La dignità al di sopra di tutto

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La dignità è al di sopra di tutto.

  1. Il primo bene di un popolo è la sua dignità;
  2. L’uomo in quanto persona è il fondamento ed il fine della società;
  3. La dignità umana ha la stessa forma e materia della giustizia;
  4. La dignità umana come radice di tutti i diritti fondamentali non è suscettibile di bilanciamento con nessun diritto fondamentale singolare;
  5. La dignità umana si pone al di sopra degli ordinamenti giuridici, dei sistemi politici, delle dottrine morali, poiché questi traggono da essa la loro giustificazione ultima. (cit. Avv. Ulisse Silvio)

La Carta Costituzionale della Repubblica Italiana, riconosce ed afferma la “pari dignità sociale” dei cittadini, prima ancora di prescrivere che essi devono essere eguali.

Quindi tutte le leggi del nostro ordinamento devono rispettare i principi sopra enunciati altrimenti non vanno soltanto contro la Carta Costituzionale ma contro il rispetto della dignità umana.

Approvare leggi che calpestano la dignità è un atto contro l'umanità e quindi un crimine.

Tuttavia, la garanzia della dignità non è mai stata usata come un “valore” che possa trovarsi da solo sulla bilancia per essere ponderato con il valore di un altro diritto fondamentale, questo “perché la dignità umana come radice di tutti i diritti fondamentali non è suscettibile di bilanciamento con nessun diritto fondamentale singolare.”

Chiunque ritiene viceversa che una situazione soggettiva tutelata come diritto fondamentale sia da “relativizzare” e debba subire delle limitazioni in virtù di altri valori costituzionali deve viceversa dimostrare che questa situazione non abbia alcun legame con la dignità umana.

Il legislatore è quindi libero di risolvere collisioni tra diritti fondamentali e ritoccare gli equilibri, ma deve tenere fare i conti con il “peso” della dignità che farà sempre pendere la bilancia in una direzione.

E' significativo che l’unica occorrenza del sintagma « dignita' umana » nella Costituzione italiana sia nel secondo comma dell’art. 41, in cui essa e' configurata proprio come un limite all’iniziativa economica privata.

Il libro sulla base di questi principi affronta l'ordinamento in materia pensionistica individuando due filoni ossia le leggi che rispettano e tutelano la dignità umana e quelle che la violano palesemente ossia le leggi di spoliazione legale.

Criteri morali ed etica[modifica | modifica sorgente]

Se i criteri morali sono il frutto della cultura o di una religione, l'etica è la trasposizione nella realtà di tali criteri.

Se per il credente i criteri morali sono legati al senso della vita, per altri sono il risultato di culture e tradizioni.

Mentre per il credente i principi morali sono il fondamento e il comportamento etico il fine dell'esistenza, per altri può essere che non vi sia tale dogma e la prassi modelli nel tempo i riferimenti morali.

I riferimenti morali sono legati alla dignità della persona.

Se la prassi modella i criteri morali, può arrivare a ledere la dignità.

Questo è quello che accade se il diritto che è anche economia, viene applicato violando i principi costituzionali e quindi la prassi legislativa ordinaria si afferma ignorando la Costituzione.

I fini ed i limiti della potestà legislativa[modifica | modifica sorgente]

Molte volte ci chiediamo della potestà legislativa dello Stato, pensando alle materie regolate senza chiederci perché lo Stato si è arrogato questo potere.

Si è detto che lo Stato acquisisce con il contratto sociale tra i suoi cittadini tale potere legislativo ma in base a quali fini e quali limiti?

Lo Stato in alcuni casi tende a soddisfare gli interessi dei singoli con altre modalità che possono essere riassunte nell'interesse pubblico, ossia per mezzo del diritto pubblico. Sono i casi ove i risultati che si raggiungerebbero con il diritto privato sarebbero o insoddisfacenti o impossibili da conseguire come nel caso del fallimento del mercato.

La Carta Costituzionale nella prima parte ha un valore programmatico, rappresenta cioè l'obiettivo a cui dovrebbero tendere le leggi da sviluppare nel tempo.

Sono i diritti fondamentali che si dovrebbe tendere a tutelare per tutelare la persona.

Ma per alcuni la Costituzione è fatta per essere ignorata, e la parte che si può ignorare è appunto quella programmatica ossia della tutela dei diritti fondamentali.

Ecco quindi che nascono le leggi incostituzionali, non per incompetenza o ignoranza ma con il semplice obiettivo di regolare delle materie in modo difforme da quanto previsto dalla parte programmatica.

Ci sono dei casi di legislazione ove la violazione supera i principi programmatici e comprendono aspetti della persona umana che non sono e non possono essere indicati nella Carta Costituzionale.

Ma questa lesione della dignità supera ogni comma, ogni virgola della Carta e rappresentano i limiti che non possono essere superati dal potere legislativo.

Chi esercita il potere legislativo assume la veste criminale di oppressore in quanto lo Stato e solo lui ha il potere di far applicare le sue leggi con la forza.

L'individuazione del bene comune nella Costituzione[modifica | modifica sorgente]

L'art. 2 della Costituzione italiana stabilisce che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”; diritti che, dunque, sono in un regime di indisponibilità da parte del potere, in quanto considerati alla stregua di porzioni costitutive di una dimensione irrinunciabile.

Se ne deduce, così, che il termine ultimo dell'attribuzione di questi diritti inviolabili non è l'uomo inteso in senso astratto ed atomistico, come titolare individuale di una relazione esclusiva con il potere pubblico, bensì “la persona”, e come tale immersa in una rete di relazioni, di esperienze e di bisogni che contribuiscono a connotarne la concretezza e la realtà, e che, pertanto, proprio per questo partecipano al carattere della indisponibilità predetta.

Ed invero nella Repubblica Italiana, il “fine ultimo” dell'organizzazione sociale consiste, indiscutibilmente, proprio nello “ sviluppo di ogni singola persona umana” (così ad esempio Corte cost., sent. n. 167/1999; è il c.d. principio personalista), e ciò, lo ripetiamo, anche quando tale sviluppo avviene nelle formazioni sociali in cui si articola la società: sicché anche tali comunità o gruppi o associazioni genericamente indicate nell’articolo, in quanto contribuiscono proprio al raggiungimento di questa finalità, da un lato meritano tutela e promozione, dall'altro sono pur esse obbligate a rispettare i diritti inviolabili di ogni singolo individuo. E tra quei diritti, senz'altro, si possono annoverare anche tutte quelle pretese variamente definite che sono semplicemente strumentali al raggiungimento degli obiettivi positivi di emancipazione che, non per pura casualità, la costituzione altrettanto enuncia.

Con semplicità possiamo dire che questi diritti e bisogni-pretese strumentali o funzionali, obbligano il potere ad esprimersi in senso ragionevolmente conforme, sia per fornire soddisfazione concreta ad una istanza specifica, sia per tessere quelle condizioni di carattere materiale e morale senza le quali sarebbe del tutto frustrato anche il godimento dei diritti di libertà in senso proprio. L'art. 2 Cost., infatti, che introduce qui un principio “strutturale” dell'ordinamento repubblicano si propone di riconoscere, garantire e promuovere un “ adeguato spazio di libera determinazione per ciascun individuo e, soprattutto, di consentire che sia l'individuo ad esprimersi ed a “ dire ” allo Stato quale sia la propria identità (e per la tal ragione, ed evidentemente non a caso, che questo esposto si apre con un “Io”).

Ne consegue che neppure il legislatore, ordinario o costituzionale che sia, può limitare o annullare la tutela offerta da alcuni diritti, poiché essi, proprio perché posti a giustificazione del nuovo assetto repubblicano e delle sue finalità complessive, rientrano nel novero di quei “principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale”.

Assicurare l'uguaglianza sostanziale significa proprio intervenire per eliminare o modificare le condizioni di effettiva diseguaglianza che affliggono “singole persone” o “intere categorie sociali”, assicurando agli elementi deboli della comunità i necessari strumenti per realizzare gli obiettivi individuati dalla Costituzione. (avv. Silvio Ulisse)

La nozione di bene comune[modifica | modifica sorgente]

Senza avere una nozione, una definizione, una condivisione del significato di bene comune, non è possibile parlare di Stato, Costituzione, contratto sociale, beni pubblici, interesse pubblico ed interesse privato.

Se il bene individuale è il raggiungimento dell'interesse del singolo con l'assunzione di obbligazioni da parte dello stesso soggetto, il bene comune consiste nel raggiungimento dell'interesse del singolo con l'assunzione di obbligazioni da parte della collettività.

Per questo il bene comune si raggiunge con i tributi e non esiste un rapporto sinallagmatico tra tributi e servizi pubblici individuali.

Il bene comune è la sintesi di tutti i concetti espressi, il punto di equilibrio tra tutti gli interessi e quindi il fondamento dello Stato.

Il bene comune deve comprendere anche il bene del singolo cittadino altrimenti non è più il bene comune ma il bene della maggioranza.

Il singolo cittadino può non essere soddisfatto del punto di equilibrio trovato e delle penalizzazioni che ritiene che lo riguardino, ma se il punto di equilibrio è accettato significa che il contratto sociale è ancora sostenibile socialmente.

L'interesse privato è nel diritto privato la persecuzione del bene del singolo secondo azioni che dipendono dalla sua volontà.

L'interesse pubblico nel diritto pubblico è la persecuzione del bene del singolo secondo azioni che non dipendono dalla sua volontà.

I beni comuni sono beni il cui l'uso e la gestione è regolata nell'interesse pubblico.

Si tende spesso a confondere il bene pubblico con la solidarietà e la redistribuzione dei tributi.

Come se i ricchi pagano dei servizi ai poveri. Se così fosse, lo Stato sarebbe uno strumento di elemosina ai meno fortunati.

Ma ciò toglierebbe dignità sia ai cittadini che ricevono il servizio pubblico che allo Stato.

Il gettito fiscale, al momento della raccolta, non è legato al singolo servizio per il quale si pensa di pagare, ma è legato alla capacità contributiva ossia ad un reddito o ad un patrimonio.

Ma un reddito o un patrimonio, generato in uno spazio fisico, amministrativo, gestito da uno Stato, come paga tutte le spese per la produzione del reddito, così paga, attraverso i tributi, l'utilizzo di tali risorse.

Quindi nell'utilizzo di tali risorse lo Stato si attiene solo al bene comune ossia alla creazione, al miglioramento, alla gestione degli aspetti collettivi che mantengono l'ambiente economico, politico e sociale in cui si produce il reddito e si mantiene il patrimonio.

Il bene comune è il fine unico della esistenza dello Stato e dovrebbe consistere nella tutela della dignità di ogni singolo cittadino con la difesa dell'interesse privato, dell'interesse pubblico e dei beni comuni.

Dall'analisi di queste definizioni si evince la differenza tra lo Stato sociale e lo Stato condominio.

Un condominio tutela la proprietà del singolo e ripartisce gli oneri in base al valore della proprietà, lo Stato sociale non tutela la proprietà ma la dignità della persona umana e questa non si valuta.

Così come un condominio ripartisce le spese di pulizia delle scale in base alla percorrenza, lo Stato se decide di servire tutti i cittadini con una adeguata viabilità lo fa a prescindere dai costi per il singolo, valutando la realizzazione di opere ove vi è il fallimento del mercato a tutela dei diritti fondamentali della persona.

La scelta che va oltre il mercato[modifica | modifica sorgente]

Un elemento distintivo del bene comune rispetto al bene individuale è che spesso esso viene individuato ove vi è il fallimento del mercato.

Nel caso di bene individuale, es. una strada privata, valuto il costo di mercato per la realizzazione, la confronto con le risorse individuali, valuto i benefici e ne decido la realizzazione.

Nel caso di fallimento del mercato, significa che o un singolo privato non ha le risorse economiche per affrontare tale impresa o che se anche le avesse, i benefici che potrebbe avere non danno una remunerazione a tutti i fattori della produzione coinvolti.

L'esistenza dello Stato dimostra che una moltitudine di attività possono essere svolte solo se esse non sono affidate al libero mercato.

L'entità della spesa pubblica è valutata come percentuale sul PIL ed essa viene coperta con le imposte valutate quale rapporto tra il gettito fiscale sul PIL. L'eventuale differenza è coperta dal debito pubblico.

Nei paesi sviluppati si va da un 25% degli USA ad un 48% della Danimarca.

Questi dati non sono immediatamente confrontabili in quanto ci sono alcune spese es. sanità e previdenza sociale pubblica che possono essere totalmente o parzialmente escluse dal perimetro dello Stato a seconda delle scelte politiche.

Il confronto tra l'attrattività di un paese per un imprenditore, va fatto sul lavoro costo totale del lavoro e non solo sulle aliquote fiscali.

Potrei avere basse aliquote fiscali ma un elevato costo del lavoro se i sindacati si fanno pagare anche una quota corrispondente ai mancati contributi previdenziali obbligatori che saranno utilizzati dagli stessi nei fondi pensionistici privati.

Stessa cosa per una eventuale assicurazione sanitaria.

Vediamo quindi che il funzionamento dello Stato per assicurare il bene comune costa da un minimo del 25% del PIL fino ad un 50% del PIL ed in mezzo abbiamo un range di possibili interventi che essenzialmente riguardano i servizi pubblici ad erogazione individuale (sanità, istruzione, previdenza sociale) che appunto da soli valgono solo in Italia il 30% del PIL.

Esempi di bene comune[modifica | modifica sorgente]

Il principio delle imposte[modifica | modifica sorgente]

Art. 53 della Costituzione "Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività."

Tre sono i principi contenuti nell'articolo:

  1. Le imposte servono per le spese pubbliche;
  2. Tutti sono tenuti a concorrere in base alla capacità contributiva;
  3. Il sistema tributario segue criteri di tassazione progressiva.

La prima osservazione, è che non si accenna ad alcuna corrispondenza tra imposte e servizio pubblico.

Così come per i contributi previdenziali obbligatori non esiste un rapporto sinallagmatico di corrispettività con la pensione, stessa cosa è per tutte le altre imposte e le spese pubbliche.

Questo principio è fondamentale per confutare la logica mercantilistica dello Stato come mero fornitore di servizi. Non si concorre in base all'uso del servizio ma in base alla capacità contributiva.

Un servizio pubblico che viene stabilito in base al bene comune per tutelare la dignità della persona non può essere prezzato in quanto sviluppato con regole fuori dal mercato e spesso in spazi economici dove si ha il fallimento del mercato.

Qual'è quindi il principio per la determinazione dei tributi se non quello dell' "uso" dei servizi pubblici? E' quello della capacità contributiva.

Questo principio dovrebbe far capire la differenza tra uno Stato condominio ed uno Stato sociale.

Nello Stato condominio, le spese si ripartiscono in base all'uso dei servizi offerti dal condominio, nello Stato sociale la spesa pubblica si ripartisce in base alla capacità contributiva che si manifesta in molti modi.

Non dipende quindi dal reddito prodotto ma dall'avere una disponibilità economica in una situazione normata.

Quale è quindi il significato dello Stato come bene comune? Lo Stato esiste prima del cittadino e dopo del cittadino ed il cittadino partecipa al clima economico sociale che lo Stato ha determinato prima che nascesse fino alla sua scomparsa, non perché esso fornisce una serie di servizi mirati ad hoc, bensì perché permette al cittadino di sviluppare liberamente la sua azione in uno spazio protetto, civilizzato, con la garanzia della tutela dei diritti civili, economici, sociali.

Ad esempio la tassazione dell'impresa raggiunge cifre elevate che l'impresa non compensa con servizi specifici ma solo ricollegando la sua azione con la possibilità di muoversi in uno spazio nazionale ove attinge a una manodopera istruita e ad un mercato composto da una popolazione che in uno spazio tutelato riesce ad accrescere la sua ricchezza ed a progredire.

Uno dei modi più facili per comprendere la mancanza di collegamento tra imposte e servizi pubblici è la normativa stessa ove molte volte si evince che il finanziamento avviene attraverso l'imposizione fiscale a soggetti che nulla hanno a che vedere con chi usufruisce dei servizi.

La ragione della imposizione fiscale[modifica | modifica sorgente]

Se non viene tassato l'uso dei servizi pubblici, ci si chiede quale è il principio con cui lo Stato impone le imposte.

Abbiamo detto che è legato alla capacità contributiva. Cosa significa avere una capacità contributiva? Ci sono diversi tipi di imposte, dirette, indirette, contributi previdenziali che nell'insieme coprono la quasi totalità del gettito fiscale.

Nel caso delle imposte dirette esse tassano la produzione del reddito reale o standardizzato.

Elenco imposte dirette ed in conto capitale

Nel caso delle imposte indirette esse tassano prevalentemente i consumi.

Elenco delle imposte indirette

Sintesi dei conti aggregati delle Amministrazioni Pubbliche

Qual'è quindi il significato di tassare una ricchezza, o in sede di produzione del reddito, o nella fase di consumo di un bene, o nella fase del passaggio della proprietà es. successione, trasferimento, o il pagamento di un premio?

Il significato è che senza lo Stato, senza la sua organizzazione, senza il livello di benessere, di istruzione, di sanità, garantito dallo Stato ai suoi cittadini, questa ricchezza non potrebbe essere prodotta, detenuta, scambiata, conservata.

In sintesi il servizio pubblico che lo Stato si fa remunerare non è quello nella fase di utilizzo del servizio pubblico in sé visto come corrispettivo, che non può essere in quanto non vi è corrispondenza ma il servizio pubblico generale che permette la produzione, conservazione, utilizzo del reddito o di un bene.

Se non ci fosse l'azione dello Stato che organizza e gestisce i beni pubblici materiali ed immateriali, che eroga i servizi pubblici per il benessere dei suoi cittadini, lo spazio economico-sociale ove agisce il cittadino, l'impresa o l'ente e lo Stato stesso, non potrebbe esistere e senza di esso non sarebbe possibile la creazione di quel livello di reddito o la conservazione di quel patrimonio.

Quindi quando un ricco si sente penalizzato in quanto i servizi sociali che utilizza sono infinitamente inferiori alle tasse che paga, fa una valutazione errata dei servizi pubblici che utilizza.

Quando si produce un bene, l'impresa fa il bilancio tra i ricavi ed i costi e tra i costi mette tutti i fattori della produzione, manodopera, materie prime, energia ecc.

Ma nella produzione di quel bene non mette il costo della realizzazione e manutenzione delle strade, della sicurezza generale, dell'esercito che difende le frontiere dello Stato, l'ammortamento dei costi per l'istruzione dei dipendenti, il costo per la sanità pubblica per non permettere la diffusione di epidemie o i costi per la conservazione della natura e del paesaggio se magari agisce nel campo del turismo.

Le imposte sono quindi un costo per la produzione del reddito o il mantenimento del patrimonio.

Lo Stato attua politiche demografiche, di redistribuzione dei redditi nelle situazioni di bisogno che vanno a vantaggio di chi produce reddito e che per questo ritiene di svolgere la sua azione in un paese.

Diverso è il concetto di concorrenza fiscale e concorrenza salariale che porta a far sviluppare dei settori industriali in specifici paesi.

Situazione sempre esistita e che sempre esisterà, esacerbata dall'avvento della globalizzazione ossia dalla apertura dei mercati.

Il caso dei sistemi pensionistici[modifica | modifica sorgente]

Con la introduzione del metodo di calcolo contributivo, si potrebbe pensare che nel caso dei contributi sociali o previdenziali obbligatori, ci sia un rapporto diretto tra contributi e pensione e quindi che lo Stato di fatto sia niente di più che una banca virtuale che senza patrimonio trasferisce una ricchezza nel tempo.

Cioè che lo Stato riesca a fare senza patrimonio quello che è obbligatorio per i fondi pensione ossia il trasferimento nel tempo di una ricchezza tramite il patrimonio che in aggiunta viene anche gestito.

La realtà è ben diversa, i contributi previdenziali insieme ad altri trasferimenti dello Stato, comprensivi del debito pubblico, vengono usati per pagare le pensioni correnti che non hanno alcun legame con i contributi versati e quindi servono per trasferire il reddito prodotto nello stesso esercizio economico, tra cittadini appartenenti a diverse situazioni sociali.

L'importo della pensione di Stato è stabilito da una legge dello Stato e non dal patrimonio.

E lo Stato non può garantire né l'insieme dei contributi versati né la loro gestione in quanto in ogni momento le pensioni saranno erogate esclusivamente in base al gettito fiscale totale ed al costo del debito e degli altri servizi pubblici.

Se per ragioni demografiche si dovesse avere un dimezzamento della popolazione e per ragioni economiche si dovesse dimezzare il PIL pro-capite, le pensioni non potranno che diventare un quarto, senza considerare gli altri costi dello Stato.

Per questo motivo il sistema pensionistico pubblico può essere visto soltanto come uno strumento dello Stato per fare delle politiche di redistribuzione dei redditi basate sul bene comune, come hanno ben dimostrato anche tutti i report della Banca d'Italia, sulla riduzione del reddito dei giovani negli ultimi 20 anni rispetto ai pensionati.

Lo Stato diventa quindi lo strumento per la lotta di classe dove le classi sono rispettivamente i lavoratori attivi ed i pensionati con altre distinzioni all'interno di queste classi.

L'azione dello Stato[modifica | modifica sorgente]

L'azione dello Stato è quindi quella di perseguire il bene comune giustificando le leggi che impone per il raggiungimento dell'interesse pubblico.

La distribuzione della ricchezza non è uniforme e questa distribuzione si crea con il mercato ma è influenzata anche dalla azione dello Stato.

Se il gettito tributario arriva al 44% del PIL e la spesa pubblica arriva al 50% del PIL creando quindi debito pubblico, lo Stato diviene il soggetto principale nella redistribuzione del reddito.

L'Italia ha l'indice di Gini degli USA, nazione con uno stato leggero a livello di tassazione, quindi più soggetto alle derive del libero mercato in termini di redistribuzione dei redditi, ma ha il livello di tassazione pari a quello delle nazioni del nord Europa ove l'indice di Gini è nettamente inferiore.

Ecco quindi che se non si fanno delle politiche corrette, se le imposte sono una spesa per la produzione del reddito e la spesa pubblica crea reddito alle élite, allora significa che lo Stato amplificando la concentrazione della ricchezza significa che socializza i costi e privatizza gli utili.

Azione che sarà spiegata ampiamente con la tecnica della spoliazione legale.

Il mito della solidarietà dello Stato[modifica | modifica sorgente]

Secondo Ettore Gotti Tedeschi nel suo panphlet intitolato In affari vince Caino l'uomo ha bisogno di tre alimentazioni: materiale, intellettuale, spirituale.

Ognuno tenderebbe al solo bene individuale se non venisse ammessa la superiorità del bene comune fondata sul riconoscimento che l'uomo ha bisogno delle tre alimentazioni.

Da queste tre scaturirebbe il concetto di solidarietà che sarebbe quindi alla base della azione dello Stato quale distributore di bene comune.

Questa idea scaturisce dalla religione cattolica che difende la proprietà privata ma cerca di relativizzarne l'importanza della stessa sulla persona in modo che possa essere uno strumento per aiutare gli altri, considera i meno fortunati, di fatto, come poi predicano che non dovrebbe essere, ossia degli scarti ossia dei pesi da sostenere.

Secondo il mio punto di vista, l'azione dello Stato si basa su presupposti completamente diversi, come è anche verificabile nella realtà.

Se si parte dal concetto di solidarietà, significa che qualcuno deve essere privato con i tributi di un reddito o di un patrimonio senza ricevere nulla.

Ma lo Stato, che crea un ambiente politico, economico, sociale, al prezzo di indebitarsi esso stesso, non ha un prezzo?

Senza le infrastrutture fisiche, senza il capitale umano, senza le risorse giuridiche amministrative, sarebbe possibile creare o possedere quel patrimonio?

Avete mai visto l'accumulazione di patrimonio in uno Stato fallito?.

Perché gli avvocati o i dottori sono inesistenti nel deserto?

Dove ci sono epidemie di ebola ci sono i turisti?

Anche dove si è insediato da poco tempo lo Stato islamico immediatamente vengono raccolti i tributi.

Il solo fatto di gestire un conflitto, fa parte del bene comune e non di un istinto di solidarietà.

Lo Stato ha quindi come fine il bene comune che non significa in alcun modo solidarietà, ma il raggiungimento di particolari risultati socio economici che vengono imposti con servizi pubblici e opere pubbliche.

Il mito della solidarietà è talmente falso che ad esempio nel sistema pensionistico pubblico, si parla di problemi di sostenibilità per la redistribuzione regressiva dei tributi verso i più abbienti.

La restituzione di pensioni che valgono 12 volte i contributi versati, denunciata dal presidente della Cassa di previdenza sociale dei ragionieri sono un esempio di "solidarietà" dello Stato.

Ci si chiede come deve essere considerato l'intervento dello Stato nel caso ad es. di calamità naturale come un'alluvione o un sisma.

Quello è uno dei casi di individuazione del bene comune ossia di come tutelare tutti i cittadini da questo rischio aleatorio.

Anziché fare stipulare ad ogni singolo cittadino una polizza assicurativa contro tali rischi, essa viene assunta dallo Stato che ha la capacità finanziaria di gestire questo "risarcimento" del danno in modo diverso rispetto al classico modello assicurativo privato.

In questo modo lo Stato crea quel clima di garanzia politica, economico, sociale, culturale che permette il normale svolgimento della attività tutelando i suoi cittadini da rischi aleatori.

Anche la sanità pubblica rientra in questo schema di gestione del bene comune. La sanità del singolo cittadino viene affrontata come un bene comune ove il cittadino non viene lasciato solo a fronte della malattia.

L'assurdo confronto dei liberisti[modifica | modifica sorgente]

I liberisti propugnano lo Stato leggero, con l'individuo responsabilizzato nei suoi bisogni di servizi.

Ad esempio per la sanità, secondo il liberista ognuno si paga la polizza individuale, stessa cosa per la istruzione.

Il liberista, così facendo, indica come si dovrebbero abbassare le tasse su chi produce reddito o su chi ha i patrimoni in quanto quelli che erano bene comune diventano bene individuale.

Ma quando il liberista ha bisogno di altri beni individuali quali la sua sicurezza, le strade e le altre infrastrutture per i beni che produce, in quel caso, richiede che siano trattati come bene comune.

Quindi se uno va a piedi e l'altro trasporta 100 tonnellate di beni al giorno, chi è che deve pagare per la manutenzione delle infrastrutture?

Ne consegue che il liberista tende a togliere dalle competenze dello Stato tutti i servizi pubblici su base individuale per ovvie ragioni.

La contrapposizione Stato mercato[modifica | modifica sorgente]

Nelle sue attività lo Stato gestisce sempre secondo i principi della contabilità finanziaria, mentre il privato gestisce le sue attività secondo i principi della contabilità economico patrimoniale.

I privati agiscono nel libero mercato, regolato da norme di diritto privato, che prevedono il fallimento degli operatori.

Lo Stato ed i suoi enti agiscono al di fuori del mercato, secondo leggi di diritto pubblico e non è previsto il fallimento degli enti ma la loro eventuale messa in liquidazione.

I fondi pensione agiscono nel libero mercato e sarebbero il cosiddetto terzo pilastro della previdenza.

L'INPS e gli altri enti pubblici gestiscono forme obbligatorie di previdenza con la riscossione delle imposte, altri trasferimenti e la corresponsione della pensione di Stato secondo leggi di diritto pubblico e sarebbe il primo pilastro della previdenza.

Nel mondo esiste infine quello che viene chiamato il secondo pilastro della previdenza dove la raccolta obbligatoria dei contributi previdenziali, quindi con le caratteristiche proprie di una imposta, viene gestita da società di diritto privato previo accumulo e gestione patrimoniale con la possibilità di casi particolari che in parte rientrano né nel diritto privato ed in parte nel diritto pubblico creando i presupposti della spoliazione legale.

In alcuni casi il sistema pensionistico è DB, in altri casi DC ossia a contributi definiti.

Nel dibattito tali operatori sono definiti professionali, ma in realtà hanno nel caso DB le stesse caratteristiche dei sistemi pensionistici pubblici di primo pilastro con la differenza che il patrimonio raccolto con le imposte viene trasformato in capitale di rischio come se si agisse nel diritto privato.

In alcuni casi si ha di fatto la creazione di un fondo sovrano ossia costituito da gettito fiscale gestito in forma privatistica.

Il reato dell'élite[modifica | modifica sorgente]

La violazione della legge si configura come un reato o un illecito amministrativo.

Nel caso di un contratto la violazione di un obbligo si configura come una responsabilità civile e il risarcimento del danno.

Esiste un caso particolare, dove la violazione di una normativa, causando quindi dei danni o ad una popolazione o danneggiando la dignità della persona singola anche creandogli dei danni patrimoniali, non viene sanzionata.

E' appunto un caso particolare riservato ad una ristretta élite che abita la "Casa della spoliazione legale" ossia il Parlamento.

A volte le stesse leggi che vengono dichiarate illegittime, sono state firmate dallo stesso presidente della Repubblica.

Il reato consiste nella approvazione di leggi illegittime costituzionalmente.

I responsabili dello stupro della Costituzione creano la legalità illegittima e non vengono mai sanzionati ma anzi, il più delle volte, vivono nelle agiatezze e negli onori pubblici.

A dire il vero, è una situazione che si ripete dalla notte dei tempi ossia da quando sono state scritte le prime leggi.

Marco Porcio Catone

« I ladri di beni privati passano la vita in carcere e in catene, quelli di beni pubblici nelle ricchezze e negli onori »
(Marco Porcio Catone, citato in Aulo Gellio, Notti attiche, XI, 18, 18)

La legge che può essere impunemente violata da questa élite è appunto la Costituzione e nel nostro caso la Costituzione della Repubblica Italiana.

Se un avvocato insulta un suo collega è passibile delle sanzioni del codice deontologico.

Se un avvocato vota una legge incostituzionale che, imponendo una tassazione regressiva, obbliga un giovane avvocato a chiudere il suo studio e a restare disoccupato, non solo non subisce alcuna sanzione, ma gode sia degli onori della carica di parlamentare, degli emolumenti previsti per essa ed eventualmente anche del fatto di avere una concorrenza ridotta nella sua professione.

Quando si avverasse il caso, dopo una lunga procedura giudiziaria, di vedersi dichiarare incostituzionale una legge (e ho trovato un record di permanenza di una legge incostituzionale di 106 anni) non è che si va a vedere i danni che sono stati causati da essa e chi li ha subiti.

Si cancella la norma solo per l'avvenire e per li passato, "chi ha avuto ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato ha dato, scordamoce o passato semmo e Napuli paisà".

La dignità nella storia[modifica | modifica sorgente]

Uno degli esempi secondo me più chiari e comprensibili di cosa significa difendere la propria dignità nei confronti dello Stato è dato dalla signora Rosa Parks.

Se pensate che tutto si è svolto dopo la seconda guerra mondiale negli Stati Uniti, con una delle costituzioni più vecchie del mondo ed ancora più considerate e rispettate, si comprende come l'élite preferisca che non si parli in modo scientifico della spoliazione legale, di come si preferisca che le leggi per combatterla siano il più possibile inefficaci, di come l'essere umano non possa vivere di solo pane ossia della sola soddisfazione dei bisogni fisici basilari ma abbia bisogno che sia tutelato nella sua dignità di persona ossia intellettualmente e spiritualmente.

La doppia morale mercantilista[modifica | modifica sorgente]

Analizziamo alcune situazioni pratiche ove le élite vogliono il libero mercato, ma solo per gli altri.

Il prestito dipende da chi lo fa[modifica | modifica sorgente]

Quando un semplice lavoratore va a chiedere un prestito in banca per costruirsi una casa, deve fornire delle garanzie reali ossia ipotecare un bene che può essere la stessa abitazione.

La banca quindi quando presta i soldi ha sempre idonee garanzie e la sua azione consiste nel rendere liquido quello che ha come garanzia solida.

I crediti incagliati delle banche nei confronti delle famiglie, rappresentano l'uno per cento in quanto le garanzie sono sempre abbastanza solvibili.

Non è la stessa cosa quando le banche vendono dei titoli di debito come possono essere le obbligazioni.

In questo caso, essendo un "prodotto finanziario" la responsabilità della valutazione del rischio ricade nell'acquirente che non ha garanzie e può perdere tutto nel caso non tanto di errate valutazioni ma di documentazione informativa palesemente falsa.

Il tutto senza considerare che nel paese della più bassa istruzione finanziaria abbiamo il più elevato numero di investitori retail che superano la verifica del MiFID.

Alterazione della libera concorrenza[modifica | modifica sorgente]

Abbiamo il caso delle banche che non possono ricevere aiuti di Stato, nonostante si possono creare "crisi di sistema". In passato si procedeva con la nazionalizzazione delle stesse.

Ora si vuole procedere con il bail-in ed il Fondo Atlante. Ma i fondi sovrani, quali sono le casse di previdenza dei liberi professionisti, trasformano regolarmente i tributi in capitale di rischio e si appropriano sul mercato di azioni, quindi della proprietà delle aziende, di fatto privatizzandole ossia fornendo un Aiuto di Stato.

Mentre negli USA la Social Security investe solo in titoli di Stato trentennali, di fatto operando una partita di giro nel bilancio dello Stato, in molti paesi, come il Giappone, ma anche in Italia con le casse dei liberi professionisti si interviene nel mercato alterando la libera concorrenza.

Come può un piccolo imprenditore competere con un fondo sovrano? Per le banche si vieta l'intervento, ma per altre aziende come Enel o Finmeccanica, tale intervento nel capitale è gradito.

Ma se non create crisi di sistema, ossia siete ad es. un PMI o un agricoltore che deve vendere il suo grano al prezzo della borsa merci influenzata da Cicago pensate che in caso di difficoltà lo Stato viene a salvarvi?

Naturalmente se siete un libero professionista avrete che Pierluigi Bersani vi introduce nella libera concorrenza senza tariffe minime, mentre se siete Monte dei Paschi di Siena allora lo Stato si preoccupa di fare il prezzo degli NPL con il patrimonio delle loro casse di previdenza sociale, naturalmente se quello di mercato non vi piace.

Da queste osservazioni si evince come avviene quindi la segmentazione del mercato dei capitali e la doppia morale mercantilistica.

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