Il conflitto pensionistico/Sentenza Corte Costituzionale 7 2017

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Il conflitto pensionistico

Sentenza 7-2017 Corte Costituzionale

Analisi critica della sentenza n. 7/2017 della Corte Costituzionale[modifica | modifica sorgente]

La lettura delle motivazioni della sentenza sono un bestiario del diritto della previdenza sociale, del diritto costituzionale nonché di economia pubblica, scienze attuariali, gestione dei sistemi pensionistici.

Uno dei punti critici riguarda i riferimenti alle leggi ed alle sentenze della stessa Corte Costituzionale come se il diritto fosse una scienza naturale con i postulati irrevocabilmente definiti nello spazio e nel tempo.

La legge di Newton, anche se aggiornata successivamente, da 500 anni descrive il moto dei pianeti.

Le leggi del nostro ordinamento molto spesso non durano più di una settimana.

Le sentenze, anche quelle della Corte Costituzionale, dovrebbero basarsi sulle leggi vigenti in quel momento storico, che siano ordinarie o Costituzionali.

La riforma Monti del sistema pensionistico pubblico basandosi sulla riforma della Costituzione agli articoli 81 e 97 ha rivoluzionato il sistema pensionistico vigente ma i cambiamenti introdotti nell'art. 97 vengono totalmente ignorati nella sentenza.

Nella prima parte "Ritenuto in fatto" si descrive i passaggi che hanno portato al giudizio di costituzionalità, con le conclusioni del giudice, della avvocatura di Stato e della Cassa dei Dottori Commercialisti CNPADC.

In questa sezione le casse si dilettano nella costruzione della verità e il governo in parte cade nella trappola.

Nella seconda parte "Considerato in diritto" vi sono le motivazioni fondate su inesistenti modalità di gestione finanziaria dei sistemi pensionistici.

Le conclusioni sono paradossali.

Art. 8 D.L. 95/2012[modifica | modifica sorgente]

DECRETO-LEGGE 6 luglio 2012, n. 95

Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini ((nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario)).

(12G0117) (GU n.156 del 6-7-2012 - Suppl. Ordinario n. 141 )

Art. 8. Riduzione della spesa degli enti pubblici non territoriali

1. Al fine di conseguire gli obiettivi di razionalizzazione e contenimento della spesa per l'acquisto di beni e servizi, e di riduzione della spesa pubblica, gli enti pubblici non territoriali adottano ogni iniziativa affinche':

a) in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 4 del decreto legge n. 78 del 2010, siano utilizzate le carte elettroniche istituzionali, per favorire ulteriore efficienza nei pagamenti e nei rimborsi a cittadini e utenti;

b) nel caso di incorporazione di enti, sia realizzato un unico sistema informatico per tutte le attivita' anche degli enti soppressi, in termini di infrastruttura hardware ed applicativi funzionali, sotto la responsabilita' organizzativa e funzionale di un'unica struttura;

c) siano immediatamente razionalizzate e ridotte le comunicazioni cartacee verso gli utenti legate all'espletamento dell'attivita' istituzionale, con conseguente riduzione, entro l'anno 2013, delle relative spese per un importo pari almeno al 50 per cento delle spese sostenute nel 2011, in ragione delle nuove modalita' operative connesse allo sviluppo della telematizzazione della domanda e del progressivo aumento dell'erogazione di servizi online,

d) siano ridotte le spese di telefonia mobile e fissa attraverso una razionalizzazione dei contratti in essere ed una diminuzione del numero degli apparati telefonici;

e) siano razionalizzati nel settore pubblico allargato i canali di collaborazione istituzionale, in modo tale che lo scambio dati avvenga esclusivamente a titolo gratuito e non oneroso;

f) sia razionalizzato il proprio patrimonio immobiliare strumentale mediante l'attivazione immediata di iniziative di ottimizzazione degli spazi da avviare sull'intero territorio nazionale che prevedano l'accorpamento del personale in forza nei vari uffici territoriali ubicati nel medesimo comune e la riduzione degli uffici stessi, in relazione ai criteri della domanda potenziale, della prossimita' all'utenza e delle innovate modalita' operative connesse all'aumento dell'informatizzazione dei servizi,

g) si proceda progressivamente alla dematerializzazione degli atti, riducendo la produzione e conservazione dei documenti cartacei al fine di generare risparmi connessi alla gestione della carta pari almeno al 30 per cento dei costi di conservazione sostenuti nel 2011.

2. L'INPS, in aggiunta a quanto previsto dal comma 1, dovra' provvedere:

a) alla creazione, entro il 2014, di una piattaforma unica degli incassi e dei pagamenti che consenta di minimizzare il costo dei servizi finanziari di incasso e pagamento;

b) ad una revisione qualitativa e quantitativa dei livelli di servizio contenuti nelle convenzioni e nei contratti con i Centri di Assistenza Fiscale, anche in relazione alle nuove modalita' operative connesse allo sviluppo della telematizzazione della domanda e alla multicanalita' di accesso ai servizi con riduzione di almeno il 20 per cento dei costi sostenuti nel 2011;

c) dovra' prevedere il conferimento al fondo di investimento immobiliare ad apporto del proprio patrimonio immobiliare da reddito, con l'obiettivo di perseguire una maggiore efficacia operativa ed una maggiore efficienza economica e pervenire alla completa dismissione del patrimonio nel rispetto dei vincoli di legge ad esso applicabili.

3. Ferme restando le misure di contenimento della spesa gia' previste dalle vigenti disposizioni, al fine di assicurare la riduzione delle spese per consumi intermedi, i trasferimenti dal bilancio dello Stato agli enti e agli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, inseriti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuati dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 30 dicembre 2009, n. 196, nonche' le autorita' indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le societa' e la borsa (Consob) con esclusione delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano, degli enti locali, degli enti del servizio sanitario nazionale, e delle universita' e degli enti di ricerca di cui all'allegato n. 3, sono ridotti in misura pari al 5 per cento nell'anno 2012 e al 10 per cento a decorrere dall'anno 2013 della spesa sostenuta per consumi intermedi nell'anno 2010.

Nel caso in cui per effetto delle operazioni di gestione la predetta riduzione non fosse possibile, per gli enti interessati si applica la disposizione di cui ai periodi successivi.

Gli enti e gli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, che non ricevono trasferimenti dal bilancio dello Stato adottano interventi di razionalizzazione per la riduzione della spesa per consumi intermedi in modo da assicurare risparmi corrispondenti alle misure indicate nel periodo precedente;

le somme derivanti da tale riduzione sono versate annualmente ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato entro il 30 giugno di ciascun anno.

Per l'anno 2012 il versamento avviene entro il 30 settembre.

Il presente comma non si applica agli enti e organismi vigilati dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali. 4. Per gli enti di ricerca indicati nell'allegato n. 3, si applicano le riduzioni dei trasferimenti dal bilancio dello Stato ivi indicate. Nel caso in cui per effetto delle operazioni di gestione la predetta riduzione non fosse possibile, per gli enti interessati si applica quanto previsto dal precedente comma 3.

La sentenza[modifica | modifica sorgente]

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 3, decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, nella parte in cui prevede che le somme derivanti dalle riduzioni di spesa ivi previste siano versate annualmente dalla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per i dottori commercialisti ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 novembre 2016.

Quindi di tutto l'articolato, la parte illegittima sarebbe soltanto:

le somme derivanti da tale riduzione sono versate annualmente ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato entro il 30 giugno di ciascun anno.

Gli effetti della sentenza sono una palese discriminazione nei confronti degli enti pubblici che si vedono ridotti definitivamente i trasferimenti da parte dello Stato mentre chi si autofinanzia riscuotendo direttamente le imposte, migliorano l'efficienza della spesa pubblica e mantengono i risparmi nel loro patrimonio netto aumentando quindi la patrimonializzazione e non partecipando ai sacrifici imposti a tutti gli altri enti pubblici.

Commento alla legge[modifica | modifica sorgente]

La legge è chiarissima, si tratta di adottare delle misure di risparmio da parte di alcuni enti pubblici volte a conseguire una economicità ed una maggiore efficienza della gestione di alcune attività al fine di ridurre la spesa pubblica.

Negli articoli si evince che le amministrazioni pubbliche debbono conseguire delle riduzioni di spesa e nel caso di quelle che sono finanziate direttamente con i trasferimenti dello Stato, questi verranno ridotti alla fonte del 5% inizialmente e del 10% a regime.

Nel caso delle amministrazioni pubbliche che si finanziano da se con l'imposizione fiscale diretta, la equivalente riduzione dovrebbe ritornare al bilancio dello Stato.

Vediamo come un ragionamento così semplice e lineare viene alterato durante il corso di un giudizio.

Ricorso al TAR Lazio[modifica | modifica sorgente]

Sentenza TAR Lazio n. 06103/2013 del 22 maggio 2013

Ricorso al Consiglio di Stato[modifica | modifica sorgente]

Sentenza Consiglio di Stato n. 02756/2015 del 4/6/2015

Ritenuto in fatto[modifica | modifica sorgente]

1[modifica | modifica sorgente]

1. Motivazioni del Consiglio di Stato


Considerato in diritto[modifica | modifica sorgente]

4.2[modifica | modifica sorgente]

Sentenza 7-2017 Corte Costituzionale#4.2.

Leggendo la sentenza della Corte Costituzionale n. 7/2017, solo chi ha digerito totalmente il libbrone (Il conflitto pensionistico) nella parte specifica della spoliazione legale riesce a comprendere l'importanza dei capitoli sulla costruzione della verità e soprattutto quello sulla spoliazione del pensiero.

Ora è chiaro che senza queste sovrastrutture come la Corte Costituzionale o il Consiglio di Stato che dispensano vere e proprie invenzioni giuridiche prive di riscontro con la realtà e soprattutto con la Costituzione, la spoliazione legale non potrebbe esistere.

Anche la crisi economica quindi nasce dai vertici delle istituzioni che permettono alle amministrazioni pubbliche poco virtuose di cimentarsi per decenni in pratiche di spoliazione legale.

Il punto più fantasioso della sentenza della Corte Costituzionale n. 7/2017 è appunto nella definizione del sistema pensionistico pubblico a redistribuzione dei tributi quale è quello di tutte le casse che hanno un funding ratio bassissimo in un sistema pensionistico a capitalizzazione integrale.

Qui siamo di fronte a considerazioni più che ridicole, altro che le sentenze della Corte Costituzionale si applicano e non si criticano.

La colpa di tutto ciò è nei professori universitari che ignorano la Costituzione e, con il loro silenzio, permettono l'affermarsi di "costruzioni della verità" funzionali alla spoliazione legale.

Da una parte ho gli articoli della cassa dei ragionieri che si lamenta delle pensioni paghi uno e prendi otto e qui abbiamo la Corte Costituzionale che ci fa credere che ognuno riprende il suo.

Da una parte abbiamo la COVIP che sta scoprendo gli altarini delle casse chiedendo la pubblicazione dei funding ratio (che dovrebbero essere intorno al 25%) e qui la Corte Costituzionale che ci fa credere che il sistema è fully funded (100%).

l'estratto della sentenza 7/2017 con i punti inesistenti

"4.2.– Sotto il profilo del buon andamento di cui all’art. 97 Cost., non può essere ignorato che la riforma della CNPADC, avvenuta in attuazione del portato normativo del d.lgs. n. 509 del 1994, è ispirata dall’esigenza di percorrere una strada alternativa di tipo mutualistico rispetto alla soluzione «generalista» della previdenza dei dipendenti pubblici rappresentata dal sistema INPDAP, ora accorpato all’INPS. (In realtà la riforma del 1994 non aveva alterato nulla del sistema pensionistico a redistribuzione dei tributi previgente).

Tale alternativa consiste sostanzialmente nell’autonomia finanziaria comportante l’assoluto divieto di contribuzione da parte dello Stato, (la legge delega non parla di divieto di contributi ma di finanziamento e non si riferisce al Decreto Legislativo attuativo 509/1994 ma alle condizioni per la privatizzazione) nonché la ricerca di equilibri di lungo periodo sul piano previdenziale (la 509/1994 non prevedeva l'equilibrio di lungo periodo e quando è stato introdotto nel 2007 il bilancio tecnico a 15 anni sono emerse critiche fortissime), finanziario ed economico.

In definitiva, si tratta di un sistema progettato e finalizzato all’equilibrio di lungo periodo (ora riportato a 30 anni ma dal punto di vista previdenziale non ha senso) di cui è connotato sintomatico «la previsione di una riserva legale, al fine di assicurare la continuità nell’erogazione delle prestazioni, in misura non inferiore a cinque annualità dell’importo delle pensioni in essere. Ferme restando le riserve tecniche esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, all’eventuale adeguamento di esse si provvede, nella fase di prima applicazione, mediante accantonamenti pari ad una annualità per ogni biennio» (art. 1, comma 4, lettera c, della legge n. 509 del 1994). (Un sistema fully funded a regime stazionario prevede un patrimonio di previdenza di circa 20-25 volte le entrate contributive annuali).

In tale contesto, le spese di gestione della CNPADC devono essere ispirate alla logica del massimo contenimento e della massima efficienza, dal momento che il finanziamento di tale attività strumentale grava sulle contribuzioni degli iscritti, cosicché ogni spesa eccedente al necessario finisce per incidere negativamente sul sinallagma macroeconomico tra contribuzioni e prestazioni.

Secondo tale prospettiva – come già rilevato – le misure di contenimento della spesa per i beni intermedi stabilite dall’art. 8, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 sono utili non solo ad assicurare pro quota la partecipazione della Cassa al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, ma anche a preservare da un’eccessiva espansione della spesa corrente una parte delle risorse naturalmente destinate alle prestazioni previdenziali, salvaguardando il buon andamento dell’ente in conformità agli obiettivi della riforma del 1994.

Se la prima parte dell’art. 1, comma 3, appare, dunque, un efficace strumento di coordinamento della finanza pubblica, la seconda parte – nel destinare detto risparmio all’Erario – collide anche con l’art. 97 Cost., in quanto sottrae alla CNPADC risorse intrinsecamente destinate alla previdenza degli iscritti.

E, nel caso di specie, non è tanto l’entità del prelievo – peraltro esiguo in rapporto alla dimensione delle entrate dello Stato – a determinare la non conformità a Costituzione, quanto l’astratta configurazione della norma, che aggredisce, sotto l’aspetto strutturale, la correlazione contributi-prestazioni, (se esistesse la correlazione non ci sarebbero la pensioni paghi uno e prendi otto dei ragionieri) nell’ambito della quale si articola «la naturale missione» della CNPADC di preservare l’autosufficienza del proprio sistema previdenziale."

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Il conflitto pensionistico

Bibliografia[modifica | modifica sorgente]

Sentenza Consiglio di Stato n. 02756/2015 del 4/6/2015

Sentenza TAR Lazio n. 06103/2013 del 22 maggio 2013

Casse di Previdenza: illegittimo il prelievo forzoso previsto dalla spending review



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