Proposta MGA

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Il conflitto pensionistico

Avvertenze


La proposta[modifica | modifica sorgente]

PRENDE AI POVERI PER DARE AI RICCHI: ANALISI E PROPOSTE DI M.G.A. CONTRO L'INIQUITA' DI CASSA FORENSE. ❖ ❖ ❖ ❖ ❖ MGA è l'unica associazione ad aver elaborato un programma di riforma del sistema previdenziale forense. Il nostro programma è accessibile a questo link http://www.mgaassociazioneforense.it/visualizza.asp?id1=83 Di seguito, anche in vista del prossimo tavolo tecnico con Cassa Forense e gli attuari, pubblichiamo un ulteriore approfondimento delle nostre posizioni a cura di Antonino Garifo, responsabile del dipartimento previdenza di MGA. ❖ ❖ ❖ ❖ ❖

1. Come Cassa Forense paga le pensioni[modifica | modifica sorgente]

La gran parte dei sistemi pensionistici di primo pilastro (cioè quelli obbligatori) funzionano a “ripartizione” e Cassa Forense non fa eccezione.

I sistemi pensionistici, che funzionano a ripartizione, pagano le pensioni direttamente con i contributi versati dai lavoratori attivi. Si crea così il famoso patto intergenerazionale, in quanto il finanziamento delle pensioni di ogni generazione deve essere garantito da parte delle generazioni seguenti. Ovviamente un tale sistema è esposto a rischi demografici, perché è evidente che se il numero dei pensionati continua ad aumentare, mentre il numero dei lavoratori attivi resta uguale o addirittura tende a diminuire, viene compromesso l’equilibrio finanziario dell’ente pensionistico.

Attualmente in Cassa Forense abbiamo circa 28mila pensionati e più di 200mila lavoratori attivi e quindi per ora il sistema tiene. Ma nei prossimi dieci anni gran parte degli attuali 200mila iscritti attivi cominceranno ad andare in pensione e sorgerà il problema del pagamento delle loro pensioni, problema che tenderà ad aggravarsi in ragione della flessione del tasso delle nuove iscrizioni agli albi, come registrato dalla stessa Cassa Forense nei suoi ultimi due bilanci consuntivi. Progressivamente quindi, ci saranno sempre più pensionati a cui pagare la pensione e sempre meno lavoratori attivi da cui attingere i fondi necessari per farlo.

E’ bene precisare sin d’ora che quelle pensioni non potranno essere pagata con il “patrimonio” di Cassa Forense, che secondo l’ultimo consuntivo sfiora i 10 miliardi. Il patrimonio delle Casse serve soprattutto come “riserva di garanzia” per l’eventualità in cui si debba ricorrere alla liquidazione amministrativa. In quanto in caso di default non sarà possibile il ricorso alla fiscalità generale, e questo perché il D. LGS n. 509/1994, che ha trasformato le vecchie Casse dei professionisti da enti di diritto pubblico in enti di diritto privato, non prevede alcuna forma di aiuto dello Stato e all’art. 2 comma 5 dispone che “in caso di persistenza dello stato di disavanzo economico e finanziario dopo tre anni dalla nomina del commissario, ed accertata l’impossibilità da parte dello stesso di poter provvedere al riequilibrio finanziario dell’associazione o della fondazione, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri di cui all’art. 3, comma 1, è nominato un commissario liquidatore al quale sono attribuiti i poteri previsti dalle vigenti norme in materia di liquidazione coatta, in quanto applicabili.”

Inoltre l’impossibilità di ricorrere al patrimonio per pagare le pensioni risulta evidente anche da altri dati. Secondo l’ultimo bilancio tecnico l’ammontare complessivo delle pensioni tra 13 anni arriverà a un miliardo! Con una tale spesa pensionistica basterebbero pochi anni per esaurire tutto il patrimonio. In più va considerato che le pensioni si devono pagare con soldi liquidi, mentre il patrimonio di Cassa Forense è quasi tutto immobilizzato in azioni, obbligazioni e partecipazioni in fondi d’investimento ecc. Secondo il consuntivo 2016, Cassa Forense risulta avere depositi bancari disponibili per circa 685 milioni a fronte di una spesa pensionistica che è arrivata a circa 788 milioni. Il patrimonio (o per meglio dire il rendimento del patrimonio), può essere usato, volendo un fare un paragone, alla stregua di risparmi ai quali si fa ricorso solo in caso di emergenza, quando le entrate correnti non coprano tutte le spese. Ma il ricorso ai risparmi (ovvero ai rendimenti del patrimonio) deve essere di natura contingente e di durata limitata, altrimenti alla lunga il default è assicurato. Poiché dunque il protrarsi di una spesa pensionistica superiore ai contributi previdenziali può compromettere l'equilibrio finanziario delle Casse, la famosa riforma Fornero impose alle stesse di dimostrare di avere per 50 anni il pareggio tra entrate contributive e spesa pensionistica, e in caso contrario di passare al più sostenibile sistema contributivo per il calcolo della pensione; così infatti recita l’art 24 comma 24 del dl 201/2011: ”In considerazione dell'esigenza di assicurare l'equilibrio finanziario delle rispettive gestioni in conformità alle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, gli enti e le forme gestorie di cui ai predetti decreti adottano, nell'esercizio della loro autonomia gestionale, entro e non oltre il 30 settembre 2012, misure volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni. Le delibere in materia sono sottoposte all'approvazione dei Ministeri vigilanti secondo le disposizioni di cui ai predetti decreti; essi si esprimono in modo definitivo entro trenta giorni dalla ricezione di tali delibere. Decorso il termine del 30 settembre 2012 senza l'adozione dei previsti provvedimenti, ovvero nel caso di parere negativo dei Ministeri vigilanti, si applicano, con decorrenza dal 1° gennaio 2012: a) le disposizioni di cui al comma 2 del presente articolo sull'applicazione del pro-rata agli iscritti alle relative gestioni;[1] b) un contributo di solidarietà, per gli anni 2012 e 2013, a carico dei pensionati nella misura dell'1 per cento.”

Per completezza di esposizione, si ricorda che, nonostante gli aumenti dei contributi (e la riduzione delle future pensioni), Cassa Forense non può vantare saldi previdenziali positivi per 50 anni, ed ha superato lo stress test imposto dalla riforma Fornero solo grazie alla Circolare n. 8272 del 22 maggio 2012 del Ministero del Lavoro che ha disposto che “la verifica dell'equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni, terrà conto dell'andamento tendenziale nel periodo di riferimento, potendo eventuali disavanzi annuali, comunque di natura contingente e di durata limitata, essere compensati attraverso il ricorso ai rendimenti annuali del patrimonio”.

A chi volesse obiettare che 50 anni di saldi previdenziali positivi sono troppi, si ricorda che dal 2021 i requisiti per andare in pensione sono 35 anni di contributi e 70 anni di età, dunque, considerando una aspettativa di vita media di 85 anni, i 50 anni di saldi previdenziali positivi (o tendenzialmente positivi) servono a garantire che ogni neo iscritto tra 35 anni possa avere la pensione, e che potrà goderne per almeno 15 anni, 35+15=50.

2. Come Cassa Forense determina l’importo delle pensioni[modifica | modifica sorgente]

Fatta questa imprescindibile premessa, passiamo ora a chiarire bene il sistema che usa Cassa Forense per determinare l’importo delle nostre pensioni. Come forse saprete, il sistema usato da Cassa Forense per il calcolo delle nostre pensioni viene detto retributivo. In tale sistema la pensione viene determinata in funzione dei redditi che l’individuo ha percepito durante la vita lavorativa e non c’è correlazione tra contributi versati e pensione goduta. Esattamente la pensione corrisponde ad una percentuale della media dei redditi pensionabili (cioè fino ad un certo importo) di un determinato periodo, moltiplicata per gli anni di contribuzione. Ma per meglio capire il sistema retributivo è utile un confronto con il sistema contributivo. Come dovrebbe essere noto, nel sistema contributivo la pensione è determinata in base al montante contributivo. I contributi versati vengono capitalizzati a un tasso di rendimento fissato per legge e affinché il sistema sia sostenibile tale tasso di rendimento coincide con un indicatore macroeconomico (come il tasso di crescita del PIL o dei salari), perché così si può riconoscere ai contributi versati un tasso di rendimento adeguato alla situazione economica e al prevedibile gettito contributivo. Il montante contributivo così ricapitalizzato viene poi trasformato in rendita pensionistica moltiplicandolo per un coefficiente numerico che sulla base dell’aspettativa di vita del pensionato rende possibile restituire tutto il montante contributivo attraverso i ratei della pensione. Nel coefficiente di trasformazione è incorporato anche un tasso d’interesse. Si fa conto infatti che poiché il montante contributivo viene restituito a poco alla volta, nel frattempo esso generi un tasso d’interesse (in Italia fissato all’1,5%) che va ad aumentare i ratei pensionistici. Ne risulta quindi che in un sistema contributivo l’ente pensionistico funziona come una banca virtuale, che a fine carriera lavorativa restituisce ai propri correntisti quanto hanno versato maggiorato di un tasso d’interesse esplicito e uguale per tutti. Per tale motivo il sistema contributivo realizza quella che viene chiamata in linguaggio tecnico “equità attuariale o assicurativa”. Invece nel sistema retributivo l’ente pensionistico riconosce interessi non espliciti e diversi per ciascun lavoratore, perché come detto la pensione è in funzione dei redditi percepiti e della loro media. Il rendimento dei contributi sarà necessariamente condizionato dal tipo di carriera. Quindi i contributi previdenziali di ciascuno “renderanno” in termini di pensione in modo diverso, perciò in questo sistema manca l’equità attuariale. Tale mancanza di equità attuariale esplode con coloro che si attestano sui minimi contributivi. Affinché sia evidente la mancanza di equità attuariale, si pensi all’ipotesi di due soggetti che in un determinato anno abbiano reddito zero e siano obbligati a versare dei contributi minimi, ma uno si trova in un sistema contributivo e l’altro in un sistema retributivo. Al soggetto che si trova in un sistema contributivo i suoi contributi minimi renderanno esattamente l’importo degli stessi maggiorati del tasso di rendimento fissato per legge, invece al soggetto che si trova nel sistema retributivo i suoi contributi minimi per quell’anno renderanno zero, perché una qualsiasi percentuale di zero è sempre zero.

3. Le criticità dell’attuale sistema.[modifica | modifica sorgente]

Ma leggendo ciò a qualcuno potrebbe sorgere una domanda: perché allora è stato adottato il sistema retributivo se contiene tali iniquità? Per il semplice motivo che, in tempi in cui il rischio demografico e occupazionale non è incombente, il sistema retributivo permette all’ente pensionistico di dare di più a tutti. Non essendo le pensioni collegate ai contributi, l’ente pensionistico può far pagare pochi contributi e riconoscere delle buone pensioni o delle pensioni convenienti rispetto ai contributi versati. In una tale situazione le iniquità del sistema rimangono latenti, perché comunque tutti hanno di più e nessuno si lamenta se qualcuno riceve più di altri. Le iniquità del sistema vengono a galla quando invece il rischio demografico e occupazionale incombe minaccioso sulla stabilità dell’ente, che in tal caso tende ad aumentare la contribuzione. L’aumento dei contributi in un sistema contributivo non è un comodo modo di aumentare le entrate, perché comporta in futuro l’aumento della spesa pensionistica; invece in un sistema retributivo l’ente pensionistico può aumentare la contribuzione, senza aumentare la futura spesa pensionistica, perché manca il collegamento tra contributi versati e futura pensione. Sempre in virtù di tale mancanza di collegamento tra contributi e pensione, l’ente pensionistico in un sistema retributivo può fare anche di più, può infatti aumentare i contributi e contemporaneamente ridurre le pensioni future. Cassa Forense dal 1995 ad oggi non ha solo aumentato i contributi ma ha anche ridotto le future pensioni, sebbene i contribuenti iscritti si sono accorti solo dell’aumento dei contributi. La riduzione della pensione è avvenuta anzitutto aumentando il periodo dei redditi di cui bisogna fare la media. Infatti non è la stessa cosa fare la percentuale della media dei redditi degli ultimi 15 anni di professione (escludendo i peggiori 5 anni), come era previsto un tempo, e fare la percentuale della media di tutti i redditi, compresi quelli più bassi dei primi anni della professione, come previsto ora. Altro modo in cui è stata ridotta la pensione è il cambiamento della percentuale della media dei redditi per ogni anno di contribuzione, usata per il calcolo della pensione. In passato c’erano diverse percentuali per scaglioni di reddito[2], in modo da favorire i redditi più bassi, ora invece la percentuale è unica. In un sistema retributivo la riduzione della pensione è anche un aumento mascherato dei contributi, perché è una svalutazione del loro rendimento. Ma ora passiamo a mostrare un esempio concreto di come attualmente vengono calcolate le pensioni in Cassa Forense. Ipotizziamo un reddito medio annuo che rientri nei minimi, cioè € 15.000; calcoliamo allora la percentuale di reddito medio attualmente riconosciuta per ogni anno di contribuzione ( e cioè 1,4%) e abbiamo così € 210 (l ‘1,4% di 15.000), moltiplichiamo 210 per gli anni di contribuzione necessari per avere diritto alla pensione (e cioè 35), e abbiamo così una pensione lorda annua di € 7.350. Ora proviamo a calcolare invece quale sarebbe la pensione contributiva dello stesso soggetto sulla base degli attuali contributi minimi, dei requisiti di età e di anni di contribuzione vigenti in Cassa Forense, allora moltiplichiamo € 3.525 (contributi minimi attuali) per gli anni di contribuzione (35) e abbiamo così un montante contributivo di € 123.375 , quindi moltiplichiamo il montante per il coefficiente di trasformazione di 6,378% (previsto ora INPS per l’età di 70 anni), ed abbiamo così una pensione lorda annua di € 7.868,86. Incredibilmente ora con il calcolo contributivo la pensione sarebbe maggiore, ciò perché come abbiamo cercato di spiegare i contributi minimi sono stati aumentati del doppio e i criteri per il calcolo della pensione retributiva sono stati inaspriti.

Però qualcuno dei lettori meglio informati potrebbe obiettare che esiste la pensione minima di Cassa Forense, anzi per essere più precisi l’integrazione al trattamento minimo (ex art 5 del vigente regolamento delle prestazioni), cioè una somma che viene aggiunta alla pensione affinché si raggiunga un certo importo minimo. E allora affrontiamo anche l’argomento “pensione minima”. Nel sistema contributivo introdotto dalla riforma Dini del 1995 la “pensione minima” è stata abolita, tuttavia non è incompatibile con un sistema contributivo: nel sistema pensionistico della Svezia (passata al sistema contributivo nel 1998) esiste la pensione minima (la guarantipension), ma mentre in un sistema contributivo la pensione minima svolge solo una funzione assistenziale (garantire cioè un livello minimo di vita), nel sistema retributivo svolge anche una funzione di salvaguardia di un rendimento minimo dei contributi previdenziali. Infatti visto che in un sistema retributivo l’ente pensionistico può aumentare i contributi e contemporaneamente diminuire la pensione, facendo così abbassare il rendimento soprattutto dei contributi minimi, la pensione minima rappresenta il livello sotto il quale il rendimento dei contributi non possono scendere. Dunque la prima cosa che ha fatto Cassa è precostituirsi la possibilità di aumentare i contributi minimi, eliminando l’intralcio della pensione minima. Infatti prima della privatizzazione di Cassa Forense la pensione minima ammontava ad otto volte il contributo soggettivo minimo nell’anno solare anteriore a quello di decorrenza della pensione ed era riconosciuta automaticamente se la pensione liquidata non raggiungeva l’importo della pensione minima. Se tale norma fosse rimasta, attualmente la pensione minima sarebbe pari € 22.520,00 e nessuno onestamente potrebbe lamentarsi del sistema pensionistico di Cassa Forense. Ma con il regolamento generale del 1995 la pensione venne fissata in € 9.960,00 (e successivamente solo rivalutata), “con esclusione di ogni collegamento automatico alla misura del contributo soggettivo minimo”. Successivamente, in forza del regolamento delle prestazione del 2008, la pensione minima è diventata integrazione al minimo, deve essere espressamente richiesta e “compete solo nell’ipotesi in cui il reddito complessivo dell’iscritto e del coniuge, non legalmente ed effettivamente separato, comprensivo dei redditi da pensione nonché di quelli soggetti a tassazione separata o a ritenuta alla fonte, non sia superiore al triplo del trattamento minimo. Essa compete solo sino al raggiungimento del reddito complessivo massimo pari a tre volte il trattamento minimo di cui sopra, salvo quanto previsto al comma 4 del presente articolo. 4. Ai fini del computo del reddito massimo di cui sopra non si considerano il reddito della casa di abitazione del titolare della pensione, anche se imputabile al coniuge, il trattamento di fine rapporto e le erogazioni ad esso equiparate. Per i fini di cui alla presente normativa si considera la media dei redditi effettivamente percepiti nei tre anni precedenti quello per il quale si chiede l’integrazione al trattamento minimo della pensione.” Secondo l’ultimo bilancio consuntivo, il trattamento minimo, con la rivalutazione, è arrivato ad €11.692,00. Considerando che per ottenere l’integrazione al trattamento minimo il proprio reddito e quello del proprio coniuge non devono essere superiori al triplo del trattamento minimo nei tre anni antecedenti alla richiesta (che dunque coincideranno con gli ultimi anni prima del pensionamento), non è affatto scontato che si riesca ad avere l’integrazione al minimo anche parziale. Se infatti riprendiamo l’esempio del professionista con la media reddituale di € 15.000,00, per avere diritto ad una integrazione di una qualche rilevanza anche il coniuge deve avere un reddito medio annuo non superiore a € 15.000, perché l’integrazione lorda annua corrisponde alla differenza tra il trattamento minimo (€11.692,00) moltiplicato per tre e il reddito medio complessivo dei coniugi nei tre anni antecedenti alla richiesta.

Dunque come si vede in un sistema retributivo l’Ente pensionistico è portato a navigare a vista, aumentando o diminuendo i contributi e le pensioni in base alla situazione contingente. Così infatti recita l’art. 9 del regolamento dei contributi di Cassa Forense:” In relazione alle esigenze di equilibrio finanziario della Cassa, la percentuale del contributo soggettivo e del contributo integrativo nonché l’entità dei contributi minimi possono variare con delibera del Comitato dei Delegati adottata con la procedura di cui all’art 20 del regolamento generale”. Mentre il regolamento delle prestazioni all’art. 4 comma 5 prevede che dal 2021 l’attuale percentuale dell’1,4% del reddito medio, che viene riconosciuta per la determinazione della pensione, potrà essere variata “nell’eventualità di mutate caratteristiche demografiche della categoria”. Data l’attuale situazione economica e demografica, è ovvio che permane costantemente la possibilità che i contributi aumentino e che addirittura possa contemporaneamente diminuire la pensione.

4. Proposte[modifica | modifica sorgente]

4.1 Unificazione delle Casse o assorbimento nella gestione separate INPS[modifica | modifica sorgente]

Riassunta la situazione attuale, M.G.A. ritiene che per fornire agli avvocati e a tutti i professionisti italiani un vero welfare e una previdenza equa e sostenibile sarebbe auspicabile l'unificazione delle varie Casse, ve ne sono 21, in unico ente che gestisca la previdenza e l’assistenza dei professionisti italiani se non addirittura la loro soppressione e l’assorbimento della previdenza dei professionisti da parte della gestione separata INPS. Grazie ad un unico ente previdenziale si potrebbero ottenere importanti economie di scala e risparmi di spesa (come quelli connessi alla eliminazione di 21 CDA), inoltre si potrebbe i meglio fronteggiare le eventuali crisi (economiche o demografiche) che eventualmente colpissero una singola categoria. L’incorporazione in INPS oltre ai vantaggi suddetti, ci libererebbe dalla contraddizione sempre più evidente e insostenibile costituita dal fatto che in quanto iscritti alle Casse le nostre pensioni sono prive di qualsiasi “ombrello pubblico” ma dall’altra parte attraverso le imposte contribuiamo alla fiscalità generale, che serve anche a finanziare tutele assistenziali o previdenziali dalle quali siamo esclusi, si veda da ultimo il riconoscimento della quattordicesima anche ai pensionati che hanno un reddito mensile di € 1.000 (previsto dalla legge di bilancio 2017) Quando tra il 1994 e il 1995 le Casse dei professionisti sono uscite dal sistema pubblico (rinunciando ad ogni aiuto dello Stato), vi erano ancora condizioni economiche (e demografiche) che potevano far credere che attraverso la privatizzazione si sarebbe potuto continuare a far pagare contributi più bassi (rispetto all’INPS) e garantire a tutti pensioni più alte. Ma le successive riforme alle quali sono state costrette le Casse fanno sempre più temere che la promessa di garantire contemporaneamente stabilità e convenienza per tutti i loro iscritti sia in realtà un'illusione. L’ unificazione delle Casse o la loro incorporazione in INPS sono però proposte ancora in fase di elaborazione soprattutto nella Coalizione 27 Febbraio (C27F), di cui è M.G.A. fa parte insieme ad altre associazione di professionisti. Sono invece già da tempo definite le proposte che riguardano il nostro ente previdenziale: Cassa Forense.

Pertanto MGA propone le seguenti riforme per Cassa Forense

4.2 Aliquote contributive progressive[modifica | modifica sorgente]

Se si vuole mantenere il sistema retributivo, ci sembra necessario, per correggere le iniquità descritte e contemporaneamente rendere sostenibile la contribuzione per l’avvocatura più povera, introdurre una contribuzione progressiva, eliminando o riducendo il più possibile i contributi minimi. La tesi secondo la quale ciò non sarebbe possibile perché i contributi previdenziali non sono dei tributi, è smentita dal funzionamento dello stesso sistema retributivo, nel quale come detto i contributi che versano i lavoratori non sono collegati alla loro pensione e hanno il solo scopo di finanziare l’ente pensionistico. In un tale sistema è innegabile pertanto che i contributi si atteggino a dei tributi. Ad ogni modo il principio di progressività può essere adottato a prescindere dall’art. 53 della Costituzione, potendo ben essere la scelta di una virtuosa politica previdenziale forense. Del resto una contribuzione progressiva non è neppure cosa nuova in Cassa Forense. Forme di contribuzione progressiva esistevano in Cassa Forense prima della introduzione del sistema retributivo. Per esempio la legge n. 319 del 1975 (Modifiche delle norme riguardanti la previdenza e l’assistenza forense) aveva introdotto un sistema pensionistico a beneficio definito (cioè un sistema in cui la determinazione della pensione è indipendente dai contributi versati, come nel retributivo) che prevedeva un contributo personale obbligatorio annuo da corrispondersi, per scaglioni di reddito professionale.

La progressività della contribuzione previdenziale è dunque una opzione praticabile.

4.3 Sistema contributivo con pensione minima di garanzia[modifica | modifica sorgente]

Introduzione di un sistema contributivo, con separazione netta della funzione previdenziale e di quella assistenziale. Attualmente il contributo integrativo, che dovrebbe teoricamente servire a finanziare l’assistenza, in realtà serve a pagare le pensioni e solo in minima parte finanzia l’assistenza. Secondo il nuovo regolamento dell’assistenza, la somma destinata per l’assistenza non può superare il 12,5% del gettito complessivo per contributo integrativo dell’anno precedente. Oltretutto i pochi soldi disponibili per l’assistenza non vengono neppure spesi tutti, su circa 60 milioni disponibili nel 2016 sono stati effettivamente spesi solo 30 milioni circa, anche se nel consuntivo 2016 viene propagandisticatamente indicata la somma di 41 milioni, salvo però specificare che la detta somma è frutto “degli accertamenti di fine esercizio a fronte di istanze pervenute entro il 31/12/2016 ma non ancora definite per integrazione di istruttoria.” Ma anche ammesso che si riesca a spendere poi tutti questi 41 milioni, risultano davvero pochi rispetto al gettito complessivo del contributo integrativo che nel 2016 è ammontato a € 534.764.762,99.

Dunque sarebbe opportuno il passaggio a un sistema contributivo in cui i contributi soggettivi riescano a finanziare interamente (o quasi) le pensioni e i contributi integrativi finanzino veramente l’assistenza (il sistema assistenziale verrà analizzato in un prossimo articolo).

Per il sistema contributivo si può prendere a modello quello svedese, che prevede una pensione minima di garanzia (a carico dell’assistenza) e una soglia di reddito sotto la quale non c’è obbligo di contribuzione. Una piccola parte dei contributi versati possono essere effettivamente investiti nel mercato finanziario per avere un rendimento maggiore. I coefficienti di trasformazione devono essere divisi per coorte, cioè devono prendere in considerazione anche l’età di nascita, per evitare che a individui nati nello stesso anno siano applicati coefficienti diversi nel caso vadano in pensione in anni diversi. Si possono anche determinare coefficienti di trasformazioni basati sull’aspettativa di vita media diversa per uomini e donne e soprattutto sull’aspettativa di vita media degli avvocati, invece di coefficienti “generici” come è costretto a fare un ente previdenziale universale. I coefficienti potrebbero anche tenere conto dell’esistenza o meno di eventuali coniugi o figli a carico, in modo tale da poter riconoscere una pensione maggiore nel caso in cui non ci sia l’eventualità di una pensione di reversibilità. Oppure la pensione di reversibilità potrebbe essere a carico dell’assistenza e non della previdenza, come nel sistema svedese. Infine sempre prendendo a modello la Svezia, la rivalutazione delle pensione andrebbe fatta tenendo conto dell’interesse di sconto virtuale contenuto nel coefficiente di trasformazione, per evitare che il sistema riconosca un rendimento supplementare alle pensioni, cioè l’inflazione (che viene accreditata, anno dopo anno, con l’indicizzazione) più l’interesse anticipato nei coefficienti.

Il cambiamento del sistema pensionistico deve però essere accompagnato da un rideterminazione delle pensione retributive più alte. Insomma bisogna mettere mano ai famosi diritti acquisiti per cercare di ridurre quanto più possibile il debito previdenziale generato dal sistema retributivo. Ciò perché ovviamente l’aliquota contributiva da applicare deve essere collegata alla necessità di far fronte al debito già maturato oltre che alla necessità di fornire prestazioni adeguate.

Come sappiamo l’art 3 comma 12 della legge 335/95 (per intenderci la riforma Dini), ha introdotto per gli enti di previdenza privatizzati il principio del cosiddetto “pro rata temporis”, secondo il quale sono ammessi provvedimenti di variazione per ogni criterio di determinazione del trattamento pensionistico, con il rispetto di diritti acquisiti e anzianità assicurative già maturate rispetto all'introduzione delle modifiche stesse. Tuttavia è noto che la finanziaria del 2007 ha modificato l’art 3 comma 12 e il principio del pro rata è stato attenuato, come riconosciuto dalla stessa Cassazione nella famosa sentenza n. 13607 del 2012 “ Rimane da dire dell'art. 1, comma 763, legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), che ha sostituito il primo ed il secondo periodo dell'art. 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335. Tale disposizione ha ribadito l'obiettivo, da perseguire ad opera delle Casse privatizzate, di assicurare l'equilibrio di bilancio e la stabilità delle gestioni previdenziali in un arco temporale non inferiore a trenta anni. Ha facoltizzato gli enti medesimi, sulla base del bilancio tecnico della gestione previdenziale, ad adottare i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell'equilibrio finanziario di lungo termine ‘avendo presente il principio del prò rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti e comunque tenuto conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni’ Ed ha aggiunto che sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al presente comma ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della legge medesima. Chiaramente non si tratta di norma di interpretazione autentica: non ne ha né la tipica formulazione testuale, né il contenuto. E' una norma a carattere innovativo che in particolare, sostituisce il principio del prò rata di cui all'originario art. 3, comma 12, nella formulazione della legge n. 335 del 1995, con un principio similare, ma meno rigido. Non è più previsto il "rispetto del principio del prò rata", ma occorre che le Casse privatizzate, e quindi anche quella per ragionieri e periti commerciali, nell'esercizio del loro potere regolamentare, abbiano "presente il principio del prò rata" nonché "i criteri di gradualità e di equità fra generazioni"; ciò a partire dal 1° gennaio 2007. Il legislatore del 2006 ha quindi inteso rendere flessibile il criterio del pro rata ponendolo in bilanciamento con i criteri di gradualità e di equità fra generazioni. In questo modo lo spazio di intervento delle Casse è maggiore e le esigenze di riequilibrio della gestione previdenziale potrebbero richiedere un sacrificio maggiore a chi è già assicurato a beneficio dei nuovi assicurati; tale sarebbe la rideterminazione della quota retributiva della pensione secondo i criteri delle menzionate delibere del 2002-2003 della Cassa. Ma ciò non è dato approfondire atteso che nella specie il trattamento pensionistico è maturato prima del 1° gennaio 2007, quando non era ancora operante la modifica dell'art. 3, comma 12,1. n. 335/95.”

Dunque come si vede esistono possibilità di provvedimenti che riducano alcuni dei benefici concessi dal sistema retributivo e siccome tali provvedimenti sarebbero connessi al passaggio al sistema contributivo potrebbero avere il placet dei Ministeri vigilanti, visto la continua sollecitazione da parte di ogni Governo affinché le Casse privatizzate adottino il sistema contributivo. Qualora tali provvedimenti trovassero degli ostacoli o non potessero essere presi in modo tale da ridurre sufficientemente il debito previdenziale, si dovrà ricorrere all’aumento del contributo integrativo al 5%.

[1] Art 24 comma 2 : “A decorrere dal 1° gennaio 2012, con riferimento alle anzianità contributive maturate a decorrere da tale data, la quota di pensione corrispondente a tali anzianità è calcolata secondo il sistema contributivo” [2] 1,75% fino a lire 20ml, 1,50% per scaglione da 20 a 30ml, 1,30% per scaglione da 30-35ml e 1,15% da 35-40ml

Antonino Garifo MGA - direttore del dipartimento di previdenza MGA - Il CDN

Revisione paritaria[modifica | modifica sorgente]

Perché lo faccio[modifica | modifica sorgente]

Molte persone, nel corso di questi 5 anni in cui seguo le vicende delle casse di previdenza dei liberi professionisti, mi hanno detto, ma chi te lo fa fare a perdere decine di migliaia di euro trascurando il lavoro per batterti contro i mulini a vento di un sistema finanziario-massonico-mafioso-corrotto contro tutto e contro tutti?

Garifo mi ha fatto capire il mio ego smisurato che consiste nel voler vincere il premio Nobel per le scienze sociali nel 2054 per aver, da solo, con gli strumenti del web 2.0 sviluppati con internet fatto affermare, in pieno regime imbecillocratico, la proposta di chiudere tutte le 21 casse dei liberi professionisti e far confluire i 2 milioni di iscritti in INPS e con un unico bonifico fatto confluire i 76 miliardi di euro nel bilancio dello Stato.

Quindi tutto quello che può sembrare un sacrificio o una rabbia repressa in realtà è di una gratificazione immensa del proprio ego in quanto sto riuscendo a dimostrare che il 99,99% degli italiani liberi professionisti vivono in una condizione di ignoranza istruita e che vengono saccheggiati dai propri colleghi (il conflitto è endocorporativo) e che l'università italiana porta alla affermazione i professori lombrosiani (spesso bocconiani) funzionali al sistema massonico-fascista grazie alle istituzioni di mobbing sociale (partiti, sindacati, associazioni, stampa, università).

La proposta di Garifo mi sta inoltre facendo ragionare sulla psicologia di chi ignora di ignorare ossia di chi si firma come responsabile per una associazione di un campo specifico e che tale non è.

Prendendo quindi per buona la teoria sulla spoliazione legale, tutto questo dimostra che essa si rinnova perché ai saccheggiati mancano le risorse per comprendere il sistema e per questo continuano ad essere spoliati indefinitamente dall'élite credendo alle fallacie, ai sofismi, agli inganni come spiegava nel 1850 Bastiat e permettendo come disse Marco Porcio Catone che I ladri di beni privati passano la vita in carcere e in catene, quelli di beni pubblici nelle ricchezze e negli onori (vedere Zonin a fare compere a via Montenapoleone il lunedì successivo l'approvazione del decreto legge per il salvataggio della banca che ha saccheggiato).

Perché andare in INPS[modifica | modifica sorgente]

Poiché in queste spiegazioni le persone si annoiano velocemente, prima spiego, per l'ennesima volta perché è ovvio andare in INPS.

L'INPS attualmente gestisce il 97% della spesa pubblica per la previdenza sociale ed il 95% dei lavoratori italiani.

Le 21 casse dei liberi professionisti gestiscono il 5% dei lavoratori e il 2% della spesa previdenziale.

Già da questi due numeri si capisce che con metà risorse pro-quota le pensioni non possono che essere la metà di quelle fornite dall'INPS.

Per questo il bilancio tecnico di Cassa Forense è illegale, perché, nonostante gli obblighi di legge, non hanno pubblicato i tassi di sostituzione che nel caso evidenzierebbero quello che ho detto e che si sa ad esempio per Inarcassa: un lavoratore dipendente di uno studio tecnico avrà una pensione con un tasso di sostituzione del 65%, il professionista ingegnere a falsa partita IVA avrà un tasso di sostituzione del 32%.

Fatte queste premesse, va evidenziato che nell'ultimo anno, dei circa 5000 delegati dei vari consigli nazionali delle 21 casse, nessuno sa spiegare perché conviene restare nelle casse, a parte il rappresentante di Cassa Forense al convegno di Macerata dei primi di giugno dove ha ripetuto la favola delle aliquote più basse.

Ma nella proposta Garifo ha saputo spiegare bene gli effetti di questa condizione infatti noi paghiamo di meno ma abbiamo il cuneo fiscale più alto e la differenza va a finanziare le prestazioni dell'INPS.

Quindi in questo caso Garifo mi aiuta a dimostrare l'imbecillità della maggioranza dei liberi professionisti, spiegando il passaggio più complicato (non a caso gli ho dato 7--).

Il ruolo del patrimonio delle casse[modifica | modifica sorgente]

Un'altra cosa che comincia ad emergere nella proposta di Garifo, anche se confusionaria, è il ruolo marginale del patrimonio delle casse nella adeguatezza delle pensioni e nella sostenibilità della gestione finanziaria.

Poiché gli avvocati nullatenenti non sanno neanche che cosa è un conto in banca e come si calcolano gli interessi, risulta difficile far capire la differenza tra la gestione finanziaria a ripartizione di una cassa senza patrimonio di previdenza e la gestione di un fondo pensione con il patrimonio di previdenza fully funded.

Ancora più complicata è la spiegazione del caso intermedio ossia delle Casse dei liberi professionisti che hanno comunque un patrimonio netto che copre solo il 30% del debito pensionistico latente.

Vediamo i casi estremi:

Gestione a ripartizione delle imposte: Non esiste il patrimonio di previdenza, è il caso dell'INPS e le pensioni si pagano con le risorse prodotte nell'esercizio corrente dai lavoratori attivi.

E' il sistema che funziona nella maggioranza dei paesi OCSCE e non ha funzionato in Italia per via delle pensioni baby, delle pensioni regalate, dei vitalizi paghi uno e prendi 40, delle pensioni gonfiate dei sindacalisti ecc. ecc.

E' il sistema migliore in quanto riesce ad assorbire gli shock economici e demografici ed è al riparo dal rischio politico.

Come ha spiegato Garifo, lo Stato fa da garante tra le generazioni o come nel caso italico, lo Stato in balia delle élite saccheggia una moltitudine a vantaggio di pochi.

Fondi pensione fully funded in pratica sono come una banca che raccoglie il risparmio previdenziale e lo eroga nella fase di pensionamento.

E' il motivo principale del fallimento del sistema economico capitalista in occidente, non a caso tra le proposte del libro ho messo la nazionalizzazione dei fondi pensione.

Il motivo si spiega banalmente. Le masse di denaro che raccolgono queste istituzioni sono talmente ampie che minano la tenuta democratica delle istituzioni. E' già avvenuto negli USA e avverrà in Italia.

Se si operasse la capitalizzazione di tutte le risorse necessarie ci vorrebbero multipli di PIL di debito pubblico. Tali masse di denaro stanno già alterando le borse, le proprietà delle aziende ecc. ecc. in quanto i fondi si possono permettere di tutto.

Confronto[modifica | modifica sorgente]

Nel primo caso non vi è patrimonio ed è come se in una famiglia, i lavoratori attivi danno la paghetta ai genitori pensionati. Il trasferimento di risorse non è nel tempo ma tra generazioni.

Nel secondo caso il patrimonio di previdenza serve per trasferire le risorse nel tempo e non vi è trasferimento tra generazioni ma il sistema economico collassa in quanto i lavoratori attivi diventano schiavi dei pensionati.

Il caso del patrimoni delle casse[modifica | modifica sorgente]

Il caso del patrimonio delle casse è la cosa più dannosa possibile per una società in quanto le casse sono sempre gestite a ripartizione come l'INPS ed il patrimonio non è usato per trasferire una ricchezza nel tempo bensì è usato per fare la spoliazione legale ossia oltre al fatto che per un pensionato vi sono 8 lavoratori attivi per lo squilibrio demografico iniziale tipico di ogni sistema pensionistico a ripartizione, non potendo consumare tutto lo squilibrio subito per i pensionati attuali, questo viene accantonato per pagare in futuro i furti del passato.

La cosa diabolica è stata nel 2012 la riforma Fornero che in piena recessione ha portato all'aumento dei contributi, drenando liquidità e risorse, per aumentare a dismisura il patrimonio che sarà usato per i furti futuri.

Punto per punto[modifica | modifica sorgente]

Punto 1 della proposta di MGA[modifica | modifica sorgente]

N. MGA ANALISI
1.0 1. Come Cassa Forense paga le pensioni
1.1 La gran parte dei sistemi pensionistici di primo pilastro (cioè quelli obbligatori) funzionano a “ripartizione” e Cassa Forense non fa eccezione. Ripartizione certo, ma di cosa? Sono imposte che le amministrazioni pubbliche raccolgono o direttamente o ad esse vengono trasferite dallo Stato centrale. Il bilancio dello Stato va visto nell'insieme delle amministrazioni pubbliche e per questo vi è il Conto Economico Consolidato delle Amministrazioni Pubbliche. Questo è il punto fondamentale per comprendere il sistema pensionistico pubblico. Non esistono casse che possono essere considerate autonome. Il rating delle casse è quello dello Stato.
1.2 I sistemi pensionistici, che funzionano a ripartizione, pagano le pensioni direttamente con i contributi versati dai lavoratori attivi. I "contributi" sono contributi obbligatori per le assicurazioni obbligatorie ossia imposte e con esse si paga il servizio pubblico pensione di Stato come la chiamano negli altri paesi civili ove l'imbecillocrazia non impera al nostro livello. Volgarmente la pensione si paga con le tasse.
1.2.1 Si crea così il famoso patto intergenerazionale, in quanto il finanziamento delle pensioni di ogni generazione deve essere garantito da parte delle generazioni seguenti. Il patto generazionale non esiste, è una invenzione dei professori universitari che lo spiegano ai loro studenti beccaccioni o meglio imbecilli. Non c'è nessuna garanzia, semplicemente come si paga il servizio sanitario nazionale o l'istruzione pubblica, si paga il servizio di protezione sociale, tutti servizi pubblici erogati in base alla Costituzione.
1.2.2 Ovviamente un tale sistema è esposto a rischi demografici, perché è evidente che se il numero dei pensionati continua ad aumentare, mentre il numero dei lavoratori attivi resta uguale o addirittura tende a diminuire, viene compromesso l’equilibrio finanziario dell’ente pensionistico. I rischi dei sistemi pensionistici sono molteplici: economico, demografico, politico ma sono gli stessi degli altri servizi pubblici. Se non ci sono le entrate dello Stato, non potranno essere erogati.
1.3 Attualmente in Cassa Forense abbiamo circa 28mila pensionati e più di 200mila lavoratori attivi e quindi per ora il sistema tiene. Il problema è opposto ossia non di tenuta ma di limitare il saccheggio dei 28mila nei confronti della società e per questo hanno imposto il bilancio tecnico a 50 anni, non per garantire la tenuta ma per bloccare il saccheggio.
1.3.1 Ma nei prossimi dieci anni gran parte degli attuali 200mila iscritti attivi cominceranno ad andare in pensione e sorgerà il problema del pagamento delle loro pensioni, problema che tenderà ad aggravarsi in ragione della flessione del tasso delle nuove iscrizioni agli albi, come registrato dalla stessa Cassa Forense nei suoi ultimi due bilanci consuntivi. Dopo la grande trasformazione degli ultimi 20 anni con la quadruplicazione degli iscritti, non si può pensare ad un aumento indefinito degli stessi, si raggiungerà un limite che si potrà mantenere o potrà diminuire, nessuno può saperlo. Si chiama appunto rischio demografico.
1.3.2 Progressivamente quindi, ci saranno sempre più pensionati a cui pagare la pensione e sempre meno lavoratori attivi da cui attingere i fondi necessari per farlo. Ovvio che la pacchia dei pensionati odierni non può durare, ma in futuro si somma il debito da pagare.
1.4 E’ bene precisare sin d’ora che quelle pensioni non potranno essere pagata con il “patrimonio” di Cassa Forense, che secondo l’ultimo consuntivo sfiora i 10 miliardi. Infatti i contributi previdenziali ossia le imposte previdenziali sul reddito vengono sputtanate per le pensioni regalate del passato e del prossimo futuro. Il sistema a ripartizione non prevede che le pensioni si paghino con il patrimonio ma con le imposte correnti.
1.5 Il patrimonio delle Casse serve soprattutto come “riserva di garanzia” per l’eventualità in cui si debba ricorrere alla liquidazione amministrativa. Il patrimonio netto deve essere per legge di 5 annualità, quindi la garanzia di cosa se il sistema è a ripartizione e non c'è il patrimonio di previdenza che copre il 100% delle obbligazioni?
1.5.1 In quanto in caso di default non sarà possibile il ricorso alla fiscalità generale, e questo perché il D. LGS n. 509/1994, che ha trasformato le vecchie Casse dei professionisti da enti di diritto pubblico in enti di diritto privato, non prevede alcuna forma di aiuto dello Stato e all’art. 2 comma 5 dispone che “in caso di persistenza dello stato di disavanzo economico e finanziario dopo tre anni dalla nomina del commissario, ed accertata l’impossibilità da parte dello stesso di poter provvedere al riequilibrio finanziario dell’associazione o della fondazione, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri di cui all’art. 3, comma 1, è nominato un commissario liquidatore al quale sono attribuiti i poteri previsti dalle vigenti norme in materia di liquidazione coatta, in quanto applicabili.” I sistemi pensionistici pubblici quando arrivano al default fanno una cosa molto semplice, diminuiscono le pensioni, come è avvenuto nei passati 20 anni con 40 riforme previdenziali. Se non avessero fatto ciò ci sarebbe stato il default dello Stato che non si sarebbe potuto indebitare ulteriormente, non basta il 130% del PIL? Qui si vede la superficialità di come si è affrontato il tema. Le casse sono pubbliche amministrazioni come lo era Equitalia spa sparita in una notte come in una notte era stata costituita. Non è importante la natura della persona giuridica ma la funzione pubblicistica svolta. La trasformazione erroneamente definita privatizzazione, è stato chiarito che è solo gestionale ma il resto è tutto uguale. Per questo vi è il controllo della Corte dei Conti, è una amministrazione pubblica che gestisce le imposte e la spesa pubblica.
1.6 Inoltre l’impossibilità di ricorrere al patrimonio per pagare le pensioni risulta evidente anche da altri dati. Secondo l’ultimo bilancio tecnico l’ammontare complessivo delle pensioni tra 13 anni arriverà a un miliardo. Con una tale spesa pensionistica basterebbero pochi anni per esaurire tutto il patrimonio. Se ha detto che il sistema di gestione è a ripartizione, è perché il patrimonio non viene accantonato per tale funzione altrimenti sarebbe fully funded.
1.7 In più va considerato che le pensioni si devono pagare con soldi liquidi, mentre il patrimonio di Cassa Forense è quasi tutto immobilizzato in azioni, obbligazioni e partecipazioni in fondi d’investimento ecc. Secondo il consuntivo 2016, Cassa Forense risulta avere depositi bancari disponibili per circa 685 milioni a fronte di una spesa pensionistica che è arrivata a circa 788 milioni. Se la riforma Fornero prevedeva il saldo previdenziale attivo è perché il patrimonio è ininfluente nella gestione a ripartizione.
1.8 Il patrimonio (o per meglio dire il rendimento del patrimonio), può essere usato, volendo un fare un paragone, alla stregua di risparmi ai quali si fa ricorso solo in caso di emergenza, quando le entrate correnti non coprano tutte le spese. Ma il ricorso ai risparmi (ovvero ai rendimenti del patrimonio) deve essere di natura contingente e di durata limitata, altrimenti alla lunga il default è assicurato. Non è affatto vero in quanto il patrimonio, per le casse di previdenza serve per la spoliazione legale ossia per pagare la quota non corrispondente ai contributi versati. Senza il patrimonio il saccheggio sarebbe limitato.
1.9 Poiché dunque il protrarsi di una spesa pensionistica superiore ai contributi previdenziali può compromettere l'equilibrio finanziario delle Casse, la famosa riforma Fornero impose alle stesse di dimostrare di avere per 50 anni il pareggio tra entrate contributive e spesa pensionistica, e in caso contrario di passare al più sostenibile sistema contributivo per il calcolo della pensione; così infatti recita l’art 24 comma 24 del dl 201/2011: ”In considerazione dell'esigenza di assicurare l'equilibrio finanziario delle rispettive gestioni in conformità alle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, gli enti e le forme gestorie di cui ai predetti decreti adottano, nell'esercizio della loro autonomia gestionale, entro e non oltre il 30 settembre 2012, misure volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni. Le delibere in materia sono sottoposte all'approvazione dei Ministeri vigilanti secondo le disposizioni di cui ai predetti decreti; essi si esprimono in modo definitivo entro trenta giorni dalla ricezione di tali delibere. Decorso il termine del 30 settembre 2012 senza l'adozione dei previsti provvedimenti, ovvero nel caso di parere negativo dei Ministeri vigilanti, si applicano, con decorrenza dal 1° gennaio 2012: a) le disposizioni di cui al comma 2 del presente articolo sull'applicazione del pro-rata agli iscritti alle relative gestioni;[1] b) un contributo di solidarietà, per gli anni 2012 e 2013, a carico dei pensionati nella misura dell'1 per cento.” La spesa pensionistica odierna è inferiore ai contributi versati, quasi per tutte le casse ed infatti godono tutte di ottima salute nel saccheggio dei lavoratori attivi. La riforma Fornero è servita per tagliare le pensioni future in quanto sul lungo periodo i regali non erano sostenibili ma nessuno lo diceva. Ora lo sappiamo ma nessuno ha capito che il tasso di sostituzione sarà dimezzato e le pensioni da fame visto che continuano a regalare i soldi a man bassa ai pensionati.
1.10 Per completezza di esposizione, si ricorda che, nonostante gli aumenti dei contributi (e la riduzione delle future pensioni), Cassa Forense non può vantare saldi previdenziali positivi per 50 anni, ed ha superato lo stress test imposto dalla riforma Fornero solo grazie alla Circolare n. 8272 del 22 maggio 2012 del Ministero del Lavoro che ha disposto che “la verifica dell'equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni, terrà conto dell'andamento tendenziale nel periodo di riferimento, potendo eventuali disavanzi annuali, comunque di natura contingente e di durata limitata, essere compensati attraverso il ricorso ai rendimenti annuali del patrimonio”. Questo è stato fatto per garantire ai vecchi di rubare un poco di più per un tempo più lungo.
1.11 A chi volesse obiettare che 50 anni di saldi previdenziali positivi sono troppi, si ricorda che dal 2021 i requisiti per andare in pensione sono 35 anni di contributi e 70 anni di età, dunque, considerando una aspettativa di vita media di 85 anni, i 50 anni di saldi previdenziali positivi (o tendenzialmente positivi) servono a garantire che ogni neo iscritto tra 35 anni possa avere la pensione, e che potrà goderne per almeno 15 anni, 35+15=50. In realtà un bilancio tecnico, per essere attendibile dovrebbe essere fatto a 90 anni, come fanno negli USA. Da noi si fa a 50 per le motivazioni sopra dette: rubare un poco di più, un poco più a lungo.

Punto 2 della proposta di MGA[modifica | modifica sorgente]

N. MGA ANALISI
2.0 2. Come Cassa Forense determina l’importo delle pensioni
2.1 Fatta questa imprescindibile premessa, passiamo ora a chiarire bene il sistema che usa Cassa Forense per determinare l’importo delle nostre pensioni. Come forse saprete, il sistema usato da Cassa Forense per il calcolo delle nostre pensioni viene detto retributivo. Tutte le casse di previdenza dei liberi professionisti e l'INPS usano lo schema pensionistico con formula della rendita predefinita in quanto non dipende dai contributi previdenziali obbligatori. Vi sono vari metodi di calcolo della pensione che possono essere tutti equivalenti a prescindere dal nome, a seconda dei coefficienti usati. I metodi di calcolo della pensione sono il metodo di calcolo retributivo, il metodo di calcolo contributivo ed il metodo di calcolo misto.
2.2 In tale sistema la pensione viene determinata in funzione dei redditi che l’individuo ha percepito durante la vita lavorativa e non c’è correlazione tra contributi versati e pensione goduta. In questo caso si vuole evidenziare che non vengono "restituiti" i contributi versati, ma questo, nei sistemi a redistribuzione dei tributi è sempre vero, anche con il metodo di calcolo contributivo in quanto il sistema dipende dalle entrate correnti e la formula per il calcolo della prestazione sociale va sempre adeguato a tale necessità. Per questo le piccole casse corporative occupazionali non reggono in questo schema in quanto non riescono ad assorbire gli ovvi shock demografici, economici e politici come un sistema universale che raccoglie tutti i lavoratori. Il rapporto giuridico previdenziale di contribuzione è sempre scisso dal rapporto giuridico previdenziale di prestazione sociale in denaro ma chi non studia il diritto della previdenza sociale pubblica neanche sa di cosa parlo.
2.3 Esattamente la pensione corrisponde ad una percentuale della media dei redditi pensionabili (cioè fino ad un certo importo) di un determinato periodo, moltiplicata per gli anni di contribuzione. Metodo di calcolo retributivo
2.4 Ma per meglio capire il sistema retributivo è utile un confronto con il sistema contributivo. Metodo di calcolo contributivo
2.5 Come dovrebbe essere noto, nel sistema contributivo la pensione è determinata in base al montante contributivo. Montante contributivo individuale nozionale
2.6 I contributi versati vengono capitalizzati a un tasso di rendimento fissato per legge e affinché il sistema sia sostenibile tale tasso di rendimento coincide con un indicatore macroeconomico (come il tasso di crescita del PIL o dei salari), perché così si può riconoscere ai contributi versati un tasso di rendimento adeguato alla situazione economica e al prevedibile gettito contributivo. Tasso annuo di capitalizzazione per la rivalutazione del montante contributivo individuale nozionale
2.7 Il montante contributivo così ricapitalizzato viene poi trasformato in rendita pensionistica moltiplicandolo per un coefficiente numerico che sulla base dell’aspettativa di vita del pensionato rende possibile restituire tutto il montante contributivo attraverso i ratei della pensione. Coefficiente di trasformazione in rendita
2.8 Nel coefficiente di trasformazione è incorporato anche un tasso d’interesse. Si fa conto infatti che poiché il montante contributivo viene restituito a poco alla volta, nel frattempo esso generi un tasso d’interesse (in Italia fissato all’1,5%) che va ad aumentare i ratei pensionistici.
2.9 Ne risulta quindi che in un sistema contributivo l’ente pensionistico funziona come una banca virtuale, che a fine carriera lavorativa restituisce ai propri correntisti quanto hanno versato maggiorato di un tasso d’interesse esplicito e uguale per tutti. Tasso di rendimento apparente
2.10 Per tale motivo il sistema contributivo realizza quella che viene chiamata in linguaggio tecnico “equità attuariale o assicurativa”. Sarebbe vero se ci fosse il Patrimonio di previdenza. Poiché non c'è, è una promessa pensionistica come le altre, che aspira all'equità attuariale ma che è vincolata al bilancio dello Stato.
2.11 Invece nel sistema retributivo l’ente pensionistico riconosce interessi non espliciti e diversi per ciascun lavoratore, perché come detto la pensione è in funzione dei redditi percepiti e della loro media. Il tasso di rendimento apparente si può calcolare anche per il metodo di calcolo retributivo.
2.12 Il rendimento dei contributi sarà necessariamente condizionato dal tipo di carriera. Questa affermazione è vera se si escludono dei redditi nel calcolo del reddito medio pensionabile. Se ciò non accade, il metodo retributivo può quasi coincidere con quello contributivo. Es. Cassa Forense ha un retributivo che in pratica si avvicina moltissimo al metodo di calcolo contributivo in quanto l'aliquota di rendimento è uniforme.
2.13 Quindi i contributi previdenziali di ciascuno “renderanno” in termini di pensione in modo diverso, perciò in questo sistema manca l’equità attuariale. Una volta era così, ora ciò vale solo per la quota retributiva nel metodo di calcolo misto.
2.14 Tale mancanza di equità attuariale esplode con coloro che si attestano sui minimi contributivi. Non è vero.
2.15 Affinché sia evidente la mancanza di equità attuariale, si pensi all’ipotesi di due soggetti che in un determinato anno abbiano reddito zero e siano obbligati a versare dei contributi minimi, ma uno si trova in un sistema contributivo e l’altro in un sistema retributivo. Al soggetto che si trova in un sistema contributivo i suoi contributi minimi renderanno esattamente l’importo degli stessi maggiorati del tasso di rendimento fissato per legge, invece al soggetto che si trova nel sistema retributivo i suoi contributi minimi per quell’anno renderanno zero, perché una qualsiasi percentuale di zero è sempre zero. Il metodo di calcolo retributivo, per questi casi dovrebbe prevedere la pensione minima. Solo che avendo introdotto per Cassa Forense i contributi minimi, la solidarietà viene ad essere attenuata se non applicata al contrario.

Punto 3 della proposta di MGA[modifica | modifica sorgente]

N. MGA ANALISI
3.0 3. Le criticità dell’attuale sistema.
3.1 Ma leggendo ciò a qualcuno potrebbe sorgere una domanda: perché allora è stato adottato il sistema retributivo se contiene tali iniquità?
3.2 Per il semplice motivo che, in tempi in cui il rischio demografico e occupazionale non è incombente, il sistema retributivo permette all’ente pensionistico di dare di più a tutti.
3.3 Non essendo le pensioni collegate ai contributi, l’ente pensionistico può far pagare pochi contributi e riconoscere delle buone pensioni o delle pensioni convenienti rispetto ai contributi versati.
3.4 In una tale situazione le iniquità del sistema rimangono latenti, perché comunque tutti hanno di più e nessuno si lamenta se qualcuno riceve più di altri.
3.5 Le iniquità del sistema vengono a galla quando invece il rischio demografico e occupazionale incombe minaccioso sulla stabilità dell’ente, che in tal caso tende ad aumentare la contribuzione.
3.6 L’aumento dei contributi in un sistema contributivo non è un comodo modo di aumentare le entrate, perché comporta in futuro l’aumento della spesa pensionistica;
3.7 invece in un sistema retributivo l’ente pensionistico può aumentare la contribuzione, senza aumentare la futura spesa pensionistica, perché manca il collegamento tra contributi versati e futura pensione.
3.8 Sempre in virtù di tale mancanza di collegamento tra contributi e pensione, l’ente pensionistico in un sistema retributivo può fare anche di più, può infatti aumentare i contributi e contemporaneamente ridurre le pensioni future.
3.9 Cassa Forense dal 1995 ad oggi non ha solo aumentato i contributi ma ha anche ridotto le future pensioni, sebbene i contribuenti iscritti si sono accorti solo dell’aumento dei contributi.
3.10 La riduzione della pensione è avvenuta anzitutto aumentando il periodo dei redditi di cui bisogna fare la media.
3.11 Infatti non è la stessa cosa fare la percentuale della media dei redditi degli ultimi 15 anni di professione (escludendo i peggiori 5 anni), come era previsto un tempo, e fare la percentuale della media di tutti i redditi, compresi quelli più bassi dei primi anni della professione, come previsto ora.
3.12 Altro modo in cui è stata ridotta la pensione è il cambiamento della percentuale della media dei redditi per ogni anno di contribuzione, usata per il calcolo della pensione.
3.13 In passato c’erano diverse percentuali per scaglioni di reddito[2], in modo da favorire i redditi più bassi, ora invece la percentuale è unica.
3.14 In un sistema retributivo la riduzione della pensione è anche un aumento mascherato dei contributi, perché è una svalutazione del loro rendimento.
3.15 Ma ora passiamo a mostrare un esempio concreto di come attualmente vengono calcolate le pensioni in Cassa Forense. Ipotizziamo un reddito medio annuo che rientri nei minimi, cioè € 15.000; calcoliamo allora la percentuale di reddito medio attualmente riconosciuta per ogni anno di contribuzione ( e cioè 1,4%) e abbiamo così € 210 (l ‘1,4% di 15.000), moltiplichiamo 210 per gli anni di contribuzione necessari per avere diritto alla pensione (e cioè 35), e abbiamo così una pensione lorda annua di € 7.350.
3.16 Ora proviamo a calcolare invece quale sarebbe la pensione contributiva dello stesso soggetto sulla base degli attuali contributi minimi, dei requisiti di età e di anni di contribuzione vigenti in Cassa Forense, allora moltiplichiamo € 3.525 (contributi minimi attuali) per gli anni di contribuzione (35) e abbiamo così un montante contributivo di € 123.375 , quindi moltiplichiamo il montante per il coefficiente di trasformazione di 6,378% (previsto ora INPS per l’età di 70 anni), ed abbiamo così una pensione lorda annua di € 7.868,86.
3.17 Incredibilmente ora con il calcolo contributivo la pensione sarebbe maggiore, ciò perché come abbiamo cercato di spiegare i contributi minimi sono stati aumentati del doppio e i criteri per il calcolo della pensione retributiva sono stati inaspriti.
3.18 Però qualcuno dei lettori meglio informati potrebbe obiettare che esiste la pensione minima di Cassa Forense, anzi per essere più precisi l’integrazione al trattamento minimo (ex art 5 del vigente regolamento delle prestazioni), cioè una somma che viene aggiunta alla pensione affinché si raggiunga un certo importo minimo.
3.19 E allora affrontiamo anche l’argomento “pensione minima”. Nel sistema contributivo introdotto dalla riforma Dini del 1995 la “pensione minima” è stata abolita,
3.20 tuttavia non è incompatibile con un sistema contributivo: nel sistema pensionistico della Svezia (passata al sistema contributivo nel 1998) esiste la pensione minima (la guarantipension), ma mentre in un sistema contributivo la pensione minima svolge solo una funzione assistenziale (garantire cioè un livello minimo di vita),
3.21 nel sistema retributivo svolge anche una funzione di salvaguardia di un rendimento minimo dei contributi previdenziali.
3.22 Infatti visto che in un sistema retributivo l’ente pensionistico può aumentare i contributi e contemporaneamente diminuire la pensione, facendo così abbassare il rendimento soprattutto dei contributi minimi, la pensione minima rappresenta il livello sotto il quale il rendimento dei contributi non possono scendere.
3.23 Dunque la prima cosa che ha fatto Cassa è precostituirsi la possibilità di aumentare i contributi minimi, eliminando l’intralcio della pensione minima.
3.24 Infatti prima della privatizzazione di Cassa Forense la pensione minima ammontava ad otto volte il contributo soggettivo minimo nell’anno solare anteriore a quello di decorrenza della pensione ed era riconosciuta automaticamente se la pensione liquidata non raggiungeva l’importo della pensione minima.
3.25 Se tale norma fosse rimasta, attualmente la pensione minima sarebbe pari € 22.520,00 e nessuno onestamente potrebbe lamentarsi del sistema pensionistico di Cassa Forense.
3.26 Ma con il regolamento generale del 1995 la pensione venne fissata in € 9.960,00 (e successivamente solo rivalutata), “con esclusione di ogni collegamento automatico alla misura del contributo soggettivo minimo”.
3.27 Successivamente, in forza del regolamento delle prestazione del 2008, la pensione minima è diventata integrazione al minimo, deve essere espressamente richiesta e “compete solo nell’ipotesi in cui il reddito complessivo dell’iscritto e del coniuge, non legalmente ed effettivamente separato, comprensivo dei redditi da pensione nonché di quelli soggetti a tassazione separata o a ritenuta alla fonte, non sia superiore al triplo del trattamento minimo.
3.28 Essa compete solo sino al raggiungimento del reddito complessivo massimo pari a tre volte il trattamento minimo di cui sopra, salvo quanto previsto al comma 4 del presente articolo.
3.29 4. Ai fini del computo del reddito massimo di cui sopra non si considerano il reddito della casa di abitazione del titolare della pensione, anche se imputabile al coniuge, il trattamento di fine rapporto e le erogazioni ad esso equiparate. Per i fini di cui alla presente normativa si considera la media dei redditi effettivamente percepiti nei tre anni precedenti quello per il quale si chiede l’integrazione al trattamento minimo della pensione.”
3.30 Secondo l’ultimo bilancio consuntivo, il trattamento minimo, con la rivalutazione, è arrivato ad €11.692,00. Considerando che per ottenere l’integrazione al trattamento minimo il proprio reddito e quello del proprio coniuge non devono essere superiori al triplo del trattamento minimo nei tre anni antecedenti alla richiesta (che dunque coincideranno con gli ultimi anni prima del pensionamento), non è affatto scontato che si riesca ad avere l’integrazione al minimo anche parziale. Se infatti riprendiamo l’esempio del professionista con la media reddituale di € 15.000,00, per avere diritto ad una integrazione di una qualche rilevanza anche il coniuge deve avere un reddito medio annuo non superiore a € 15.000, perché l’integrazione lorda annua corrisponde alla differenza tra il trattamento minimo (€11.692,00) moltiplicato per tre e il reddito medio complessivo dei coniugi nei tre anni antecedenti alla richiesta.
3.31 Dunque come si vede in un sistema retributivo l’Ente pensionistico è portato a navigare a vista, aumentando o diminuendo i contributi e le pensioni in base alla situazione contingente.
3.32 Così infatti recita l’art. 9 del regolamento dei contributi di Cassa Forense:” In relazione alle esigenze di equilibrio finanziario della Cassa, la percentuale del contributo soggettivo e del contributo integrativo nonché l’entità dei contributi minimi possono variare con delibera del Comitato dei Delegati adottata con la procedura di cui all’art 20 del regolamento generale”.
3.33 Mentre il regolamento delle prestazioni all’art. 4 comma 5 prevede che dal 2021 l’attuale percentuale dell’1,4% del reddito medio, che viene riconosciuta per la determinazione della pensione, potrà essere variata “nell’eventualità di mutate caratteristiche demografiche della categoria”.
3.34 Data l’attuale situazione economica e demografica, è ovvio che permane costantemente la possibilità che i contributi aumentino e che addirittura possa contemporaneamente diminuire la pensione.

Punto 4 della proposta di MGA[modifica | modifica sorgente]

N. MGA ANALISI
4.0 4. Proposte
4.1.1 4.1 Unificazione delle Casse o assorbimento nella gestione separate INPS
4.1.2 Riassunta la situazione attuale, M.G.A. ritiene che per fornire agli avvocati e a tutti i professionisti italiani un vero welfare e una previdenza equa e sostenibile sarebbe auspicabile l'unificazione delle varie Casse, ve ne sono 21, in unico ente che gestisca la previdenza e l’assistenza dei professionisti italiani
4.1.3 se non addirittura la loro soppressione e l’assorbimento della previdenza dei professionisti da parte della gestione separata INPS.
4.1.4 Grazie ad un unico ente previdenziale si potrebbero ottenere importanti economie di scala e risparmi di spesa (come quelli connessi alla eliminazione di 21 CDA),
4.1.5 inoltre si potrebbe i meglio fronteggiare le eventuali crisi (economiche o demografiche) che eventualmente colpissero una singola categoria.
4.1.6 L’incorporazione in INPS oltre ai vantaggi suddetti, ci libererebbe dalla contraddizione sempre più evidente e insostenibile costituita dal fatto che in quanto iscritti alle Casse le nostre pensioni sono prive di qualsiasi “ombrello pubblico”
4.1.7 ma dall’altra parte attraverso le imposte contribuiamo alla fiscalità generale, che serve anche a finanziare tutele assistenziali o previdenziali dalle quali siamo esclusi, si veda da ultimo il riconoscimento della quattordicesima anche ai pensionati che hanno un reddito mensile di € 1.000 (previsto dalla legge di bilancio 2017).
4.1.8 Quando tra il 1994 e il 1995 le Casse dei professionisti sono uscite dal sistema pubblico
4.1.9 (rinunciando ad ogni aiuto dello Stato), vi erano ancora condizioni economiche (e demografiche) che potevano far credere che attraverso la privatizzazione si sarebbe potuto continuare a far pagare contributi più bassi (rispetto all’INPS) e garantire a tutti pensioni più alte.
4.1.10 Ma le successive riforme alle quali sono state costrette le Casse fanno sempre più temere che la promessa di garantire contemporaneamente stabilità e convenienza per tutti i loro iscritti sia in realtà un'illusione.
4.1.11 L’ unificazione delle Casse o la loro incorporazione in INPS sono però proposte ancora in fase di elaborazione
4.1.12 soprattutto nella Coalizione 27 Febbraio (C27F), di cui è M.G.A. fa parte insieme ad altre associazione di professionisti.
4.2.0 Sono invece già da tempo definite le proposte che riguardano il nostro ente previdenziale: Cassa Forense. Pertanto MGA propone le seguenti riforme per Cassa Forense
4.2.0 4.2 Aliquote contributive progressive
4.2.1 Se si vuole mantenere il sistema retributivo, ci sembra necessario, per correggere le iniquità descritte e contemporaneamente rendere sostenibile la contribuzione per l’avvocatura più povera, introdurre una contribuzione progressiva, eliminando o riducendo il più possibile i contributi minimi.
4.2.2 La tesi secondo la quale ciò non sarebbe possibile perché i contributi previdenziali non sono dei tributi, è smentita dal funzionamento dello stesso sistema retributivo, nel quale come detto i contributi che versano i lavoratori non sono collegati alla loro pensione e hanno il solo scopo di finanziare l’ente pensionistico.
4.2.3 In un tale sistema è innegabile pertanto che i contributi si atteggino a dei tributi.
4.2.4 Ad ogni modo il principio di progressività può essere adottato a prescindere dall’art. 53 della Costituzione, potendo ben essere la scelta di una virtuosa politica previdenziale forense.
4.2.5 Del resto una contribuzione progressiva non è neppure cosa nuova in Cassa Forense. Forme di contribuzione progressiva esistevano in Cassa Forense prima della introduzione del sistema retributivo. Per esempio la legge n. 319 del 1975 (Modifiche delle norme riguardanti la previdenza e l’assistenza forense) aveva introdotto un sistema pensionistico a beneficio definito (cioè un sistema in cui la determinazione della pensione è indipendente dai contributi versati, come nel retributivo) che prevedeva un contributo personale obbligatorio annuo da corrispondersi, per scaglioni di reddito professionale.
4.2.6 La progressività della contribuzione previdenziale è dunque una opzione praticabile.
4.3.0 4.3 Sistema contributivo con pensione minima di garanzia
4.3.1 Introduzione di un sistema contributivo, con separazione netta della funzione previdenziale e di quella assistenziale.
4.3.2 Attualmente il contributo integrativo, che dovrebbe teoricamente servire a finanziare l’assistenza, in realtà serve a pagare le pensioni e solo in minima parte finanzia l’assistenza.
4.3.3 Secondo il nuovo regolamento dell’assistenza, la somma destinata per l’assistenza non può superare il 12,5% del gettito complessivo per contributo integrativo dell’anno precedente.
4.3.4 Oltretutto i pochi soldi disponibili per l’assistenza non vengono neppure spesi tutti, su circa 60 milioni disponibili nel 2016 sono stati effettivamente spesi solo 30 milioni circa, anche se nel consuntivo 2016 viene propagandisticatamente indicata la somma di 41 milioni, salvo però specificare che la detta somma è frutto “degli accertamenti di fine esercizio a fronte di istanze pervenute entro il 31/12/2016 ma non ancora definite per integrazione di istruttoria.” Ma anche ammesso che si riesca a spendere poi tutti questi 41 milioni, risultano davvero pochi rispetto al gettito complessivo del contributo integrativo che nel 2016 è ammontato a € 534.764.762,99.
4.3.5 Dunque sarebbe opportuno il passaggio a un sistema contributivo in cui i contributi soggettivi riescano a finanziare interamente (o quasi) le pensioni
4.3.6 e i contributi integrativi finanzino veramente l’assistenza (il sistema assistenziale verrà analizzato in un prossimo articolo).
4.3.7 Per il sistema contributivo si può prendere a modello quello svedese, che prevede una pensione minima di garanzia (a carico dell’assistenza) e una soglia di reddito sotto la quale non c’è obbligo di contribuzione.
4.3.8 Una piccola parte dei contributi versati possono essere effettivamente investiti nel mercato finanziario per avere un rendimento maggiore.
4.3.9 I coefficienti di trasformazione devono essere divisi per coorte, cioè devono prendere in considerazione anche l’età di nascita, per evitare che a individui nati nello stesso anno siano applicati coefficienti diversi nel caso vadano in pensione in anni diversi.
4.3.10 Si possono anche determinare coefficienti di trasformazioni basati sull’aspettativa di vita media diversa per uomini e donne e soprattutto sull’aspettativa di vita media degli avvocati, invece di coefficienti “generici” come è costretto a fare un ente previdenziale universale.
4.3.11 I coefficienti potrebbero anche tenere conto dell’esistenza o meno di eventuali coniugi o figli a carico, in modo tale da poter riconoscere una pensione maggiore nel caso in cui non ci sia l’eventualità di una pensione di reversibilità.
4.3.12 Oppure la pensione di reversibilità potrebbe essere a carico dell’assistenza e non della previdenza, come nel sistema svedese.
4.3.13 Infine sempre prendendo a modello la Svezia, la rivalutazione delle pensione andrebbe fatta tenendo conto dell’interesse di sconto virtuale contenuto nel coefficiente di trasformazione, per evitare che il sistema riconosca un rendimento supplementare alle pensioni, cioè l’inflazione (che viene accreditata, anno dopo anno, con l’indicizzazione) più l’interesse anticipato nei coefficienti.
4.3.14 Il cambiamento del sistema pensionistico deve però essere accompagnato da un rideterminazione delle pensione retributive più alte.
4.3.15 Insomma bisogna mettere mano ai famosi diritti acquisiti per cercare di ridurre quanto più possibile il debito previdenziale generato dal sistema retributivo.
4.3.16 Ciò perché ovviamente l’aliquota contributiva da applicare deve essere collegata alla necessità di far fronte al debito già maturato oltre che alla necessità di fornire prestazioni adeguate.
4.3.17 Come sappiamo l’art 3 comma 12 della legge 335/95 (per intenderci la riforma Dini), ha introdotto per gli enti di previdenza privatizzati il principio del cosiddetto “pro rata temporis”,
4.3.18 secondo il quale sono ammessi provvedimenti di variazione per ogni criterio di determinazione del trattamento pensionistico, con il rispetto di diritti acquisiti e anzianità assicurative già maturate rispetto all'introduzione delle modifiche stesse.
4.3.19 Tuttavia è noto che la finanziaria del 2007 ha modificato l’art 3 comma 12 e il principio del pro rata è stato attenuato, come riconosciuto dalla stessa Cassazione nella famosa sentenza n. 13607 del 2012 “ Rimane da dire dell'art. 1, comma 763, legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), che ha sostituito il primo ed il secondo periodo dell'art. 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335. Tale disposizione ha ribadito l'obiettivo, da perseguire ad opera delle Casse privatizzate, di assicurare l'equilibrio di bilancio e la stabilità delle gestioni previdenziali in un arco temporale non inferiore a trenta anni.
4.3.20 Ha facoltizzato gli enti medesimi, sulla base del bilancio tecnico della gestione previdenziale, ad adottare i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell'equilibrio finanziario di lungo termine ‘avendo presente il principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti e comunque tenuto conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni’ Ed ha aggiunto che sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al presente comma ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della legge medesima.
4.3.21 Chiaramente non si tratta di norma di interpretazione autentica: non ne ha né la tipica formulazione testuale, né il contenuto. E' una norma a carattere innovativo che in particolare, sostituisce il principio del pro rata di cui all'originario art. 3, comma 12, nella formulazione della legge n. 335 del 1995, con un principio similare, ma meno rigido. Non è più previsto il "rispetto del principio del prò rata", ma occorre che le Casse privatizzate, e quindi anche quella per ragionieri e periti commerciali, nell'esercizio del loro potere regolamentare, abbiano "presente il principio del prò rata" nonché "i criteri di gradualità e di equità fra generazioni"; ciò a partire dal 1° gennaio 2007.
4.3.22 Il legislatore del 2006 ha quindi inteso rendere flessibile il criterio del pro rata ponendolo in bilanciamento con i criteri di gradualità e di equità fra generazioni. In questo modo lo spazio di intervento delle Casse è maggiore e le esigenze di riequilibrio della gestione previdenziale potrebbero richiedere un sacrificio maggiore a chi è già assicurato a beneficio dei nuovi assicurati; tale sarebbe la rideterminazione della quota retributiva della pensione secondo i criteri delle menzionate delibere del 2002-2003 della Cassa. Ma ciò non è dato approfondire atteso che nella specie il trattamento pensionistico è maturato prima del 1° gennaio 2007, quando non era ancora operante la modifica dell'art. 3, comma 12,1. n. 335/95.”
4.3.23 Dunque come si vede esistono possibilità di provvedimenti che riducano alcuni dei benefici concessi dal sistema retributivo e siccome tali provvedimenti sarebbero connessi al passaggio al sistema contributivo potrebbero avere il placet dei Ministeri vigilanti, visto la continua sollecitazione da parte di ogni Governo affinché le Casse privatizzate adottino il sistema contributivo.
4.3.24 Qualora tali provvedimenti trovassero degli ostacoli o non potessero essere presi in modo tale da ridurre sufficientemente il debito previdenziale, si dovrà ricorrere all’aumento del contributo integrativo al 5%.

Conclusioni della revisione paritaria[modifica | modifica sorgente]

MGA evidenzia come è l'unica associazione che ha una proposta di riforma di Cassa Forense.

Mantenere la cassa che è una istituzione di spoliazione legale è di per sé una scelta politica molto grave in quanto significa assecondare il furto dei meno abbienti con il sostegno delle pensioni regalate in cambio di una pensione non adeguata. A questo va aggiunto il saccheggio attraverso il patrimonio e gli investimenti illegittimi che vengono fatti con esso. In pratica MGA trattando il mantenimento di Cassa Forense e non la sua chiusura si propone come difensore del saccheggio attraverso il patrimonio preda.

Sull'accorpamento delle Casse[modifica | modifica sorgente]

Si dice genericamente che MGA sta elaborando o la proposta di accorpare tutte le casse dei professionisti in una unica cassa o in INPS quasi come se fosse una scelta simile all'altra.

Nel primo caso, vista la composizione demografica dei liberi professionisti, non si fa altro che sostituire 21 enti di spoliazione legale con un unico grande ente di spoliazione legale che dovrebbe gestire tra un paio di anni un centinaio di miliardi di euro di imposte andando a giocare in borsa e con altre forme di investimento.

Situazione illegittima costituzionalmente e pericolosa per il controllo democratico di questo potere economico.

Sulla incorporazione in INPS[modifica | modifica sorgente]

Come sapete da anni sono il fautore della incorporazione in INPS.

E' il destino già segnato, si tratta solo di sapere se ci arriveremo dissanguati tra 20 anni o con un poco di energie e dignità nei prossimi anni.

Il sistema pensionistico pubblico universale è il percorso già segnato nel 1996 dalla riforma Dini e mai attuato.

Con l'incorporazione di INPDAP in INPS il sistema è quasi attuato. Nella proposta di riforma di MGA si dicono molti motivi giusti che sono assolutamente validi per chiudere subito le Casse ed andare in INPS.

Mancano i motivi più validi sulla gestione del patrimonio antieconomica e illegale.

Il fatto che per decenni si siano create ad arte una serie di falsità sull'INPS, fa usare gli argomenti con cautela pensando che i liberi professionisti sono degli imbecilli che vanno trattati come tali per non perderne il consenso.

Chiunque di noi, se gli viene spiegato come stanno le cose, non esiterebbe un istante a prendere a calci nel sedere i nostri rappresentanti vicini e lontani.

La cautela usata da MGA rientra nel modo di fare italico di coltivare gli imbecilli per le proprie finalità politiche.

Sulla contribuzione progressiva[modifica | modifica sorgente]

Sulla introduzione del sistema di calcolo contributivo con pensione di garanzia[modifica | modifica sorgente]

I link[modifica | modifica sorgente]