Principio della discriminazione generazionale

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    Per principio della discriminazione generazionale, nell'ordinamento italiano ed in particolare nel diritto della previdenza sociale consiste nella possibilità di trattare in modo diverso da parte dello Stato i propri cittadini in base all'età anagrafica.

    Ciò avviene nel sistema pensionistico pubblico in Italia con la segmentazione del diritto a prestazione sociale grazie alla applicazione di norme che tutelano in modo differenziato i cittadini italiani o erogano prestazioni previdenziali differenziate in base alla data di nascita o alla età anagrafica o a differenziazioni corporative occupazionali.

    Anche nel diritto del lavoro il principio della discriminazione generazionale è applicato.

    Il principio della discriminazione generazionale nella Costituzione Italiana[modifica | modifica sorgente]

    L'art. 3 della Costituzione Italiana, stabilisce il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, ma non l'uguaglianza della legge nei confronti del cittadino.

    Le discriminazioni sono vietate per il sesso, la razza, la lingua, le opinioni politiche, ma nulla si dice riguardo all'età, pertanto è stato possibile introdurre nella riforma Dini, che è una legge di riforma economico-sociale della Repubblica Italiana, il principio della discriminazione generazionale.

    Esso trova fondamento nell'art. 1 c. 23 della stessa legge che riprendendo la tradizione normativa previgente, la esplicita definitivamente.

    In particolare si individuano generazioni di lavoratori per anzianità di iscrizione agli enti previdenziali (v. art. 1 c. 11 e art. 1 c. 12) per i quali a parità di versamenti dei contributi obbligatori, si prevedono trattamenti pensionistici sostanzialmente diversi.

    Anche la Corte Costituzionale si è pronunciata più volte in tal senso ribadendo sempre la legittimità del sistema pro-rata applicato, secondo la legge 335/1995 per gruppi di lavoratori in base all'età anagrafica o al conseguimento di particolari requisiti legati all'età anagrafica.

    La Corte ha inoltre rigettato anche i tentativi simbolici della politica di riequilibrare i sistemi previdenziali dichiarando incostituzionale il contributo di solidarietà in quanto assimilato ad una tassazione che non può essere discriminatoria, se applicata a gruppi potenzialmente o effettivamente favoriti da normative basate sul furto intergenerazionale.

    Le origini storiche[modifica | modifica sorgente]

    Il principio della discriminazione generazionale è direttamente correlato al modello previdenziale corporativo poi evoluto nel modello previdenziale corporativo fascista che è alla base del sistema pensionistico pubblico in Italia.

    Il sistema pensionistico senza patrimonio di previdenza per sua natura ha bisogno di correzioni legislative per mantenere l'equilibrio finanziario.

    Nel caso italiano basato sul modello corporativo, tale necessità è esasperata all'ennesima potenza in quanto nel tempo si sono implementate innumerevoli sistemi pensionistici con molteplici gestioni di casse previdenziali.

    In questo caso gli equilibri finanziari sono molto più precari rispetto al modello previdenziale universale, pertanto, per superare tali situazioni, nel tempo si è sempre operato legislativamente implementando normative basate sul principio della discriminazione generazionale.

    La giurisdizione sul principio della discriminazione generazionale[modifica | modifica sorgente]

    La giurisdizione italiana si è più volte pronunciata sulla applicazione del metodo di calcolo misto nella determinazione delle pensioni, ma mai è espressa sulla legittimità di tale disposizione ma anzi il principio del pro rata che attua una transizione graduale tra generazioni è valutato proprio come un principio da tutelare.

    Note[modifica | modifica sorgente]


    Bibliografia[modifica | modifica sorgente]

    • Mattia Persiani, Diritto della previdenza sociale, 19ª ed., Padova, CEDAM, 2012, ISBN 978-88-13-33206-8.

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