro.

Mentre nel primo periodo successivo alla riforma si è additato il fenomeno ad un errore dei "tecnici", si comincia a manifestare anche l'opinione che, nell'ottica generale della legge di operare una brusca correzione dei conti pubblici, si sia deliberatamente colpita una platea relativamente ristretta ma che consentiva consistenti riduzioni di spesa pubblica.[18][19]

In questo modo i politici che avevano votato la riforma, addossavano quindi la responsabilità del fenomeno degli esodati al governo tecnico nonostante il loro voto favorevole alla riforma, mentre in realtà riuscivano ad effettuare la correzione dei conti pubblici senza colpire una vasta platea di potenziali elettori, ma concentrando il sacrificio in modo insostenibile su un consistente, ma sempre limitato, gruppo di lavoratori.

Come tutte le altre pensioni del sistema pensionistico pubblico, anche quelle degli esodati sono infatti pagate con le imposte e fin quando non venivano reperite le opportune coperture finanziarie fiscali, in aggiunta a quelle già previste dalla riforma Fornero, tali lavoratori privi di stipendio e pensione costituivano di fatto i risparmi più significativi sui bilanci correnti dello Stato.[20]


D'altra parte non si comprende come si possa pensare che degli specifici e complessi commi della legge quali il comma 14 e il comma 15 dell'art. 24 della legge Salva Italia siano il frutto di un errore di esperti di previdenza, ma non una volontà specifica del Parlamento Italiano. Che poi, innanzi ai numeri del problema, è stato costretto ad approvare diversi provvedimenti di salvaguardia che attualmente hanno consentito il ripristino delle vecchie regole di pensionamento in favore di poco più di 160mila lavoratori (cd. salvaguardati).[21]

Gli insegnanti a "quota 96"[modifica | modifica sorgente]

Un aspetto ampiamente dibattuto è stato il cosiddetto "errore" della riforma Fornero riguardo agli insegnanti che erano vicini alla pensione di anzianità in quanto con la precedente legge, maturando i requisiti per accedere alla quota 96 sarebbero potuti andare in pensione, ad esempio con 61 + 35 anni di anzianità contributiva a partire dal settembre 2012, cosa che non hanno potuto fare in quanto la norma è entrata in vigore il 1/1/2012.[22]

La nuova norma allunga quindi la permanenza al lavoro fino a 67 anni. Adducendo l'errore alla legge, Cesare Damiano proponeva un emendamento alla nuova legge di riforma della Pubblica Amministrazione, ma tale norma veniva cancellata dal Governo Renzi per mancanza di coperture finanziarie in quanto anziché 4.000[23] insegnanti la ragioneria generale stimava l'uscita di 9.000 insegnanti.

Secondo Tito Boeri non vi era alcun errore nella legge Fornero in quanto nel settore privato, molti lavoratori avevano subito le stesse ingiustizie degli insegnanti incappati nella nuova normativa, non ultime le lavoratrici che si sono viste innalzare l'età di pensionamento di vecchiaia da 60 a 66 anni.[24]

La stabilizzazione del modello previdenziale corporativo fascista[modifica | modifica sorgente]

Una delle eredità più pesanti del sistema pensionistico pubblico in Italia deriva dalla implementazione nel periodo repubblicano del modello previdenziale corporativo fascista, che ha preso forma nella istituzione di numerose casse previdenziali dei liberi professionisti in aggiunta a quelle di diverse categorie di lavoratori dipendenti.

Nel tempo, le casse dei lavoratori dipendenti, sono via via confluite in INPS, in virtù della scarsa sostenibilità fiscale del modello previdenziale corporativo, arrivando a creare, con l'incorporazione della cassa dei dipendenti pubblici INPDAP, un ente che dal punto di vista finanziario gestisce tutta la previdenza pubblica con il modello previdenziale universale.

Mentre quindi più del 90% dei lavoratori in Italia è stato accorpato in una unica gestione, per i liberi professionisti, a partire dal 2007, si è iniziata una operazione di trasparenza con l'allungamento del limite di sostenibilità da 15, a 30 anni fino a 50 con il comma 24 della riforma Fornero in termini di saldo previdenziale, che ha avuto l'effetto evidenziare il conflitto intergenerazionale insito nei sistemi pensionistici senza copertura patrimoniale in fase di avvio.

Ciò in quanto per molte casse ha comportato l'obbligo di passare alla determinazione della pensione di vecchiaia con il metodo di calcolo misto ossia con una parte di anzianità contributiva conteggiata con il metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita.

Se l'intenzione era quella di voler porre fine alla spoliazione legale a vantaggio di alcune élite, gli effetti erano quelli di evidenziare il sistema senza trovare soluzioni eque se non nel lunghissimo periodo, ma difficilmente realizzabili per l'enorme trasferimento di risorse che si veniva a istituire tra generazioni.[25]

Mentre la Fornero rivendicava di aver portato equità tra generazioni, se ciò poteva essere vero all'interno delle casse gestite con il modello previdenziale universale ovvero l'INPS, sistema che già aveva elevato le aliquote contributieve vicino al livello di equilibrio e scontava i costi delle promesse pensionistiche del passato, nel caso di alcune casse di previdenza dei liberi professionisti che secondo il D.Lgs. 509/1994 non devono utilizzare trasferimenti dalla fiscalità generale, si evidenziavano insormontabili ostacoli delle stesse alla corresponsione di prestazioni previdenziali che rispettassero livelli minimi di adeguatezza.

Mentre quindi le casse dei lavoratori dipendenti, anch'esse gestite senza copertura patrimoniale, venivano fatte confluire in un unico ente proprio in virtù dell'assenza di patrimonio, in situazioni di deficit di cassa, per i liberi professionisti, l'obbligo di accumulare patrimoni su sistemi pensionistici obbligatori con metodi di calcolo PAYG aveva l'effetto di creare lo strumento per gestire per un lungo periodo di tempo il trasferimento di risorse tra generazioni.

La scelta di patrimonializzare casse gestite con i criteri dei sistemi pensionistici senza copertura patrimoniale era una eredità dei governi di centro-sinistra che avevano istituzionalizzato il modello con la legge Treu del D.Lgs. 103/1996, successivamente confermata nel 2007.

L'Italia aumenta il deficit pubblico per giocare in borsa con le imposte[modifica | modifica sorgente]

L'effetto più paradossale evidenziato in modo eclatante dalla riforma delle pensioni Fornero riguardante le casse di previdenza dei liberi professionisti, collegato ad importanti riforme costituzionali e ad altre leggi concomitanti è stata di evidenziare un paradosso dei sistemi pensionistici obbligatori gestiti a ripartizione senza patrimonio di previdenza ma con una elevata patrimonializzazione.

L'art. 24 c. 24 del decreto Salva Italia imponeva di verificare il limite di sostenibilità a 50 anni con il parametro del saldo previdenziale sempre positivo, quindi senza l'utilizzo del patrimonio.

Ad una generale sollevazione di tutte le casse di previdenza, si interveniva con una circolare che prevedeva l'utilizzo del patrimonio con un rendimento reale dell'1%.

Ma la stessa circolare considerava il costo del debito pubblico reale al 3%. L'effetto è quello che lo Stato Italiano, nella sua legge istituzionalizza una gestione delle imposte raccolte da una pubblica amministrazione che prevede una perdita del 2%, nel caso di gestione secondo il buon padre di famiglia.

Si evidenziava quindi la totale antieconomicità di questo tipo di previdenza, infatti il patrimonio ha senso per esigenze di cassa e di stabilità nel breve periodo, mentre nel caso di uno Stato con un debito pubblico come nel caso italiano, far gestire a delle pubbliche amministrazioni un patrimonio complessivo di oltre 61 miliardi di euro nel 2014, quando lo stesso Stato si deve rivolgere al mercato per finanziare il suo debito per centinaia di miliardi di euro ogni anno, rappresentava una situazione inspiegabile se non fosse legata al solito schema della spoliazione legale.

Tale schema, nato nel centro sinistra, sviluppato nel centro sinistra, trovava uno dei più strenui difensori in Cesare Damiano.

I risparmi della manovra economica[modifica | modifica sorgente]

Come ogni riforma previdenziale dei sistemi previdenziali con gestione a ripartizione, la variazione delle norme serve per mantenere l'equilibrio tra le entrate fiscali che finanziano il sistema pensionistico e le uscite costituite dalle prestazioni previdenziali ed assistenziali. La riforma delle pensioni Fornero, è previsto che porterà ad una correzione dei conti per 20 miliardi di euro.[26]

Secondo le previsioni del legislatore l'aumento dell'età di pensionamento di vecchiaia avrebbe generato i seguenti risparmi rispetto al PIL: 0,2% (2012); 1,4% (2020); 0,9% (2030); 0,2% (2040).[27]

Analisi della riforma delle pensioni Fornero[modifica | modifica sorgente]

La tutela politica delle promesse pensionistiche[modifica | modifica sorgente]

La scelta politica fondamentale della riforma delle pensioni Fornero, quindi di tutti i partiti che hanno votato la legge, ha riguardato la tutela delle promesse pensionistiche per chi entro il 31 dicembre 2011 raggiungeva i requisiti per conseguire la pensione di vecchiaia ( v. art. 24 c. 3 "Salva Italia"). Tale scelta significa quindi che i costi delle promesse pensionistiche derivanti dalla normativa vigente, che prevedeva pensioni di vecchiaia determinate con il metodo di calcolo retributivo che restituiva di più delle imposte pagate (contributi previdenziali) e quindi un debito previdenziale latente, lasciava indenni i lavoratori che avevano maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2011,[28] accollando i costi della riforma sia agli esodati, sia alle lavoratrici che vedevano innalzata l'età per il pensionamento di vecchiaia di 5 anni in un colpo, e solo parzialmente ai pensionati intervenendo sulla perequazione delle prestazioni pensionistiche esistenti. Tale tutela è particolarmente evidente nell'introduzione del metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita nelle casse di previdenza dei liberi professionisti, ove gli squilibri demografici dell'ultimo ventennio erano particolarmente favorevole per le pensioni in essere e quelle prossime. Ciò determinava per le categorie dei liberi professionisti, soggetti ad un cuneo fiscale più elevato rispetto ai lavoratori dipendenti pensioni future con tassi di sostituzione che non arrivano a garantire neanche la pensione minima INPS.

Errate valutazioni della riforma degli organismi internazionali, degli esperti e della Fornero[modifica | modifica sorgente]

Le prime valutazioni dopo un anno della riforma, sia degli organismi internazionali (OCSE, Commissione Europea) erano che la riforma aveva reso sostenibile il sistema pensionistico pubblico italiano, ignorando o sottovalutando completamente i costi derivanti dalle scellerate scelte pensionistiche precedenti[29] (pensioni baby, pensioni di anzianità, pensioni d'oro, vitalizi dei parlamentari, pensioni retributive, casse di previdenza dei liberi professionisti D.Lgs.509/1994[30][31] (1)|.

Anche la redattrice della riforma Elsa Fornero rivendicava tale risultato nel dicembre del 2013 salvo essere smentita immediatamente dagli interventi sulla perequazione previsti nella legge di stabilità 2014.

Pertanto tale riforma veniva presto giudicata come insufficiente.[32]

La spesa pensionistica in rapporto al PIL era quindi nel 2013 arrivata al 17,28%.[33]

In definitiva, la valutazione della sostenibilità di un sistema pensionistico senza patrimonio di previdenza, deve avere come condizione necessaria, per la verifica della sostenibilità, un metodo PAYG equamente calibrato, ed è quello che ha fatto la riforma Fornero, ma a tale condizione non è assolutamente sufficiente in quanto debbono naturalmente essere rispettate le ipotesi di sviluppo demografico della popolazione coinvolta, sia dal lato dei percettori che dal lato dei finanziatori del sistema e soprattutto la crescita economica attesa deve essere rispettata.

Nel caso del sistema italiano, la crescita attesa, scontata nelle previsioni e nel metodo PAYG era dell'1,5% reale, cosa ben distante dal verificarsi negli anni successivi alla riforma.

Questa evoluzione confermava che la sostenibilità fiscale del sistema pensionistico pubblico basato sul modello previdenziale corporativo fascista, non va analizzata nei confronti della singola gestione pensionistica o del singolo ente previdenziale, bensì nei confronti dell'intero bilancio dello Stato, come si prefiggeva giustamente la riforma Fornero.

Da cui discende che l'eccessiva concentrazione di una quota elevata di PIL per la spesa pensionistica, creando elevato cuneo fiscale, conflitto intergenerazionale, stagnazione fino anche alla deflazione, la cosiddetta bolla previdenziale, creava un pericoloso avvitamento dell'economia nazionale, su se stessa.

Tra gli organismi, la Banca D'Italia, in audizione alla Camera ancora nel giugno 2014, segnalava le errate stime sulla sostenibilità del sistema pensionistico della Commissione europea.[34]

Un report nell'ottobre 2014 circa il confronto dei sistemi pensionistici nel mondo, classificava la sostenibilità del sistema italiano al venticinquesimo posto su venticinque nazioni esaminate.

In una lettera alla Commissione Europea, il 21 novembre 2014, il Ministro dell'economia e delle finanze Pier Carlo Padoan definiva il sistema pensionistico italiano come uno dei più solidi grazie alle passate riforme.[35]

Stabilizzazione della sostenibilità fiscale della spesa pensionistica[modifica | modifica sorgente]

Come tutte le riforme previdenziali di sistemi pensionistici senza copertura patrimoniale, la riforma voleva garantire nel medio periodo la stabilizzazione della spesa pensionistica in rapporto al PIL. Nonostante alcuni interventi strutturali quali: a) l'entrata in vigore del metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita; b) l'innalzamento dell'età per il conseguimento della pensione di vecchiaia molto brusco per le donne lavoratrici; c) gli aumenti delle aliquote contributive pensionistiche di finanziamento; gli interventi sulla perequazione avevano solo carattere temporaneo (2012-13), senza che essa venisse effettivamente legata all'andamento del PIL, conseguentemente continuava la corsa della spesa pensionistica in rapporto al PIL, complice anche la caduta di questo ultimo nel 2013. Infatti, i regali concessi dal metodo di calcolo retributivo sia alle pensioni correnti che alle nuove pensioni, non riuscivano ad essere compensate dai pesanti interventi. Permaneva il forte squilibrio tra le entrate contributive e la spesa pensionistica da cui il costante ricorso al finanziamento con la fiscalità generale.

Adeguatezza delle prestazioni pensionistiche[modifica | modifica sorgente]

Una critica riguarda la scarsa adeguatezza delle prestazioni previdenziali pensionistiche per i redditi bassi in quanto non è prevista una gradualità del tasso di sostituzione che effettui una redistribuzione intragenerazionale tra i lavoratori, come avviene in tutti gli altri sistemi pensionistici obbligatori degli altri paesi OCSE.

Prospettive oltre la riforma[modifica | modifica sorgente]

La riforma cambiava strutturalmente il sistema pensionistico pubblico rendendolo più sostenibile per la parte successiva al 2012, ma interveniva in modo insufficiente su quanto maturato e vigente. Non potendosi in futuro intervenire con ulteriori strette fiscali, per la elevata pressione fiscale e l'elevato cuneo fiscale, si andava a delineare un ambito ben definito ove vi sono ulteriori ampi margini per intervenire nella stabilizzazione della spesa pensionistica ossia sulle aspettative pensionistiche e sulle quote di pensioni calcolate con il metodo retributivo ove si andava ad intervenire con la legge di stabilità 2014 con un contributo di solidarietà.

I sindacati italiani e la Confindustria per la riduzione del cuneo fiscale[modifica | modifica sorgente]

I conti dello Stato a fine 2012 mostravano il forte squilibrio tra le entrate contributive e la spesa pensionistica che necessitava di un forte apporto dalla fiscalità generale. I sindacati e la Confindustria ritenevano che il cuneo fiscale dovesse essere ridotto per migliorare l'occupazione, trasferendo quindi una ulteriore quota dei costi della previdenza sociale dai lavoratori attivi al bilancio dello Stato centrale ovvero alla collettività.

L'assunzione di responsabilità inesistenti sul caso esodati[modifica | modifica sorgente]

Il ministro Fornero in più occasioni si è assunto la responsabilità sul caso degli esodati affermando che è stato un errore della riforma, la valutazione in 50.000 del numero dei tutelati quando gli stessi superavano i 150.000 e la mancanza di coperture finanziarie ha lasciato per alcuni anni dei lavoratori senza stipendio e senza pensione.

In Italia l'opinione pubblica non ha alcuna dimestichezza con i termini reali del sistema pensionistico pubblico in Italia e perfino la grande stampa diffonde notizie inconsistenti sul patrimonio dell'INPS quando il sistema pensionistico è senza patrimonio di previdenza.

Va rilevato che il sistema pensionistico pubblico italiano è analizzato tramite un apposito software che permette le simulazioni degli impatti delle modifiche legislative sulla spesa pensionistica.

La riforma delle pensioni Fornero è stata una brusca riduzione della spesa a breve, che ha permesso di ridurre di oltre 400.000 pensioni negli anni 2013, oltre ad altri interventi sulla perequazione.

Quindi il ministro Fornero doveva trovare il modo di ridurre drasticamente la spesa visto che solo le entrate correnti possono permettere il pagamento delle pensioni e ciò in un momento in cui il PIL solo in un anno era caduto di oltre il 5%; risultato ottenuto con l'eliminazione della pensione di anzianità, l'allungamento dell'età di pensionamento per le lavoratrici di 5 anni e di un anno per i lavoratori.

A questo punto, si iniziava ad evidenziarsi che nel 2012, non esistevano i margini finanziari, nel bilancio dello Stato, per tutelare gli esodati che non sono altro che ulteriori pensioni di anzianità eliminate totalmente dalla riforma per le opposte ragioni.

Quindi in un momento drammatico con la nazione sull'orlo del default, il ministro si addossava delle responsabilità che non aveva.

La ministro Fornero poteva avere quindi dissimulato l'errore, che per un esperto quale è sarebbe stato enorme, per governare l'opinione pubblica in un momento di passaggio epocale del sistema pensionistico pubblico dove i partiti politici, i sindacati e la stampa sono largamente irresponsabili nel preparare i cittadini nella conoscenza della realtà.

Tanto per fare un esempio di quanto accadeva due anni dopo la riforma, nel 2014 il tasso annuo di rivalutazone del montante contributivo individuale nozionale diventava negativo per pochi decimali.

La stampa, l'INPS, i politici, ingannavano ancora una volta l'opinione pubblica sulla svalutazione di un capitale nozionale promettendo la sterilizzazione del parametro e l'azzeramento dell'effetto svalutazione delle pensioni[36] quando la realtà era che la svalutazione reale degli ultimi 3 anni era di oltre 5 punti percentuali e con la mancata rivalutazione prevista della riforma Dini si arrivava al 16%, a dimostrazione della drammaticità dei conti pubblici.

Il paradosso della rappresentanza sindacale dei lavoratori e dei pensionati dopo la Riforma Fornero[modifica | modifica sorgente]

L'avvio con la riforma Fornero del modello previdenziale universale con lo schema NDC e le prime simulazioni dei tassi di sostituzione con le nuove regole, unito al fatto che le pensioni si pagano con le imposte, hanno evidenziato la disparità di trattamento con i pensionati attuali, gratificati dal metodo di calcolo retributivo ponendo il problema della sostenibilità del sistema pensionistico senza copertura patrimoniale attuale, in contrapposizione con l'adeguatezza della prestazione pensionistica dei futuri pensionati nonché il problema della competitività e crescita dell'economia con situazioni di elevato cuneo fiscale.

Intervenivano quindi nel dibattito politico il sindacato dei pensionati ed il sindacato dei lavoratori, magari anche come sigle federate ad un unico sindacato generale es. CGIL. Si evidenziava a quel punto, grazie al principio dell'equità attuariale introdotto nella erogazione delle future pensioni, il paradosso che lo stesso sindacato è costretto a difendere interessi contrapposti tra lavoratori e pensionati.[37]

Infatti la richiesta di aumento delle pensioni o di diminuzione della tassazione[38][39] (e quindi la necessità alzare la quota di imposte ad esse destinate) andava in conflitto con la richiesta dei lavoratori attivi di diminuzione del cuneo fiscale o di aumento degli stipendi pubblici (che richiedono una tassazione aggiuntiva).[40] Oppure la richiesta di anticipazione dell'età pensionabile (con necessità di ulteriori imposte) si scontrava con il blocco della perequazione (per risparmiare sulla spesa pensionistica).[41]

In realtà i sindacati venivano criticati dal non aver ostacolato l'approvazione della riforma Fornero, quando invece, ben consapevoli del meccanismo di finanziamento e gestione dei sistemi pensionistici obbligatori, dovevano fare buon viso a cattivo gioco derivante dall'allegra gestione del metodo di calcolo retributivo attuato secondo il modello previdenziale corporativo fascista, del quale erano parte attiva con infinite sigle sindacali di categoria, ed ingoiare il boccone amaro per non scontentare la platea dei pensionati altrimenti costretti a vedersi diminuite le prestazioni d'un colpo anziché con manovre ripetute su più anni pur di evitare il default dello Stato Italiano.

La riforma scaricava i costi del riequilibrio dei conti i larga misura sui lavoratori attivi che si vedevano proporre una politica ventennale di rientro sia del debito pubblico arrivato nel 2014 al 133% in rapporto al PIL sia del debito previdenziale latente o debito pubblico implicito subendo l'esplosione della pressione fiscale legale e per le imprese l'aumento del total tax rate deteriorando quindi la crisi economica in atto dal 2007 e ponendo le basi per l'esplosione del conflitto intergenerazionale.

Le proposte di riforma della riforma delle pensioni Fornero[modifica | modifica sorgente]

Molte sono le proposte di riforma che si sono succedute più per motivi propagandistici elettorali che di effettiva volontà di correggere i nuovi meccanismi introdotti.

Abolizione per referendum da parte della Lega Nord[modifica | modifica sorgente]

La Lega Nord lanciava nella primavera del 2014 una campagna referendaria che tra i quesiti proponeva l'abolizione della Riforma Fornero. Nel caso di vittoria del referendum, si avrebbe il ritorno della normativa precedente. Il testo del quesito referendario: Volete Voi che sia abrogato: il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante "Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici", convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, nel testo risultante per effetto di modificazioni e integrazioni successive, limitatamente all'articolo 24?. Dal 29 maggio 2014 anche Forza Italia aderiva alla raccolta di firme, per far ritornare in vigore la precedente riforma previdenziale del 2011 del governo Berlusconi IV.[42]

Critiche alla riforma Fornero da parte dei promotori del referendum[modifica | modifica sorgente]

Le principali critiche alla riforma riguardavano:[1]

  • aumento della disoccupazione giovanile per il blocco del turn-over;
  • allungamento dell'età lavorativa per le lavoratrici;
  • fenomeno degli esodati lasciando senza stipendio o pensione decine di migliaia di lavoratori;
  • politica del rigore in fase di recessione con amplificazione della stessa;

Critiche al quesito referendario[modifica | modifica sorgente]

Ciò è ancora più evidente se la norma viene letta nell'ambito della teoria costituzionale nel diritto della previdenza sociale.

  • Il fatto che venga riesumata la pensione di anzianità, fa pensare ad una scelta elettorale con voto di scambio, in quanto tale istituto è affermato soprattutto nelle regioni del nord Italia, aree in cui la Lega Nord è più radicata.[45][46]

Situazione in caso di approvazione del quesito referendario[modifica | modifica sorgente]

Nel caso in cui il referendum venisse svolto e venisse approvato, con l'abolizione della riforma si avrebbe:

  • ritorno ad una disciplina più favorevole per le lavoratrici autonome per quanto riguarda l'età di pensionamento (per le dipendenti del settore pubblico, l'innalzamento a 65 anni di età era già in vigore);
  • ritorno al metodo di calcolo retributivo per i lavoratori che avevano più di 18 anni di anzianità contributiva al 1/1/1996;
  • eliminazione del contributo di solidarietà per i pensionati delle categorie particolarmente agevolate da prestazioni generose calcolate interamente con il metodo retributivo;
  • riduzione degli aumenti delle aliquote contributive per artigiani, commercianti ed agricoltori, con riduzione delle future prestazioni previdenziali attese con il metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita;
  • ritorno alla procedura di infrazione per la discriminazione uomo donna sull'età di pensionamento di vecchiaia per le lavoratrici private;
  • ripristino delle pensioni di anzianità.

Considerato che secondo la Ragioneria Generale dello Stato i risparmi attesi per la riforma Fornero, nel periodo 2012-2021, erano di 80 miliardi di euro, l'abolizione della riforma richiederà almeno una manovra stimata in circa mezzo punto di PIL per i prossimi anni. Quindi il ripristino delle tutele previste dal previgente modello previdenziale corporativo originario del periodo fascista, oltre ai costi economici, avrà ulteriori costi sociali dovuti al mancato avvio del modello previdenziale universale, con l'ovvia estensione del conflitto intergenerazionale.

Curiosità in merito alla posizione della Lega Nord[modifica | modifica sorgente]

Nel caso del sistema pensionistico italiano che sconta gli squilibri derivanti da un cosiddetto peccato originale ossia il fatto di essere basato sul modello previdenziale corporativo fascista che scarica gli squilibri intrinseci e la comune insostenibilità delle singole casse corporative sul bilancio dello Stato, nel momento in cui la riforma delle pensioni Fornero avvia la transizione verso il modello previdenziale universale del genere vigente in Svizzera da 70 anni, ebbene, nel caso del sistema pensionistico italiano la Lega Nord che guarda alla Svizzera come modello di organizzazione dello Stato, preferisce l'Italia e il ripristino della tradizione della pensione di anzianità, a prescindere dai costi.

Posizione di alcuni soggetti politici[modifica | modifica sorgente]

  • In una manifestazione sindacale dei dipendenti pubblici il leader della CGIL Susanna Camusso dichiarava "Nel momento in cui la Corte costituzionale ammettesse il referendum, sicuramente lo appoggeremmo, perché determinerebbe per il governo, il tempo entro il quale abolire una legge ingiusta".[47]

Aumento delle pensioni minime a 800 € da parte di Forza Italia[modifica | modifica sorgente]

In occasione delle elezioni per il parlamento europeo del 2014, Berlusconi, leader di Forza Italia, prometteva, in caso di vittoria delle elezioni politiche, di aumentare le pensioni minime a €800, riducendo le spese di acquisto di beni intermedi delle amministrazioni statali. [2] [3]

Critiche alla proposta[modifica | modifica sorgente]

In questo modo, si proponeva di aumentare l'incidenza della spesa pensionistica sul PIL già tra le più alte al mondo e di 4 punti superiore a quella della Germania aggravando quindi la sostenibilità fiscale dei sistemi pensionistici obbligatori, ed andando quindi in direzione opposta a quanto previsto dalla Riforma Fornero, votata dal PDL poi trasformato in Forza Italia.

La proposta confermava la linea politica del leader Berlusconi tenuta negli ultimi 10 anni con continui cambi di direzione che aveva già portato il paese sull'orlo del default, al quale era scampato appunto con la riforma Fornero.

Inoltre poiché le pensioni si pagano con le imposte, la proposta avrebbe determinato necessariamente un aumento della tassazione, cosa sempre detestata da Forza Italia, oppure un aumento del deficit o un taglio di altre spese pubbliche, ma in campo pensionistico Forza Italia si è sempre opposta a tale politica.

Abolizione delle pensioni d'oro da parte di Fratelli d'Italia[modifica | modifica sorgente]

Il partito Fratelli d'Italia - Alleanza Nazionale ha presentato un disegno di legge per abolire le pensioni d'oro.[49] Il testo prevede il cumulo di tutte le pensioni, comprese quelle integrative e complementari, un tetto di 5.000 euro lordi (circa 3.300 euro netti), nonché il loro ricalcolo secondo il sistema contributivo per la verifica della differenza qualora siano state liquidate con il sistema retributivo.

Critiche alla proposta[modifica | modifica sorgente]

Si sono levate critiche al fatto che si prevede di cumulare la pensione derivante dal sistema pensionistico pubblico con gestione senza copertura patrimoniale da parte di pubbliche amministrazioni o enti previdenziali e generalmente calcolata con il generoso metodo di calcolo retributivo e quindi causa dei problemi di sostenibilità fiscale dei sistemi pensionistici obbligatori con la pensione complementare che deriva dall'accantonamento volontario in fondi complementari| "fully funded" ossia totalmente capitalizzati, di una quota di reddito aggiuntiva sotto forma di premio assicurativo e restituite secondo calcoli di equità attuariale del montante individuale maturato, rispetto ai contributi previdenziali che sono un'imposta, facendo insorgere il dubbio che la proposta abbia solo valenza propagandistica-elettorale. Con tale metodologia, si andrebbero a ridurre le pensioni retributive di chi ha scelto di accantonare una quota aggiuntiva di reddito rispetto a chi usufruisce solamente della pensione pubblica. Inoltre la quota di 5.000€ mensili riguarda una platea di pensionati abbastanza ridotta e tale da non incidere in modo significativo sugli squilibri finanziari che caratterizzano il sistema pensionistico pubblico italiano.

Flessibilità in uscita e risoluzione del problema degli esodati da parte di Cesare Damiano del PD[modifica | modifica sorgente]

Per risolvere il problema degli esodati, il deputato Cesare Damiano del PD ha elaborato una proposta sulla flessibilità in uscita prevedendo quindi il pensionamento anticipato.[50]

Nel maggio del 2014 non era ancora arrivata all'esame della Camera.

Critiche alla proposta[modifica | modifica sorgente]

La Fornero criticava i cambiamenti proposti in quanto i costi non avrebbero copertura finanziaria.[51]

Infatti, essendo il sistema pensionistico senza copertura patrimoniale ed essendo gestito per cassa con le entrate tributarie, qualsiasi meccanismo che anticipi l'età per il pensionamento di vecchiaia, deve trovare comunque le coperture finanziarie.

In realtà la proposta di legge, indicava all'art. 1 c. 2 "Alla quota calcolata con il sistema retributivo si applica la diminuzione o la maggiorazione di cui alla tabella A allegata alla presente legge, in relazione all'età di pensionamento effettivo e agli anni di contributi versati, al fine di conseguire l'invarianza dei costi tra i due sistemi." In realtà i coefficienti previsti dalla nuova norma erano sviluppati nell'ipotesi assurda di una vita media dopo il pensionamento superiore ad altri 100 anni.

Le proposte di Cesare Damiano, on. del PD, presidente della Commissione Lavoro al Senato, si configuravano quindi come l'ennesima proposta propagandistica per cercare di dimostrare di non essere responsabile del problema degli esodati, nonostante egli stesso avesse votato la riforma Fornero.

Qualora tale proposta potesse addivenire ad una approvazione, essa si configura come l'ennesimo meccanismo della spoliazione legale in quanto oltre a prevedere costi aggiuntivi per lo Stato, valutati in 40 miliardi di euro per il periodo dal 2014 al 2025, i coefficienti proposti sono redistributivi della ricchezza in senso regressivo.

Le proposte delle RSU sindacali[modifica | modifica sorgente]

Le proposte ci sono:[52]

1) l'introduzione dell'«accesso volontario alla pensione con 60 anni di età o 40 anni di contributi senza penalizzazioni»;

2) la messa a punto di criteri di calcolo che «consentano la salvaguardia del potere d'acquisto delle pensioni attuali e future»;[53]

3) il superamento delle sperequazioni ai danni delle donne («non si tiene conto né del lavoro di cura che svolgono a casa né delle discontinue carriere lavorative»)

Critiche alle proposte delle RSU sindacali[modifica | modifica sorgente]

1) Essendo il sistema pensionistico senza copertura patrimoniale, chi ha pagato anche per 40 o più anni, non ha un suo patrimonio accumulato in un conto, ma può avere la pensione se gli enti previdenziali hanno abbastanza fondi dalle entrate fiscali correnti ad essi destinati dallo Stato e che comprendono i contributi previdenziali integrati da altri trasferimenti dalla fiscalità generale. In Italia, la spesa pensionistica per pensioni IVS in rapporto al PIL è la più alta tra i paesi OCSE, nel 2014 è di 4 punti di PIL superiore alla Germania e per mantenere tale squilibrio vengono già tagliati altri servizi pubblici nel campo del welfare. La sostenibilità fiscale del sistema pensionistico pubblico italiano è già compromessa dalla mancata crescita dell'economia italiana rispetto alle altre economie concorrenti, sia per le inefficienze della spesa pubblica che degrada la qualità della spesa stessa, sia, nel caso della spesa pensionistica, da azzardate promesse pensionistiche ereditate dal passato come le baby pensioni, le pensioni di anzianità o le pensioni con il metodo di calcolo retributivo che restituiscono, rispetto ai sistemi pensionistici obbligatori di altri paesi, tassi di sostituzione più elevati, senza considerare i casi di vera e propria spoliazione legale come nel caso dei pensionati INPGI. In definitiva, i costi delle promesse pensionistiche del passato, ricadono sui lavoratori attivi di oggi, anche se hanno lavorato molti più anni rispetto agli attuali pensionati. Una soluzione potrebbe essere la riduzione delle prestazioni previdenziali in essere, anche per attenuare il conflitto intergenerazionale, ma i sindacati dei pensionati si oppongono a tale scenario rivendicando dei diritti acquisiti che nel campo previdenziale non esistono.

2) Il potere d'acquisto delle pensioni attuali e future, nei sistemi pensionistici senza copertura patrimoniale, può essere garantito solo dalla crescita del PIL. Se le risorse prodotte da una economia sono dissipate dalla macchina dello Stato attraverso una spesa pubblica di scarsa qualità, si distruggono le risorse e si creano i presupposti per una decrescita. Non esistono quindi formule magiche che possono permettere la salvaguardia del potere d'acquisto delle pensioni attuali e future se non un'economia sana, che investe sui giovani i quali sono i produttori delle risorse da destinare ai pensionati correnti.

3) Le penalizzazioni subite dalle donne con la Riforma delle pensioni Fornero, rientrano nella necessità di contenere la spesa pensionistica già alta in rapporto al PIL per evitare il default dello Stato Italiano.

Abolizione delle pensioni d'oro da parte del Movimento Cinque Stelle[modifica | modifica sorgente]

In un post del 13 febbraio 2013 nel blog di Beppe Grillo intitolato "Tagliare si può, volare si può" si proponeva il limite di 5.000€ lordi sulle pensioni.

Critiche alla proposta[modifica | modifica sorgente]

Dal punto di vista dell'entità complessiva del taglio di spesa, l'impatto sui conti del bilancio dello Stato Italiano erano poco significativi. Tuttavia è un contributo dovuto ed irrinunciabile visti i concetti di equità intergenerazionale illustrati e le difficolta dello stato nel reperire le risorse necessarie.

Flessibilità in uscita da parte del Ministro del Lavoro Poletti[modifica | modifica sorgente]

Dal giugno 2014 venivano fatti diversi annunci del ministro nella predisposizione di una normativa che favorisse la flessibilità in uscita dal lavoro.

Abolizione della Gestione Separata Inps da parte della CGIL[modifica | modifica sorgente]

Al Congresso Nazionale CGIL la segretaria Camusso proponeva la abolizione della Gestione Separata INPS e portare tutti sotto lo stesso tetto, utilizzando tutti i contributi per pagare tutte le pensioni.[54]

Critiche alla proposta[modifica | modifica sorgente]

Già ora i contributi della Gestione Separata INPS sono utilizzati dall'INPS per pagare le pensioni delle gestioni in deficit, mentre il calcolo della pensione, per gli iscritti alla Gestione Separata, già avviene con il metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita. La riforma Fornero del lavoro ha inoltre previsto il graduale innalzamento delle aliquote contributive pensionistiche di finanziamento per allinearle a quelle dei lavoratori dipendenti.

Introduzione di elementi di flessibilità secondo l'on. Sacconi[modifica | modifica sorgente]

L'on. Maurizio Sacconi ritiene che la riforma Fornero vada riformata "introducendo elementi di flessibilità e agevolando quando più l’afflusso di risparmio al sistema previdenziale obbligatorio."[55]

Critiche alla proposta[modifica | modifica sorgente]

Il sistema pensionistico pubblico italiano, ha la gestione finanziaria tipica dei sistemi pensionistici senza copertura patrimoniale, pertanto le pensioni derivanti dalle assicurazioni obbligatorie gestite da enti pubblici, sono pagate con le imposte.

Il finanziamento avviene attraverso i contributi obbligatori per le assicurazioni obbligatorie e nel caso di disavanzo, con i trasferimenti dalla fiscalità generale.

Non si comprende quindi come un risparmio possa essere fatto affluire e confluire nel bilancio di enti pubblici.

Riforma richiesta dalle RSU contro la riforma Fornero[modifica | modifica sorgente]

A fine 2013, inizi 2014 si è creato un movimento delle RSU che in forma unitaria sollecitavano da parte delle rappresentanze nazionali dei sindacati, il rigetto della riforma Fornero, facendo queste richieste:[56]

  • salvaguardia del potere d'acquisto delle pensioni;
  • flessibilità in uscita;
  • accesso volontario alla pensione con 60 anni di età o con 40 anni di contributi senza penalizzazioni. Con una riduzione dei 40 anni di contributi per i lavori usuranti;
  • garanzia di una pensione dignitosa per i giovani, i precari, migranti;
  • va superata l'attuale giungla dei fondi integrativi;
  • deve essere realizzata la separazione tra assistenza, previdenza e politiche rivolte al mercato del lavoro.

Nell'appello si specifica inoltre che le risorse devono essere ricercate nei grandi patrimoni finanziari ed immobiliari ed in una effettiva tassazione dei redditi come prevede l'art. 53 della Costituzione e nella parità di contributi e prestazioni di tutte le categorie sociali.

La riduzione dell'età pensionabile per i magistrati e i primari[modifica | modifica sorgente]

All'interno della riforma della Pubblica Amministrazione nel luglio 2014 venivano inseriti degli emendamenti per permettere la fuoriuscita di circa 400 magistrati e dei primari che attualmente possono rimanere in servizio fino a 72 anni, fissando il limite di 68 anni ma tali emendamenti venivano stralciati per mancanza di copertura finanziaria.

Il fallimento dei tentativi di annullare la riforma Fornero[modifica | modifica sorgente]

Nel 2014 erano diversi i tentativi parlamentari di aprire le porte ad interventi di deroga alle nuove regole introdotte per conseguire la pensione.[57]

Tutti i tentativi si scontravano con la mancanza di coperture fiscali certe per pagare gli aumenti di spesa pensionistica. Ciò rendeva inequivocabile che le pensioni si pagano con le imposte raccolte attraverso il bilancio dello Stato e con il vincolo di non superare con il deficit il 3% del PIL, si assottigliavano per la classe politica, i margini di manovra.

Questi tentativi avevano l'effetto di evidenziare la validità della riforma Fornero, pur nei suoi limiti, ossia di essere riuscita a ridurre l'aumento di spesa pensionistica di quasi due punti di PIL (30 miliardi di euro), quando nei due anni successivi, chi voleva correggere i presunti errori, non riusciva ancora a finanziare con il bilancio dello Stato, poche decine o centinaia di milioni di euro di spesa aggiuntiva.

Ciò era dovuto all'elevatissima spesa pensionistica in Italia dovuta agli assurdi regali ad alcune categorie di pensionati lasciati pressoché indenni dalla riforma Fornero, situazioni facilmente individuabili del sistema pensionistico pubblico in Italia.

La politica non riusciva ancora a vedere, nel 2014, che l'Italia spendeva per le pensioni di vecchiaia 5 punti percentuali di PIL in più rispetto alla Germania e che, per recuperare almeno due punti di gap, si sarebbero dovute ridurre le prestazioni complessivamente di più del 10%.[58]

I tagli lineari al bilancio dello Stato, invece avevano riguardato negli anni della crisi tutti i settori di spesa con esclusione della spesa pensionistica, serbatoio illimitato di voti cui attingere in vista delle imminenti scadenze elettorali.

L'Italia dopo la riforma delle pensioni Fornero[modifica | modifica sorgente]

L'illusione della sostenibilità del sistema pensionistico pubblico italiano raggiungibile con una riforma[modifica | modifica sorgente]

Dopo due anni di annunci di vari esponenti politici, organismi internazionali, giornalisti, la riforma Fornero, vista nell'ottica allargata della riforma Monti del sistema pensionistico pubblico ha finalmente aperto gli occhi su quella che è l'illusione di poter raggiungere la sostenibilità del sistema pensionistico pubblico in modo indefinito, con una riforma previdenziale.[59] Infatti con la manovra di bilancio del 2014 sono stati subito attuati altri blocchi della perequazione delle pensioni e sono stati fatti nel corso del 2013 e inizio 2014 altre salvaguardie degli esodati.

Nonostante ciò, con i risultati del bilancio consuntivo 2013 dell'INPS, che ormai raccoglie il 95% della spesa pensionistica in Italia sono emersi da parametri indiscutibili: crescita dei contributi raccolti 0,9%,[60] crescita della spesa pensionistica 2,1%,[61] copertura della spesa pensionistica con i contributi raccolti 78%,[62] variazione PIL 2013 -2,9%, rapporto debito/PIL 2013 132,6%.

Tutto ciò con la riforma che dal lato delle entrate ha portato ad un aumento dell'aliquota contributiva pensionistica di finanziamento e dal lato delle uscite ha determinato un drastico crollo del numero di nuove pensioni con effetti ancora insufficienti per l'equilibrio dei conti.

Ciò senza considerare che la sostenibilità di un sistema pensionistico pubblico va visto anche dalla parte dei lavoratori attivi che invece negli ultimi quattro anni hanno visto diminuire il tasso annuo di capitalizzazione per la rivalutazione del montante contributivo individuale fino ad accumulare una perdita maggiore del 9% rispetto a quanto previsto nello scenario macroeconomico di base della riforma Dini che prevede una crescita annua dell'1,5%.

Un sistema pensionistico pubblico che ha solo stabilizzato la spesa pensionistica al 16,3% del PIL nel 2013 ossia 5 punti di PIL in più rispetto alla Germania,[63] che ha un debito pubblico implicito legato ai soli pensionati del 50% superiore a quello della Germania (v. materiali del convegno rel. Mauro Marè [4]) che ha una popolazione più grande ed un PIL per abitante superiore, non può dirsi sostenibile quando i risultati economici dello Stato italiano sono quelli innanzi detti.

La riforma delle pensioni Fornero, togliendo di mezzo l'ipocrisia del metodo di calcolo retributivo a partire dal 1/1/2012, aveva il merito di evidenziare che la spesa più alta del mondo in rapporto al PIL di un paese quale l'Italia è tutta da ascriversi alle promesse pensionistiche della politica fatte negli ultimi decenni a partire dalla riforma previdenziale Brodolini del 1969, promesse che si sono materializzate in baby pensioni, pensioni di anzianità, pensioni gonfiate, vitalizi dei parlamentari e pensioni di vecchiaia con il metodo di calcolo retributivo.

Queste promesse venivano intaccate minimamente con il blocco della perequazione e dal blocco delle uscite che non aveva effetti significativi nella riduzione della spesa pensionistica in Italia se non quello di evitarne l'esplosione al 18% del PIL.[64]

Con la riforma si andava delineando che per ritornare a livelli di spesa pensionistica realmente sostenibili dall'economia Italiana, ormai in retromarcia da 6 anni,[65] non rimaneva che intervenire sulle pensioni già in essere,[66] quale ultimo tentativo per evitare il default dello Stato Italiano[67] e l'esplosione del conflitto intergenerazionale.[68]

In definitiva la riforma Fornero pur con l'enorme impatto finanziario non riusciva a stabilizzare la spesa pensionistica in Italia e a riavviare la crescita economica[69] come previsto nello scenario macroeconomico di base per la valutazione della sostenibilità fiscale del sistema pensionistico pubblico.

Veniva smentita dai fatti l'affermazione della Fornero circa la sostenibilità del riformato sistema pensionistico pubblico, come affermato anche dalle principali organizzazioni economiche internazionali.

Evoluzione degli indici macroeconomici[modifica | modifica sorgente]

Parametro 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014
Variazioni PIL % -1,2 -5,5 1,7 0,5 -2,5 -2,9
Indebitamento netto / PIL -5,5 -4,5 -3,7 -3 -3
Debito / PIL 116,4 119,3 120,7 127,0 132,6
Pressione fiscale apparente / PIL 43,0 42,6 42,5 44,0 43,8

Il mercato del lavoro[modifica | modifica sorgente]

Il superamento giuridico del mito dei diritti acquisiti[modifica | modifica sorgente]

Bisogna sgomberare il campo da un equivoco di fondo. Non esistono nel diritto della previdenza sociale la tutela costituzionale dei diritti acquisiti.

Esiste la tutela, da parte dello Stato con la giurisdizione, dell'applicazione di leggi dello Stato in materia di diritto della previdenza sociale.

Quindi, quando una sentenza di una corte tutela dei diritti relativi ad aspettative pensionistiche o a promesse pensionistiche non lo fa perché è scritto nella Costituzione, bensì perché vi sono norme di legge in tal senso.[70]

Per questo motivo non si parla di diritti acquisiti in senso stretto, ma di cosiddetti "diritti acquisiti".[71]

Lo scontro è quindi a livello politico e all'origine del conflitto intergenerazionale esploso con la crisi economica del 2007.

Consiste nel far pagare la crisi acuita da un sistema pensionistico troppo generoso per le pregresse promesse pensionistiche della politica con una doppia penalizzazione sia in termini di reddito diminuito o di lavoro perso per le politiche di precarizzazione dei contratti di lavoro non ultimo il decreto Poletti fino ad arrivare con la disoccupazione giovanile ad oltre il 40% nonché al taglio di servizi pubblici lasciando ancora aumentare il debito pubblico.

La spesa corrente serviva per mantenere pensioni medie che erano arrivate a superare lo stipendio medio (l'INPGI nel 2014 erogava pensioni al 104% di tasso di sostituzione).

Il sistema pensionistico pubblico, erogando pensioni politiche pagate con la fiscalità generale o di scopo, è il campo dei partiti per esercitare le loro politiche di redistribuzione dei redditi.

La riduzione delle prestazioni pensionistiche in essere, in uno scenario di sostenibilità fiscale del sistema pensionistico pubblico universale, si basa solo nel mutamento della volontà politica in quanto non esiste un problema di affermazione della sovranità legislativa di imporre la propria volontà politica nel ridurre le prestazioni previdenziali erroneamente chiamati diritti acquisiti facendo credere che gli stessi dipendano invece da principi costituzionali tutelati da sentenze della Corte Costituzionale.[72][73]

I due fronti dello scontro sui cosiddetti diritti acquisiti[modifica | modifica sorgente]

Tentativi si sono succeduti con l'introduzione da parte del governo Berlusconi III, confermato dal governo Monti del contributo di solidarietà a carico delle prestazioni previdenziali superiori ai 90.000€, cassati dalla Corte Costituzionale come se fosse una tassa discriminatoria su un reddito differito, alimentando quindi la mitologia dei diritti acquisiti.[74]

Stentava ad affermarsi giuridicamente il concetto di pensione come servizio pubblico pagata con le imposte e quindi non di tassare un reddito differito ma di ridurre un servizio pubblico per renderlo sostenibile economicamente visto l'avvitarsi del PIL su se stesso.[75]

L'ultimo tentativo di introdurre un contributo di solidarietà, da parte del governo Letta, è ancora vigente nell'agosto 2014.

I diritti acquisiti nell'ordinamento generale[modifica | modifica sorgente]

Il comma 1 e il comma 2 della riforma Dini esplicitano chiaramente che le regole fissate sono inderogabili per la normativa attuativa del sistema pensionistico pubblico in Italia.

Il comma 12 dell'art. 3 fissa il principio del pro-rata come modalità da applicare nel caso di necessità da parte di casse di cui al D.Lgs. 509/1994, di modificare le norme per il calcolo delle pensioni ("i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell'equilibrio finanziario di lungo termine, avendo presente il principio del pro rata in relazione alle anzianita' gia' maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti e comunque tenuto conto dei criteri di gradualita' e di equita' fra generazioni.").[76]

Ciò significa che il metodo di calcolo misto, per essere derogato non ha bisogno di modifiche costituzionali, bensì di modifiche della riforma Dini.

Tale scelta politica non si è voluta fare, ma anzi, la tutela delle aspettative pensionistiche è stata esplicitamente confermata nella riforma Fornero.

L'art. 24 comma 3 affermava esplicitamente che le nuove norme avrebbero avuto effetto per i nuovi pensionati dal 1/1/2012.

Chi si fosse pensionato entro il 31/12/2011 avrebbe usufruito delle regole pre-vigenti la riforma Fornero.

Ciò evidenziava ancora una volta la natura distinta del rapporto giuridico di prestazione previdenziale rispetto al rapporto giuridico di contribuzione obbligatoria.[77]

Un metodo PAYG che dipende dalla legge speciale vigente, cambia l'importo delle prestazioni previdenziali così come cambia la legge intervenendo anche sulle aspettative pensionistiche anche se apparentemente non sembra.

Non bisogna lasciarsi ingannare dal fatto che con il metodo di calcolo misto sia salvaguardato quanto maturato in quanto la quota calcolata con il metodo di calcolo retributivo deve essere valutata in termini di riserva matematica che dipende dall'età per il pensionamento di vecchiaia e quindi dalla vita media residua.

Quindi la tutela dei diritta acquisiti si riferisce esclusivamente alle pensioni in essere e non alle aspettative pensionistiche maturate.

Questo il nocciolo del conflitto intergenerazionale nel campo del sistema pensionistico pubblico.

La piccola breccia aperta dalla riforma Fornero[modifica | modifica sorgente]

Un tentativo di riportare ad equità i costi delle promesse pensionistiche pregresse è stato compiuto nella riforma, ma visti gli squilibri macroscopici preesistenti, largamente insufficiente.

Se si analizza infatti il debito pubblico implicito dovuto a tali promesse, si scopre che rispetto a paesi come la Germania, lo squilibrio è nell'ordine del 100% del PIL.

Ora, o con il blocco della perequazione per qualche anno o penalizzazioni di qualche punto percentuale per le gestioni che nel passato sono state più generose, tale recupero si può stimare nell'ordine di una decina di punti di PIL, quindi senza effetti pratici nel riequilibrio dei conti pubblici ove si stimava per il solo 2014 l'aumento del debito pubblico di 6 punti di PIL.

La forma giuridica per modificare le prestazioni previdenziali in essere[modifica | modifica sorgente]

Gli interventi sul blocco della perequazione ed i contributi di solidarietà, essendo estemporanei risolvono momentaneamente la situazione finanziaria rischiando di aggravare le sperequazioni tra gli appartenenti alle diverse gestioni pensionistiche.

Si faceva strada l'ipotesi che l'intervento dovesse avvenire ricalcolando la quota di pensione determinata con il metodo di calcolo retributivo, con il metodo contributivo e sulla differenza applicare un contributo.

Dal punto di vista normativo, per essere efficace, tale contributo dovrebbe essere inserito come un aggiornamento della legge speciale che regola l'assicurazione sociale obbligatoria, facendo riferimento quindi all'articolo art. 1886 del Codice Civile, non prima di aver appositamente modificato la riforma Dini sull'applicazione del metodo di calcolo misto.

Quindi, come affermato dalla Fornero, non si dovrebbe trattare di una tassazione, ma di un ridimensionamento del servizio pubblico prestazioni previdenziali.

Bisognerebbe inoltre verificare che il metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita sia effettivamente più equo del metodo di calcolo retributivo.

I principi non derogabili della riforma Dini e il caso D.Lgs. 509/1994[modifica | modifica sorgente]

Pertanto, le casse di cui al D.Lgs. 509/1994 che hanno avuto lunghi periodi in cui l'aumento degli iscritti compensava ampiamente le promesse pensionistiche, non sono intervenute a correggere il sistema di gestione fino a trovarsi in situazioni vicine al dissesto economico nonostante le stesse fossero state trasformate dal governo Ciampi, primo governo tecnico della seconda repubblica proprio per trovare in autonomia una soluzione ai gravi squilibri che le minavano.

Non cambiando la normativa di riferimento della legge 335/1995, le delibere attuate da alcune casse venivano quindi annullate dalla Corte Costituzionale.

Le casse finivano quindi per la seconda volta sotto la scure di un governo tecnico quando nel 2011 il governo Monti le inseriva nel decreto Salva Italia e precisamente l'art. 24 comma 24 della riforma delle pensioni Fornero imponeva un nuovo limite di sostenibilità a 50 anni.

Grazie alla perpetuazione del modello previdenziale corporativo fascista si obbligavano le casse ad implementare il metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita in forma pro-rata scaricando gli enormi debiti previdenziali latenti sul debito pubblico implicito prima e ponendo una serie ipoteca sul deficit futuro dello Stato Italiano.

La soluzione di tagliare le pregresse promesse pensionistiche meglio classificabili come spoliazione legale, sarebbe dovuta passare da una modifica della riforma Dini che le elite dei professionisti difficilmente avrebbero consentito.

Gli scenari possibili dopo la riforma Fornero[modifica | modifica sorgente]

Gli scenari che si prospettano dopo la riforma Fornero, sia che l'Italia esca dalla crisi sia che la crisi economica si accentui fino al default dello Stato Italiano, sono a senso unico in quanto i regali pensionistici del passato hanno raggiunto comunque un livello non più tollerabile dall'economia. Anche in altre nazioni, il taglio lineare delle pensioni ossia della spesa pensionistica pubblica è usato per tentare il riequilibrio del bilancio dello Stato.[78]

Ma come nel caso della riforma Fornero i partiti politici che hanno sempre lo sguardo rivolto alle prossime elezioni non possono avere la volontà di risolvere una problematica che ha le radici in 70 e più anni di storia corporativa. Ciò è ancora più difficile se l'opinione pubblica viene sollecitata senza spiegare la drammaticità degli squilibri finanziari come l'enorme debito pubblico implicito.[79]

Si dovevano quindi creare le premesse o per un altro governo tecnico[80] o per un intervento imposto dall'esterno con una forma di commissariamento della guida economica dello Stato Italiano.[81]

Il default previdenziale per le pensioni in essere[modifica | modifica sorgente]

Una soluzione si sostanziava nell'ennesima riforma previdenziale che consisteva questa volta in un default del sistema pensionistico pubblico(default previdenziale) avente per oggetto la sola riduzione del debito pubblico implicito legato alle pensioni in essere (dal 200% al 300% del PIL senza considerare i lavoratori attivi), ancora calcolate con il metodo di calcolo retributivo per la maggioranza dei pensionati,[82] per riportarlo almeno ai livelli più vicini a quello degli altri paesi simili all'Italia.

Dalla massa principale del debito pubblico implicito si sarebbe dovuto evidenziare, per ragioni di equità, la quota derivante dalle baby pensioni, pensioni di anzianità, pensioni gonfiate, vitalizi dei parlamentari, legge Mosca, pensioni d'annata e mille altri artifici legislativi[83] tutti legati al modello economico della spoliazione legale e di assalto alla diligenza.

Proposte per attuare il default previdenziale[modifica | modifica sorgente]

  • Il Sole 24 Ore proponeva nell'agosto 2014 un taglio della spesa corrente di 100 miliardi di euro che se effettuato linearmente tra tutte le voci del bilancio dello stato italiano avrebbe comportato una diminuzione di 40 miliardi di euro di spesa pensionistica.[84]
  • Ricalcolo delle pensioni erogate con il metodo di calcolo retributivo o con il metodo di calcolo misto, con il metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita[85][86]
  • Gutgel proponeva un contributo di solidarietà per le pensioni in essere del 10% ed il blocco della perequazione se al di sopra dei 3.500 €.[87] Un contributo di solidarietà per gli anni 2014-2016, approvato con la Finanziaria 2014, era già vigente con un taglio del 6-12% sugli importi superiori a 6.936 euro lordi al mese (90.168 euro all’anno).
  • Bobba Luigi sottosegretario al lavoro vedeva il taglio per le pensioni da 2000€.[88]
  • Prestito pensionistico per le pensioni anticipate.[89][90]
  • Perequazione con nuove regole.[91]

Le posizioni politiche sulle proposte di riforma[modifica | modifica sorgente]

L'accorpamento in INPS delle casse di cui al D.Lgs. 509/1994 e D.Lgs. 103/1996[modifica | modifica sorgente]

La riforma Fornero avviava il metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita per l'universalità dei lavoratori, ma le gestioni pensionistiche restavano ancora una moltitudine anche se per il 95% dei lavoratori ormai accorpate in INPS.

Restavano fuori le casse di cui al D.Lgs. 509/1994 e le casse di cui al D.Lgs. 103/1996.

Nel panorama internazionale si menzionava il sistema pensionistico pubblico in Italia al pari di quello della Svezia ignorando invece l'aspetto saliente del sistema svedese: l'unicità dell'ente gestore quando in Italia permanevano ancora una quarantina di gestioni.

Per le casse del D.Lgs. 103/1996 si potevano rilevare elevati costi di gestione dovuti alle ristrette platee di iscritti; già nel campo della previdenza complementare i numerosi fondi avevano avuto un forte consolidamento in poche grandi gestioni che comunque nel panorama internazionale restavano fondi di piccole dimensioni sui mercati finanziari.

Quelli gestiti da pubbliche amministrazioni ai sensi del D.Lgs. 103/1996 erano quindi solo dei poltronifici dai costi insostenibili se non fossero stati posti a carico della fiscalità generale, come avviene con i contributi obbligatori per le assicurazioni obbligatorie.

L'accelerazione della transizione al sistema pensionistico universale[modifica | modifica sorgente]

Un altro spazio di riforma previdenziale rimasto era quello riguardante per le nuove pensioni, la quota di pensione calcolata con il metodo di calcolo retributivo.[92]

I costi della transizione decennale senza interventi ricadono interamente nell'aumento del debito pubblico esplicito.

In effetti questa era una delle scelte politiche principali della riforma Fornero ossia la salvaguardia di tutte le promesse pensionistiche fatte fino al 31/12/2011.

Questa scelta era anche obbligata dalla normativa vigente proveniente dalla riforma Dini, legge fondamentale dello Stato in materia previdenziale che prevedeva appunto il metodo di calcolo misto.

Quindi l'eventuale rivisitazione del metodo di calcolo misto per le pensioni attuali e future, dovrebbe avere come punto di partenza la modifica della riforma delle pensioni Dini, sempre che non si voglia andare incontro alla bocciatura certa della Corte Costituzionale.

La scelta definitiva di un metodo di calcolo unico e quindi universale per tutti i pensionati vecchi e nuovi allineerebbe l'Italia ai paesi che hanno il modello previdenziale universale sia dal lato della gestione finanziaria che delle prestazioni previdenziali e non solo dal lato della gestione finanziaria come avviene ora con il modello previdenziale corporativo fascista.

La fine della classe dirigente "casta" schiava dei propri privilegi[modifica | modifica sorgente]

Uno degli effetti positivi dell'introduzione del metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita per tutti a partire dal 1/1/2012, è stato l'evidenziarsi tra le molteplici gestioni previdenziali del sistema pensionistico pubblico in Italia di quelle particolarmente generose e i costi ormai insostenibili per lo Stato di tali regali, al cospetto di un paese sempre più in bilico verso la miseria e con la prospettiva del commissariamento da parte della troika all'avvicinarsi del default.

Partendo a ritroso da quella che dovrebbe essere l'ultima voce di un sistema economico, ossia il pagamento delle pensioni, appurato che queste da sole assorbivano più del 40% dell'intera pressione fiscale, tra le più alte dei paesi OCSE, era facile l'evidenziarsi di tutte le altre lobby corporative fasciste posizionate ai vari livelli dello Stato.[93]

Il sistema della spoliazione legale legato alla spesa pensionistica in Italia, era evidentemente attuato i tutti gli altri campi della spesa pubblica con gli ovvi risultati depressivi sull'economia globale del paese anche se gli economisti erano ancora alla ricerca della ricetta magica per uscire dalla crisi.

Ma tutte le componenti rappresentative della società erano ancora parte attiva del sistema della spoliazione legale (sindacati, rappresentanze padronali, partiti politici,[94][95] imprenditori, sistema bancario, informazione) per poter proporre l'azzeramento del sistema lobbistico corporativo istituzionalizzato nel paese da 90 anni.

Alcuni esempi delle battaglie politiche in corso ancora nell'agosto del 2014:

  • la battaglia di Cesare Damiano per 4.000 insegnanti penalizzati dell'accesso alla pensione di anzianità a fronte di 400.000 pensionati in meno per effetto della riforma Fornero;
  • la tutela dei "diritti acquisiti" legati alle pensioni d'oro|, ma anche alle pensioni gonfiate di Giampaolo Galli a fronte della contemporanea affermazione della pericolosità del default dello Stato italiano;
  • la battaglia per estendere il "bonus degli 80€" anche ai pensionati;
  • la tutela dell'autonomia delle casse di previdenza dei liberi professionisti di cui al D.Lgs. 509/1994 di Pier Carlo Padoan a fronte di investimenti in borsa senza controlli efficaci e la gestione di casse demograficamente squilibrate solo per mantenere i privilegi delle coorti anziane (es. l'INPGI per la gestione di cui al D.Lgs. 509/1994 ancora nel 2014 aveva tassi di sostituzione al 104% e non rispettava più il limite di sostenibilità previsto dalla legge, ma il commissariamento non veniva invocato da nessuno dei molteplici organi di controllo).
  • l'abolizione dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori chiesta da Angelino Alfano, come se gli imprenditori stranieri non investono per gli operai italiani comunisti che non possono licenziare anziché per il costo del lavoro e la pressione fiscale legale necessaria a mantenere il sistema della spoliazione legale.

Le posizioni dei partiti politici sul sistema pensionistico pubblico dopo la Riforma Fornero[modifica | modifica sorgente]

Partito Democratico[modifica | modifica sorgente]

Yoram Gutgeld, deputato del PD, proponeva il "dimezzamento o azzeramento dell’adeguamento all’inflazione per le pensioni che superano dalle tre alle sette volte quella minima e non sono ancorate ai contributi versati."

Tale proposta comporterebbe un taglio del debito pensionistico latente per le pensioni, legato però solo alla dinamica dell'inflazione, proprio nel momento in cui l'Italia entrava, dopo 50 anni, in deflazione.[96]

Il premier Matteo Renzi valutava a fine settembre 2014 la possibilità di inserire il 50% del TFR in busta paga, aumentando la stessa del 3,5%, ponendosi il problema della liquidità delle piccole e medie imprese.[97]

Forza Italia[modifica | modifica sorgente]

Movimento Cinque Stelle[modifica | modifica sorgente]

A fine settembre 2014 era in preparazione una proposta di legge per aumentare la pensione minima ed introdurre il reddito di cittadinanza.

Ma la riforma delle pensioni Dini ha eliminato la pensione minima per i nuovi pensionati.

Nuovo Centrodestra[modifica | modifica sorgente]

Scelta Civica[modifica | modifica sorgente]

Note[modifica | modifica sorgente]

  1. Elsa Fornero 2013, even pensions and civil service salaries were at risk. Central and local administrations were already unable to pay suppliers, whose claims exceeded 70 billion Euros.
  2. Angelo Marano, Carlo Mazzaferro, Marcello Morciano, Le criticità della riforma pensionistica Monti-Fornero (PDF), in Università Commerciale Luigi Bocconi Econpubblica Centre for Research on the Public Sector, giugno 2012. URL consultato il 21 ottobre 2014.
    «pag.2».
  3. pim.it 3/4/2014, ... per un valore pari al 17,28% del prodotto interno lordo (PIL)
  4. Bliz20131115, Così tante eccezioni che, dell’oltre mezzo punto percentuale di Pil che si doveva risparmiare se ne è persa traccia, 16.3% costava la spesa previdenziale, e 16.3 costerà.
  5. L.218/1952, raccogliere in un unico testo le disposizioni che regolano la materia
  6. R.D. - Legge 4 ottobre 1935, n. 1827 2, Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale
  7. Il Sole 24 Ore 16/12/2011, Il Governo Monti ha incassato il via libera della Camera al decreto legge salva-Italia con 402 sì, 75 no e 22 astenuti. Stamani il governo aveva ottenuto la fiducia con 495 sì, 88 no e 4 astenuti.
  8. Il Sole 24 Ore 28/07/2014, La riforma contributiva, in vigore dal 1º gennaio 1996, si concesse tempi di attuazione molto lunghi, esentando i lavoratori "senior", con anzianità contributive di almeno 18 anni. Ciò spiega perché la componente contributiva della spesa è tuttora trascurabile.
  9. Elsa Fornero 2013, a significant re-balancing, in favor of the young, of generational relationships .... Generational fairness ... Taking the long view, ....
  10. Elsa Fornero 2013, Indeed the reform came after twenty years of pensions restructuring that, for political reasons, had made the young pay a high price to the advantage of current and elderly generations, in terms of a frustratingly slow transition towards the new regime.
  11. Sbilanciamoci20131206, ... sia perché iniziano ad andare in pensione sempre più lavoratori che nel 1995 avevano meno di 18 anni di contributi, e che perciò si ritrovano, a differenza di quelli andati in pensione finora, già con più di metà della loro pensione calcolata con il sistema contributivo.
  12. S2420120803, «Il pensionato in causa – spiega – ha versato 102.396 euro di contributo soggettivo e, considerando anche quello integrativo, ha versato in tutto 175.018 euro di contributi, attualizzati al 2006. Finora ha riscosso 339.962 euro di pensione, il doppio di quanto ha versato. In base alla sua speranza di vita riscuoterà altri 963.967 euro per un totale di 1.303.929 euro: ossia 7,45 volte i contributi versati»
  13. MilanoFinanza20130823, ... resta comunque il conto da pagare per tutti gli anni di ritardo nel dire addio al generoso metodo retributivo. Oggi il 90% delle pensioni che vengono erogate è calcolata con il metodo retributivo, ma secondo le stime dell’Inps queste saranno ancora il 66% del totale nel 2025 e il 36% nel 2035.
  14. MF20131209, Con la riforma previdenziale varata a inizio 2012 dall'ex ministro Fornero l'Italia, come afferma l'Ocse, sarà uno dei Paesi che manderà più tardi in pensione i suoi lavoratori.
  15. OCSE20131126Italia, I paesi con l'età pensionistica più elevata tra i paesi OCSE sono Danimarca e Italia
  16. Panorama20130607, La colpa non è soltanto della Riforma Fornero ma anche di altri analoghi provvedimenti adottati in precedenza, negli anni '90 e dal 2000 in poi. Si tratta di misure che, in certi periodi, hanno interrotto o attenuato la rivalutazione automatica degli assegni Inps, che avviene ogni anno in base al tasso di inflazione (la cosiddetta perequazione).
  17. MilanoFinanza20131205, La riforma Fornero in vigore dal 2012, che ha allungato l'età di pensionamento introducendo il metodo di calcolo contributivo per tutti, inizia a mostrare i primi effetti sui conti pubblici. Secondo i dati del bilancio sociale Inps del 2012 in totale nell'ambito previdenziale si registrano 629.774 nuovi trattamenti, considerando anche le nuove pensioni ex Inpdap ed ex Enpals (confluite nell'Inps a inizio 2012), con un calo complessivo del 7,4% rispetto al 2011.
  18. Libero 15/01/2014, Se poi ci si mettono anche i ministri (come madame Fornero), che dimentica qualche centinaio di migliaia di lavoratori nel limbo degli esodati, la frittata è bella e fatta. Dimenticanza o furbizia da esperta di conti, visto che il bilancio Italia portato all’esame di Bruxelles ha ricevuto il consenso di Ue e Bce solo perché taroccato da una variabile che oggi viene valutata in 11 miliardi, ovvero il costo della “dimenticanza” degli esodati. Se la riforma ne avesse effettivamente tenuto conto né a Bruxelles, né a Francoforte ci avrebbero tenuto a galla ma imposto misure modello Grecia.
  19. L'Unità 18/09/2012,  «Voglio però ricostruire la vicenda - ha precisato - dobbiamo salvaguardare le persone che sono uscite. Domanda: quante sono? Risposta: 50mila. Mettiamo 65mila per essere più larghi. E poi troviamo che gli accordi sono tanti, registrati e non registrati. Quando il Governo ha visto che la situazione era questa, un problema che secondo me poteva essere gestibile è diventato un problema che è stato sommerso da un'onda esagerata»
  20. INPS report maggio 2014
  21. PensioniOggi, PensioniOggi.it 2/5/2014 ....In totale, quindi, sino ad oggi è stata prevista una salvaguardia in favore di 162.130 persone.
  22. L'Espresso 05/08/2014, Almeno 4mila maestri che si erano trovati tagliati fuori dal traguardo-riposo (e dentro la prova di resistenza Fornero) per un disguido di calcolo: l'anno solare e l'anno scolastico non coincidevano. Così, coi loro 60 o 61 anni e almeno 35 inverni di contributi alle spalle, erano stati rifiutati dall'Inps per un guaio di mesi. E costretti a tornare in classe.
  23. Giornalettismo 07/08/2014, La Ragioneria dello Stato ha bloccato il prepensionamento per gli insegnanti di “Quota 96″e la fine delle penalizzazioni per chi va in pensione anticipata pur con 42 anni di contributivi, anche figurativi, come da testo approvato dalla Camera dei Deputati. Il governo ha stralciato questi emendamenti dal decreto che è stato convertito al Senato con il voto di fiducia prima di tornare a Montecitorio per il voto definitivo.
  24. http://www.cesaredamiano.org/ 06/08/2014
  25. Il Tempo 11/09/2014
  26. Teleborsa, La riforma del sistema previdenziale varata dal Governo Monti farà risparmiare allo Stato 2,76 miliardi di euro quest'anno e fino a 22 miliardi di euro entro il 2020.
  27. Angelo Marano, Carlo Mazzaferro, Marcello Morciano, Le criticità della riforma pensionistica Monti-Fornero (PDF), in Università Commerciale Luigi Bocconi Econpubblica Centre for Research on the Public Sector, giugno 2012. URL consultato il 21 ottobre 2014.
    «pag.2».
  28. FMI Article IV 2014, This reflects not only the high share of elderly population but also a high replacement rate for existing pensioners, who were largely unaffected by the recent pension reforms.
  29. Corriere della Sera 13/05/2014, Potrebbe essere necessario intaccare parte dello stock delle pensioni in essere e di quelle in via di maturazione?
  30. DirittoeGiustizia20130308, In Cassa Forense, come è noto, il debito latente non è inferiore a 25 miliardi di euro a fronte di un patrimonio di 5 miliardi di euro e quindi...
  31. PrimoRapportoAdEPP2011, La legge n. 290/1990 aumenta i coefficienti di calcolo delle pensioni, nonostante le previsioni non favorevoli del Bilancio Tecnico dell’epoca.
  32. Il Sole 16/01/2014, ... ha strigliato l'Italia e il suo sistema politico cui «manca coraggio» nell'affrontare il debito pubblico. E ha fatto «riforme scarse» a confronto dei sacrifici degli altri paesi in difficoltà.
  33. pim.it 3/4/2014, ... per un valore pari al 17,28% del prodotto interno lordo (PIL)
  34. Camera 11/06/2014, Nelle stime della Commissione europea, la spesa pensionistica in rapporto al PIL è attesa a diminuire di 0,9 punti percentuali da qui al 2060, contro un aumento medio di 1,9 punti nell'eurozona e di 2,6 in Germania.
  35. Pier Carlo Padoan, mef.gov.it, 21/11/2014, http://www.mef.gov.it/documenti-allegati/2014/20141121170738309.pdf. URL consultato il 21 novembre 2014.
    «... long term sustainability of the pension sistem, which is already one of the most solid thanks to the past reform.».
  36. Vitaliano D'Angerio, Inps: stop alla svalutazione dei contributi, in Il Sole 24 Ore. URL consultato il 12 novembre 2014.
    «Azzerare l'effetto svalutazione delle pensioni causato dall'andamento negativo del Pil.».
  37. Il Messaggero 20/08/2014, «C'è da augurarsi che sia una bubbola agostana. Un nuovo blocco biennale dei salari nella #PA sarebbe inaccettabile», scrive su Twitter la Cgil, bocciando le ipotesi di una nuova proroga per altri due anni del blocco degli stipendi degli statali. -o- «È il momento di lasciare in pace i pensionati, che hanno perso il 30% delpotere d'acquisto negli ultimi 15 anni, grazie alle manovre dei vari governi», aggiunge il segretario generale Spi Cgil
  38. Spi-Cgil 26/05/2014
  39. Rassegna.it 03/09/2014
  40. Ansa 03/09/2014, Statali, stop contratti anche nel 2015. Madia: "non ci sono le risorse"
  41. Rassegna.it 26/05/2014
  42. SINPA marzo 2012, In questo documento analizzeremo cosa prevedeva il nostro sistema pensionistico fino alla riforma Sacconi del 2011 e, di seguito, quali sono state le principali modifiche apportate dalla riforma Fornero - Monti.
  43. Stradeonline.it 26/6/2014, L'articolo 75 della Costituzione prevede infatti che non possano tenersi referendum, tra l'altro, sulle "leggi tributarie e di bilancio". La cosiddetta "riforma Fornero" non era contenuta stricto sensu in una "legge di bilancio", ma in un provvedimento - il cosiddetto "decreto Salva-Italia" - che realizzava, anche per effetto delle disposizioni in materia previdenziale, una manovra correttiva dei conti pubblici, sostanzialmente recepita, quanto agli effetti contabili, nella legge di bilancio.
  44. IPE magazine luglio 2014, On the other hand, political parties like Lega Nord – which won 6.2% of votes at the European elections – would like to repeal the Fornero reform. Lega Nord has started collecting signatures to launch a referendum, although this will probably be deemed unconstitutional because it would concern fiscal issues.
  45. Italia Oggi 25/07/2014, Abolire la legge Fornero realizzerebbe un solo obiettivo che è quello poi a cui aspirano i "padani": ripristinare l'istituto dell'anzianità ...
  46. Libero.it 29/07/2014, Sul fronte invece delle pensioni di anzianità a far da padrone è Biella con un assegno medio di 1390 euro. Dietro Ferrara con 1300 euro e a seguire Vercelli, Novara, Cuneo, Ravenna, Cremona, Lecco, Varese e Mantova.
  47. Guido del Duca, PolisBlog, 8 novembre 2014, http://www.polisblog.it/post/271178/cgil-in-piazza-a-roma-camusso-si-al-referendum-della-lega-contro-la-riforma-fornero. URL consultato il 09/11/2014.
    «"Nel momento in cui la Corte costituzionale ammettesse il referendum,sicuramente lo appoggeremmo, perché determinerebbe per il governo il tempo entro il quale abolire una legge ingiusta"».
  48. Pensioni, Capone: “Sosterremo referendum Lega ”, ugl.it, 13 novembre 2014. URL consultato il 14/11/2014.
    «“Sosterremo il referendum promosso dalla Lega per abrogare la Legge Fornero sulle pensioni”. Così il segretario generale dell’Ugl, Paolo Capone, al termine dell’incontro di oggi con il capogruppo alla Camera della Lega Nord, On. Massimiliano Fedriga, a cui ha partecipato anche il responsabile organizzativo dell’Ugl, Giancarlo Favoccia.».
  49. [[Il conflitto pensionistico/Fratelli d'Italia - Alleanza Nazionale#Revoca delle pensioni d.27oro|]]
  50. Proposta di legge n.857 30/4/2013
  51. Blasting News 2/4/2014, Per la Fornero dunque chi intende abolire la sua legge dovrà poi spiegare agli italiani "come finanzierebbe i risparmi di spesa da esse derivanti già contabilizzati nei conti pubblici", ed inoltre "ha il dovere di spiegare in particolare ai giovani perché si deve cancellare una riforma delle pensioni che ha alleggerito il loro debito pensionistico".
  52. Il Tirreno 18/5/2014, Fra le proposte ci sono: 1) l'introduzione dell'«accesso volontario alla pensione con 60 anni di età o 40 anni di contributi senza penalizzazioni»; 2) la messa a punto di criteri di calcolo che «consentano la salvaguardia del potere d'acquisto delle pensioni attuali e future»; 3) il superamento delle sperequazioni ai danni delle donne («non si tiene conto né del lavoro di cura che svolgono a casa né delle discontinue carriere lavorative»).
  53. Il Fatto Quotidiano 6/5/2014, La questione del meccanismo di rivalutazione, inoltre, è particolarmente delicata perché, nel sistema contributivo per tutti, in vigore con la legge Fornero, il calcolo di quanto cresce nel tempo l’ammontare dei contributi versati risulta decisivo. Il coefficiente è agganciato alla crescita del Pil ma, sostiene Camusso, “in questo modo, con la crisi, noi siamo a -9 punti percentuali”. Rivedere quel coefficiente sarà una battaglia durissima perché grazie a quel numerino si sono redatte le previsioni della spesa pensionistica per i prossimi trenta-quaranta anni.
  54. Il Fatto Quotidiano 6/5/2014, La proposta della Cgil è di portare tutti sotto lo stesso tetto e di utilizzare tutti i contributi per pagare tutte le pensioni, ripristinando il criterio solidaristico originario della previdenza pubblica. Una proposta che non dispiace al responsabile economico del Pd, Federico Taddei, seduto in prima fila ad ascoltare la relazione, che la giudica coerente con le proposte finora elaborate dal partito democratico.
  55. Maurizio Sacconi 27/6/2014, La legge Fornero va riformata, è evidente, introducendo elementi di flessibilità e agevolando quando più l’afflusso di risparmio al sistema previdenziale obbligatorio. C’è un problema più generale che riguarda tutte le persone in età avanzata per le quali a certe condizioni occorre rendere più flessibile il regime previdenziale prodotto dalla legge Fornero che ha sbagliato nel non prevedere la possibilità di una fase di transizione.
  56. ProgettoLavoro 17/07/2014
  57. Il Corriere della Sera 11/08/2014, Rientrate le proposte di revisione della riforma Monti-Fornero.
  58. Il Corriere della Sera 20/08/2014, Gurarda il grafico sul prelievo sulle pensioni
  59. IPE 10/07/2014, Panellists at the MEFOP conference, which focused on the sustainability of the pension system and its role within the economy, warned that demographic and economic forces in Italy were making the old grow older and richer, while young people struggled to find economic stability and faced the prospect of not having a public pension.
  60. Quotidiano.net 08/07/2014, Al netto del trasferimento dal bilancio dello Stato, le sole entrate contributive rappresentano il 67% del totale, pari a 209.995 milioni di euro (208.076 nel 2012: +0,9%)
  61. Quotidiano.net 08/07/2014, La principale voce di uscita è rappresentata dalla spesa per le pensioni: 266.887 mln di euro (261.487 mln nel 2012 con un incremento del 2,1%).
  62. Leoni Blog 09/07/2014, Se andiamo a vedere le diverse fonti di entrata rispetto alle poste di spesa, al netto dei trasferimenti dal bilancio dello Stato i contributi raccolti nel 2013 dall’INPS sono pari a 209,9 miliardi euro (153 dai privati, 55 dal settore pubblico, 1 dai lavoratori dello spettacolo), mentre la spesa diretta in pensioni è pari a 266,8 miliardi.
  63. L'Opinione 15/07/2014, un Paese che non cresce (le stime per il 2014 si stanno attestando in uno striminzito + 0,2 per cento, contro il + 0,8 per cento previsto dal Governo), affetto da una progressiva perdita di competitività, non possa permettersi di spendere in pensioni qualcosa come 5 punti di Pil in più rispetto alla tanto demonizzata Germania.
  64. Leoni Blog 09/07/2014, Nel 2013 la spesa previdenziale è stata pari al 16,3% del PIl e sarebbe andata al 18%, senza riforma Fornero.
  65. Il Sole 24 Ore 14/07/2014, Il tasso di disoccupazione è raddoppiato salendo al 12,2% e i depositi in banca sono saliti anche come scelta di risparmio. Ma la crisi non ha colpito tutti i territori nello stesso modo: alcune province più di altre hanno sofferto, registrando nel 2013 vistosi arretramenti rispetto al 2007.
  66. Panorama 11/08/2014, La prima è un taglio agli assegni superiori ai 3 mila euro mensili, ricalcolando l’intera vita lavorativa in funzione dei contributi effettivamente versati per chi è andato in quiescenza con il sistema retributivo (misura che si espone subito a una eccezione di costituzionalità).
  67. Il Sole 24 Ore 09/08/2014, Non può perché non crescere significa distruggere imprese e benessere, moltiplicare i disoccupati, rendere insostenibile il debito, violare i patti europei, avviarsi al commissariamento ufficiale Ue, visto che l'uscita dall'euro sarebbe un disastro ancora maggiore dei mali da curare. Che non sono incurabili.
  68. IPE 10/07/2014, They said Italy should think about comprehensive welfare reform to avoid “intergenerational conflict”, which would include further changes in the first pillar system and stimulate growth in the second pillar.
  69. La Repubblica 26/09/2014, Peraltro lo studio del MEF che nel 2013 giunge a tali conclusioni si basa su una crescita del PIL reale dell'1,5% annuo che è forse un po' troppo ottimistica
  70. Sentenza Cassazione sez. Lavoro Civile n. 17892 del 1/4/2014, pag. 9 E' una norma a carattere innovativo che, in particolare, sostituisce il principio del pro-rata ...
  71. Formiche.net 23/08/2014, A saper scrutare in filigrana il dibattito sul ‘’contributo di solidarietà’’ sulle pensioni ‘’retributive’’ mediante il loro ricalcolo col metodo contributivo, non si trovano solo esigenze di ‘’fare cassa’’, ma i prodromi di un conflitto intergenerazionale, in quanto le nuove generazioni non sono più disponibili a sobbarcarsi – in conseguenza del sistema di finanziamento a ripartizione (le pensioni in vigore sono ‘’pagate’’ attraverso i contributi riscossi, in contemporaneità, dagli attivi) – oneri consistenti sui loro magri redditi per sostenere trattamenti – erogati agli attuali pensionati - che loro, al momento della quiescenza, non riusciranno neppure ad immaginare. È una battaglia questa che si combatte sulla linea Maginot dei cosiddetti diritti acquisiti. Un fronte destinato prima o poi ad essere aggirato e a cadere.
  72. Formiche.net 23/08/2014, A saper scrutare in filigrana il dibattito sul ‘’contributo di solidarietà’’ sulle pensioni ‘’retributive’’ mediante il loro ricalcolo col metodo contributivo, non si trovano solo esigenze di ‘’fare cassa’’, ma i prodromi di un conflitto intergenerazionale, in quanto le nuove generazioni non sono più disponibili a sobbarcarsi – in conseguenza del sistema di finanziamento a ripartizione (le pensioni in vigore sono ‘’pagate’’ attraverso i contributi riscossi, in contemporaneità, dagli attivi) – oneri consistenti sui loro magri redditi per sostenere trattamenti – erogati agli attuali pensionati - che loro, al momento della quiescenza, non riusciranno neppure ad immaginare. È una battaglia questa che si combatte sulla linea Maginot dei cosiddetti diritti acquisiti. Un fronte destinato prima o poi ad essere aggirato e a cadere.
  73. Panorama 11/08/2014, La prima è un taglio agli assegni superiori ai 3 mila euro mensili, ricalcolando l’intera vita lavorativa in funzione dei contributi effettivamente versati per chi è andato in quiescenza con il sistema retributivo (misura che si espone subito a una eccezione di costituzionalità). ... Arrivano poi la riduzione delle pensioni di reversibilità (si ipotizza una sola a persona) e l’abolizione dei baby pensionamenti.
  74. Il Foglio 21/08/2014, La mitologia del “diritto acquisito”
  75. HuffingtonPost 19/08/2014, Fornero:"Qui non si tratta di tassare, ma di prendere una eccedenza"
  76. Il Sole 24 Ore 13/08/2014, Le Casse dei professionisti non possono tagliare le pensioni attese senza rispettare il principio del “pro rata”, ovvero senza considerare quanto maturato fino a quel momento. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza 17892/2014 depositata ieri
  77. Il Foglio 19/08/2014, O forse perché è ancora fresca la sentenza 116/2013 con cui la Corte Costituzionale ha cancellato il contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro introdotto nell’estate 2011 dal governo Berlusconi e poi confermato dal governo Monti? Sta di fatto che oggi anche gli “incomprimibili” non possono dirsi del tutto sereni.
  78. InSerbia 14/08/2014, Serbia: Government to reduce pensions by 20 percent
  79. Il Corriere della Sera 18/08/2014, Gutgeld è un ex manager di punta della società di consulenza McKinsey ed è naturale quindi che nella sua formazione economico-culturale prevalga un’impostazione di tipo illuministico, sorprende caso mai che Renzi, attentissimo al consenso popolare, la faccia propria. -o- Se invece alla fine a dominare la comunicazione dovesse essere ancora una volta la parola «tasse» saremmo punto e a capo.
  80. Linkiesta 14/08/2014, Quando c'è da prendere provvedimenti impopolari, che avrebbero un costo elevato in termini di consenso o che, quantomeno renderebbero palese quanto scadente è stata la qualità di chi ha governato in precedenza, perché non cedere, temporaneamente, la sovranità a un tecnico, che faccia il lavoro sporco e assolva al ruolo di parafulmine nei confronti della rabbia popolare?
  81. Linkiesta 14/08/2014, Esaurito il potenziale del tecnico parafulmine lo stadio successivo è quello del vincolo esterno: la tua politica economica non è credibile? La soluzione è prendere in prestito la credibilità da chi se l'è costituita nel tempo ed entrare in un club come quello dell'euro. All'inizio magari può anche funzionare [7], però poi i nodi vengono al pettine e ci presentano il conto[8].
  82. Il Manifesto 11/08/2014, Cir cola impe tuo sa mente l’ipotesi di un nuovo inter vento sulle pen sioni. Non una riforma che toc chi per l’ennesima volta quelle future, però: lì la spu gna è già stata striz zata sino all’ultima goc cia. Piut to sto quelle già ero gate, con si de rate troppo esose per ché misu rate con l’obsoleto sistema retri bu tivo invece che con tri bu tivo. In sol doni, un taglio delle pen sioni «troppo» alte, incluse natu ral mente quelle di rever si bi lità a par tire dai 3mila euro lordi.
  83. Treccani Assestamenti della riforma pensionistica e dintorni, a) La dichiarata incostituzionalità della improvvida manovra realizzata nel 2011 a più riprese con il contributo di perequazione lascia intatte le conseguenze di un passato, oramai decisamente superato quanto a capacità genetica di nuovi diritti, che ancora si proietta negativamente nella prospettiva generazionale propria del sistema pensionistico, grazie alla proiezione temporale di non pochi trattamenti ancora correlati alle ultime retribuzioni, e frequentemente, secondo criteri spesso variamente squilibranti, che, proprio per la loro variegatezza, non sono facilmente suscettibili dell’adozione di unica soluzione effettivamente correttiva a fini perequativi.
  84. Huffington Post 19/08/2014, Siamo il primo bancomat d'Europa nella previdenza. Abbiamo una quota spesa pensionistica di circa 50 miliardi non coperta da contributi versati.
  85. Il Sole 24 Ore 19/08/2014, In alternativa si potrebbe pensare a una stretta più generalizzata sui trattamenti già in corso di erogazione e calcolati secondo il metodo retributivo o misto.
  86. Firenze Post 19/08/2014,  L`Inps ha già elaborato un modello per ricalcolare l`importo con il metodo contributivo per i pensionati del settore privato, mentre qualche problema potrebbe sorgere per quelli del pubblico impiego, nel quale i contributi nel passato non venivano sostanzialmente versati.
  87. La Stampa 18/08/2014, L’ipotesi Gutgeld: taglio del 10% e blocco della rivalutazione sopra 3.500 euro
  88. Libero Quotidiano 18/08/2014, Ma adesso, sempre dal ministero del Lavoro, arriva una doccia fredda per milioni di pensionati: la soglia potrebbe abbassarsi fino a 2 mila euro.
  89. Il Sole 24 Ore 19/08/2014, prestito pensionistico sulla falsariga della "proposta Giovannini"
  90. Firenze Post 19/08/2014, A questi lavoratori dovrebbe essere concesso, dopo i due anni di indennità di disoccupazione, un assegno di circa 750 euro al mese per il periodo necessario a maturare i requisiti per la pensione di vecchiaia. Una volta in pensione il lavoratore restituirebbe a rate quello che è di fatto un anticipo della pensione. Insomma una sorta di prestito previdenziale.
  91. Firenze Post 19/08/2014, è allo studio il raffreddamento dei meccanismi di adeguamento automatico delle pensioni al costo della vita, che potrebbe diventare rilevante una volta che l`inflazione dovesse ritornare sul target europeo del 2 per cento.
  92. Il Corriere della Sera 21/08/2014, Pensioni con il metodo retributivo: 2015 86,9%; 2025 65,8%; 2035 36,3%
  93. Il Corriere della Sera 12/08/2014, «L’Ice assorbirà dunque 19 dipendenti a tempo indeterminato di Buonitalia che furono assunti a chiamata diretta! Invece noi, che l’unica chiamata diretta l’abbiamo avuta per presentarci al concorso, durato quasi due anni, con 17 mila partecipanti, una prova preselettiva, due scritte, una orale, all’Ice non abbiamo ancora messo piede». Ma al loro fianco quei giovani non hanno nessuna lobby. Solo il viceministro allo Sviluppo, Carlo Calenda, che quei 19 scandalosi passaggi all’Ice si rifiuta di autorizzarli.)
  94. AGI 18/08/2014, Il segretario Salvini ha fatto poi sapere a Bossi di non poter più garantirgli i 400 mila euro, ma solo 200mila. Ma cio' che avrebbe mandato su tutte le furie il fondatore del movimento sarebbe stato l'annuncio pubblico che il 10 ottobre, prima udienza contro i familiari del Senatur, la Lega si sarebbe costituita parte lesa.
  95. Il Messaggero 12/08/2014, «Netti mi arrivano 6.800 euro. Ma tenga conto che non ci pagano più il permesso della ztl, non ci sono altri soldi per la segreteria, se mi sposto nel Lazio lo faccio con la mia macchina a mie spese».Cangemi, 6.800 euro al mese.«Prima ne guadagnavano 12 mila».)
  96. Formiche 11/09/2014
  97. Il Sole 24 Ore 28/09/2014, «Potremmo mettere il Tfr mensilmente in busta paga», ha dichiarato il premier, «è complicato ma, se trovassimo il modo di dare liquidità alle piccole e medie imprese»

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