Il conflitto pensionistico/Principio della discriminazione monetaria

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Per principio della discriminazione monetaria, nell'ordinamento italiano consiste nella facoltà concessa sia agli enti privati che pubblici che gestiscono il risparmio dei cittadini di trattare in modo diverso la remunerazione dello stesso senza che al cittadino sia data la possibilità di accedere al mercato del denaro più favorevole.

Ciò avviene in quanto il mercato del denaro è segmentato e non tutti possono accedere liberamente ad esso.

Ciò avviene nel sistema creditizio in Italia con la segmentazione del mercato dei capitali grazie alla applicazione di norme creano innumerevoli casistiche in base alle quali il principio costituzionale della tutela del risparmio previsto nell'art. 47 della Costituzione Italiana è applicato secondo il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, ma non l'uguaglianza della legge nei confronti del cittadino.

Nell'art. 3 le discriminazioni sono vietate per il sesso, la razza, la lingua, le opinioni politiche, condizioni personali e sociali ma l'esistenza di una normativa creditizia differenziata è comunque possibile implementando di fatto il principio della discriminazione monetaria.

Ad esempio, nel caso della previdenza sociale, i risparmi vengono obbligatoriamente conferiti ad alcuni enti senza la possibilità di farli gestire a quelli che si ritiene siano più efficienti negando la portabilità del risparmio previdenziale.

In alcuni casi tale obbligo si basa sulla possibilità teorica di partecipazione democratica alla gestione dell'ente quando nella realtà o è vietata nel caso di cancellazione o è svolta sull'asimmetria informativa che di fatto la rende impraticabile.


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