Pino Cabras

Da const.


2022 07 08[modifica | modifica sorgente]

PROPOSTA DI LEGGE DI #ALTERNATIVA PER FERMARE GLI SPRECHI E LE SPECULAZIONI DELLE CASSE PREVIDENZIALI.

“Oltre che un convegno, ci sarebbe da fare uno spettacolo teatrale che racconti con una serie di esempi le assurdità incredibili e i cinismi che hanno picconato la previdenza e il potere d’acquisto di milioni di persone. E non è un caso che tutta la vicenda sia nata circa trent’anni fa. Questo è un trentennio in cui si è favorita una certa privatizzazione in nome di un’ideale neoliberista che dovrebbe aumentare l’efficienza, ma che in realtà ha seguito logiche particolaristiche. Tutte le 19 Casse di Previdenza sono storie di privati che diventano una cappa rispetto al dinamismo, quindi protezione di interessi particolaristici, a danno sia di lavoratori che pensavano di aver affidato a una dimensione più protetta i propri risparmi e la propria previdenza, sia delle generazioni successive

Il danno è stato fatto soprattutto alle nuove generazioni: tante professioni, che erano luoghi di prestigio del lavoro in Italia, sono via via degenerate, diventando luoghi di insicurezza, di non indipendenza. Un giornalista che si trova all’interno di un meccanismo in cui non ha un buon salario diretto (né tantomeno uno differito) si trova a essere infinitamente ricattabile ed esposto a questi risanamenti dei buchi del bilancio che vengono fatti in cambio di una chiusura di queste piccole caste che si sono formate nelle Casse di Previdenza (e che vorranno perpetuare la loro condizione)

Io sono convinto che intimamente molti di questi gestori, che dovrebbero avere delle competenze e delle qualità finanziarie notevoli, pensino anche di essere dei benefattori, che meritano quindi il loro ruolo perché se lo sono conquistato. Questo sistema è davvero difficile da scardinare se non si interviene pesantemente in modo univoco con la legge: quello che è mancato in questi trent’anni è proprio la legge. Tutto questo si accompagna a una caduta dei salari in Italia rispetto agli altri Paesi dell’Unione europea, ma se andiamo a vedere il salario differito (quindi la previdenza), siamo di fronte a una catastrofe. Servono universalità, trasparenza, tutela degli iscritti, solvibilità e sobrietà: siamo in una situazione di classica decadenza dei costumi, scene che potrebbero essere descritte da Marziale o altri autori latini”.

Qui per leggere la #PDL 👇🏼 https://tinyurl.com/4kbdtmsx

Alternativa 20190812

BORGHI E IL CAMBIAMENTO TRADITO. Interessante la lettura della crisi di governo presentata dal leghista Claudio Borghi, presidente della commissione Bilancio della Camera dei Deputati. Borghi analizza la struttura del governo uscente identificando una componente che non tutti riconoscono, ma che conta assai: ossia il cosiddetto “Terzo Partito”, che io definisco come la corrente palese dello Stato Profondo, mentre Borghi la definisce come “i tecnici pro-Merkel”, fra cui lui include – ingenerosamente - persino Il presidente del Consiglio dei ministri, Conte. Mentre io non vedo affatto Giuseppe Conte come espressione del Terzo Partito, bensì come un mediatore abilissimo che ha ricondotto al suo ruolo istituzionale una delle fasi più complesse della storia repubblicana, fino a risultare un’indispensabile interfaccia fra parti diversissime, un negoziatore capace che toglie parecchie pietre d’inciampo a tutti e guadagna perciò una popolarità elevatissima. Ma torniamo a Borghi. L’economista afferma di aver avuto molti più problemi col “Terzo Partito” che con il M5S. Infatti del Terzo Partito dice peste e corna: «Ho visto cose pessime nella gestione di costoro di temi cruciali: dal MES, alle riserve auree, alle tasse, al deficit. Cose che ho sempre passato (quasi) sotto silenzio per senso di squadra e perché speravo di poterle alla fine cambiare anche grazie alla parte "buona" (che c'è) del M5S.» Qui siamo al cuore della cosa che ha sostenuto davvero il “governo del cambiamento”: due forze politiche molto diverse, sollevate da una marea di voti senza precedenti, erano accomunate dalla spinta a cambiare le regole del gioco economico sin lì gestito per anni dall’Europa ‘austeritaria’, ed erano in qualche modo unite dall’intento di liberarsi dall’ingombrante tutela del Terzo Partito che aveva il controllo di alcuni ministeri chiave. Ricordo in proposito un mio incontro con Borghi a inizio 2019. Volevo parlargli dei Certificati di Compensazione Fiscale (CCF), su cui ho poi presentato una proposta di legge. Borghi fu tiepidino rispetto alla proposta, e nel parlare quasi sottovoce del Ministero dell’Economia e delle Finanze (e della burocratica attitudine di questo a insabbiare le innovazioni), fu praticamente rinunciatario in partenza. Ero deluso, perché l’uomo mi pareva assai arrendevole rispetto ai propositi bellicosi in materia di economia che pure lo avevano portato a essere candidato ed eletto nelle fila della Lega. Oggi invece, per giustificare la crisi di governo, Borghi afferma: «Ho detto "ok, anche per me va bene staccare la spina" solo quando è stato chiaro che il M5S aveva alla fine deciso e non avrebbe mai davvero lottato contro di loro». Cioè contro i potentati immobilisti del Terzo Partito. E aggiunge: «Ho peccato di ottimismo. Mi spiace, ma quanto fatto finora è stato buono, viste le condizioni, quindi non ho rimpianti. Tutto qui.» Eh, no, non è tutto qui, caro Claudio. La narrativa non regge. Se proprio volevate scardinare le resistenze politiche e burocratiche del MEF, potevate pretendere di sloggiare Tria dal ministero, e su quello minacciare la caduta del Governo, magari non a colpi di dichiarazioni adatte solo a offrire pretesti agli speculatori finanziari. Salvini, Borghi & C. non l’hanno fatto, invece. Se la sono presa ogni giorno con Toninelli, un ministro che (guarda un po’) lavora e governa, e perciò diventa meritevole di beccarsi gli stalker che lo trattano da lavativo. Per questo motivo la storia non quadra. E intanto la spinta alle elezioni non fa partire l’importantissima commissione d’inchiesta sulle banche. Bel risultato. Salvini obbedisce ai diktat dei notabili della vecchia Lega Nord che rialza la testa e tarpa le ali ai Borghi e a quelli che vogliono bonificare l’acquitrino del Terzo Partito. Non sono certo i cinquestelle a voler impedire il cambiamento. Basta vedere chi fu il relatore della proposta di revisione costituzionale che incatenò l’Italia al pareggio di bilancio: era Giancarlo Giorgetti. Sarà con lui e Silvio Berlusconi che la Lega farà un bell’incontro i prossimi giorni, a coronamento del tradimento. Cioè con una forza fresca, giovane, classe 1936, per nulla usurata da un ciclo politico, libera da conflitti d’interessi. Con Silvio sì, che Borghi potrà sperare senza rimpianti di lottare e vincere contro le burocrazie. E magari fregiarsi del titolo di paladino della sovranità, in questo azzardo ferragostano che tradisce la speranza tutelata dal governo Conte.


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