Patto intergenerazionale

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Il patto intergenerazionale,[1] nel campo dei sistemi pensionistici pubblici a redistribuzione di tributi, è un modo di dire in uso nel campo universitario per spiegare i principi ipotetici su cui si dovrebbero basare tali sistemi pensionistici pubblici.

Tale astrazione presuppone l'esistenza di una obbligazione delle generazioni successive a pagare le pensioni correnti sapendo che le generazioni successive faranno altrettanto, sulla base della garanzia dell'esistenza dello Stato, visto che in tali sistemi non c'è accumulo dei contributi previdenziali che vengono versati agli enti previdenziali impositori.

L'ignoranza della Costituzione Italiana alla radice del mito del patto intergenerazionale[modifica | modifica sorgente]

La definizione di patto intergenerazionale si basa sull'ignoranza della Costituzione italiana che è il fondamento del contratto sociale tra cittadino e Stato e specificatamente nel campo della previdenza sociale pubblica sull'ignoranza della teoria costituzionale nel diritto della previdenza sociale.

Infatti, non volendo riconoscere tale teoria, quelle che sono delle semplici spese correnti primarie per le pensioni, iscritte nel bilancio dello Stato o di pubbliche amministrazioni, finanziate con l'imposizione fiscale corrente, diventa un contratto virtuale tra generazioni.

Ma tutte le spese dello Stato sono un contratto tra generazioni, anche se nessuno si sogna di dire che, ad esempio, la spesa per l'istruzione è un patto intergenerazionale.

Il disconoscimento della funzione dello Stato nel campo della previdenza sociale, relegandolo a garante del patto intergenerazionale, penalizza il dibattito politico sia sulla tenuta sociale che economica del sistema.

La degenerazione dei sistemi pensionistici pubblici a redistribuzione dei tributi rientra invece nel tradimento generazionale.

La mancanza dei presupposti del patto intergenerazionale[modifica | modifica sorgente]

Dire patto significa fare un contratto ove a fronte di una obbligazione si ottengono delle prestazioni. Nel campo dei sistemi pensionistici pubblici a redistribuzione dei tributi, non essendoci un patrimonio di previdenza a garanzia delle obbligazioni, lo Stato attraverso gli enti previdenziali non può garantire la certezza delle prestazioni previdenziali che erogherà, quindi non può esistere un patto o contratto se non sono definibili le prestazioni.

Anche i soggetti non sono certi in quanto il contratto sarebbe fatto con persone non nate delle quali non si conosce neanche il numero ed ancora meno i redditi che avranno.

In Italia, nei venti anni successivi all'approvazione della riforma delle pensioni Dini sono state approvate circa 30 riforme del sistema pensionistico pubblico che hanno virtualmente modificato i termini del contratto su cui 20 anni fa le generazioni si erano "accordate".

Dal patto intergenerazionale alla sostenibilità fiscale e sociale dei sistemi pensionistici pubblici[modifica | modifica sorgente]

La completa insussistenza del patto che dovrebbe reggere i sistemi pensionistici pubblici ci fa chiedere allora su quali presupposti sono fondati?

Essi sono nati per la tutela della sicurezza sociale poi rinominata protezione sociale.

Con la nascita della società industriale, la concentrazione nelle città degli operai, lo sfaldamento della famiglia contadina si è presentato il problema del sostentamento degli operai dopo che non erano più utili in fabbrica.

Prima i vecchi erano accuditi in famiglia ma in città non esisteva più questo sistema di tutela.

Dopo le prime sommosse, lo Stato ha istituito le prime forme di assicurazione dove chi lavorava pagava un premio con il quale venivano erogati dei sussidi ai lavoratori anziani. Una volta arrivato alla fase di quiescenza lo stesso sussidio sarebbe spettato al lavoratore che ha contribuito.

Ma il sistema sia finanziariamente che operativamente, non essendoci la capitalizzazione dei contributi si basa sulla sostenibilità fiscale e sociale delle erogazioni correnti.

Ciò significa che fin quando il costo complessivo delle pensioni erogate è una aliquota sopportabile del monte dei salari dei lavoratori, il sistema è sostenibile altrimenti o si riduce l'importo complessivo delle pensioni erogate o si aumenta ancora l'aliquota contributiva pensionistica di finanziamento dei lavoratori fino a trovare un altro equilibrio sostenibile.

Se l'economia cresce, aumentano le risorse disponibili per il sistema pensionistico pubblico ma, se l'economia si contrae come è accaduto in Italia con al crisi del 2007, è stato necessario ridurre sia l'importo delle pensioni che il numero a fronte di altri aumenti dei contributi.

La sostenibilità va quindi valutata tra le generazioni correnti, non tra le generazioni non nate.

Il patto intergenerazionale, se proprio si vuole usare la terminologia, è quello tra le coorti correnti e consiste nel garantire un livello accettabile di servizi pubblici, tra cui il servizio pubblico pensioni, a fronte di una aliquota fiscale totale che sia accettabile socialmente ed economicamente.

Tale equilibrio va visto nell'ottica complessiva del bilancio dello Stato e della somministrazione di tutti i servizi pubblici.

Anche il termine equità intergenerazionale, va visto non nell'ottica dell'equivalenza delle pensioni in periodi successivi, che come visto è impossibile da garantire per molteplici ragioni ma nell'equilibrio economico tra le varie componenti della società.

Note[modifica | modifica sorgente]

  1. Senza pensioni, pag. XIV - Sono equilibri molto delicati quelli su cui poggia il patto intergenerazionale, che dà vita ai sistemi a ripartizione

Bibliografia[modifica | modifica sorgente]

  • Mattia Persiani, Diritto della previdenza sociale, 19ª ed., Padova, CEDAM, 2012, ISBN 978-88-13-33206-8.

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