Rappresentanza democratica e segmentazione sociale

Da const.

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< 7 - Segmentazione legale >

Un popolo che elegge corrotti, impostori, ladri e traditori, non è vittima. È complice.

George Orwell

La rappresentanza democratica nel modello della segmentazione sociale e nel meccanismo della spoliazione legale assume un ruolo centrale.

Il fine delle leggi elettorali che supportano la spoliazione legale, è quello di rendere il gruppo di potere che è minoranza nella società, maggioranza nelle istituzioni.

La legge elettorale[modifica | modifica sorgente]

La legge elettorale ha il compito di determinazione della rappresentanza politica.

Sono molteplici gli organismi all'interno del sistema economico; oltre agli organi legislativi abbiamo anche organi propriamente amministrativi sia pubblici che privati come comuni, regioni o ordini e casse di previdenza ovvero organi societari.

Possiamo avere leggi elettorali proporzionali, a collegi uninominali e combinazioni intermedie.

Collegi elettorali

Nel caso di collegi uninominali a turno unico vince chi ha la maggioranza relativa al primo turno.

La selezione delle candidature[modifica | modifica sorgente]

Anche le modalità di selezione e proposta delle candidature è fondamentale nel processo di formazione della rappresentanza politica.

Si passa dal caso americano ove le candidature vengono proposte un anno prima e vengono selezionate con le primarie all'interno dei partiti, ma solo dagli elettori che si iscrivono alle liste elettorali oppure ad altri sistemi ove le candidature sono proposte dai partiti uscenti senza firme di accompagnamento.

Le modalità di voto[modifica | modifica sorgente]

Le modalità di voto sono anch'esse fondamentali nella determinazione del risultato elettorale.

Candidati indipendenti o di lista determinano significati diversi alla rappresentanza democratica.

Candidatura multipla[modifica | modifica sorgente]

Work in progress

Alcuni casi di leggi elettorali italiane[modifica | modifica sorgente]

La legge Acerbo[modifica | modifica sorgente]

La legge Acerbo che prende il nome da Giacomo Acerbo, aderente alla comunione massonica della Gran Loggia di Piazza del Gesù, è un tipico esempio di come la legge elettorale cambia la storia democratica di una nazione.

Fortemente voluta da Benito Mussolini essa prevedeva il premio di maggioranza di 2/3 per il partito che avesse ottenuto il 25% dei voti su base nazionale.

La lista nazionale bloccata permetteva inoltre l'elezione dei candidati in essa presenti in luogo di quelli che avevano avuto più preferenze mettendo il Parlamento in mano ai partiti esautorando gli elettori della possibilità si scelta apparentemente presente vista la possibilità di esprimere le preferenze sulla scheda elettorale.

Legge ordini dei commercialisti[modifica | modifica sorgente]

https://www.andoc.info/blog/2021/11/17/commercialisti-andoc-riforme-o-destino-segnato/

Europee[modifica | modifica sorgente]

Per superare lo scoglio insormontabile delle firme si fanno alleanze con i partiti presenti in parlamento.

http://www.partitosocialista.it/featured/laccordo-politico-tra-psi-e-europa-maraio-rafforziamo-il-csx-alleanza-va-oltre-le-europee/

La comunicazione politica[modifica | modifica sorgente]

A fronte di un corpo sociale segmentato legalmente, anche il messaggio politico deve essere proposto in modo segmentato con specifiche promesse ai singoli gruppi sociali.

Le promesse si possono moltiplicare salvo poi, in caso di elezione attuare in modo rapidissimo quelle poco pubblicizzate o sconosciute a favore delle élite e rimandare all'infinito quelle fatte ai corpi sociali più ampi.

Documenti[modifica | modifica sorgente]

Elezioni europee[modifica | modifica sorgente]

Per poter essere ammessa alle elezioni europee ogni lista deve presentare, in ognuna delle cinque circoscrizioni elettorali italiane, almeno 30.000 firme di sottoscrizione. A questa regola generale, che serve a limitare la proliferazione di liste prive di valore elettorale, ci sono tuttavia delle eccezioni che servono ad evitare che partiti già rappresentati nel parlamento italiano o in quello europeo debbano farsi carico della raccolta delle firme.

Facciamo 2 conti. 40 milioni diviso 80 eletti fanno 500 mila votanti ad eletto. Per uno sbarramento del 4% sono ca. 3 eletti, quindi 1,5 milioni. Vota il 50%, sono 750mila. 150 su 750 sono il 20%. Per partecipare al voto, la lista più piccola dovrebbe mobilitare il 20% dei suoi elettori. Per le finte opposizioni c'è la deroga, come è previsto nella tecnica della spoliazione legale.

Ecco dimostrata l'esistenza del partito unico della spoliazione legale.



Documenti[modifica | modifica sorgente]

Il Post: La raccolta delle firme sarà un problema per i piccoli partiti. https://www.ilpost.it/2022/07/23/raccolta-firme-elezioni/

https://www.linkiesta.it/it/blog-post/2019/08/24/educazione-civica-for-dummies-cari-salviniani-ecco-come-funzionano-la-/28283/


https://senzanubi.wordpress.com/2019/05/08/gerrymandering-republicani-e-democratici-si-stanno-scannando/


http://appelloalpopolo.it/?p=41770

Citazione[modifica | modifica sorgente]

fu il punto cruciale che trattai nella mia tesi di laurea "Le modifiche tacite della Costituzione" (1997). http://web.tiscali.it/fontilucio/Tesi.htm Ecco cosa scrivevo allora "Ci occupiamo infine di una vicenda che, a nostro avviso, ha segnato, alla luce di tutta la tessitura dell’ordito costituzionale, un definitivo mutamento di regime nel nostro Paese, surrettiziamente trasformando il nostro sistema politico da democrazia parlamentare rappresentativa a democrazia parlamentare maggioritaria: è la ben nota vicenda che ha condotto al passaggio da un sistema elettorale proporzionale ad un sistema elettorale maggioritario. Non si vuole qui prendere posizione favorevole all’uno o all’altro dei due sistemi elettorali, entrambi, se ispirati dalla buona fede, possono essere suscettibili di valutazioni positive o negative, ma ci si sforzerà di capire se quanto è avvenuto sia conciliabile con il sistema rappresentativo prefigurato dal Costituente sia nel suo complesso sia in qualche sua singola disposizione; se tutto ciò, nell’assenza di una norma esplicita della Costituzione in materia elettorale, pur se formalmente possibile (le leggi elettorali costituiscono oggetto di legislazione ordinaria) era opportuno farlo, e farlo, soprattutto, sottoponendo la materia elettorale al referendum abrogativo ex art. 75 Cost. Non va infatti dimenticato che la materia elettorale involge delicatissime questioni politico-costituzionali che creano enormi problemi anche ai competenti e a “me” pare temerario rimettere decisioni di tal portata nelle mani del profano, facilmente manipolabile, soprattutto per i pericoli di deriva plebiscitaria che ne possano scaturire. E se anche il giurista può trovare difficile capire completamente persino il meccanismo attraverso il quale vengono assegnati i varî seggi, figuriamoci poi l’imbarazzo suscitato nel profano (ma anche nel dotto) dalla partorita legge elettorale conseguente l’esito referendario, di fronte alla quale parlare di misteri come lo “scorporo” proporzionale non può che far aumentare sempre più la confusione e il distacco del cittadino nei confronti della politica; forse proprio evitando le pressioni e la fretta determinate sul legislatore dall’esito del referundum si sarebbe potuto pervenire a una legge elettorale più “presentabile” di quella attuale. Da alcuni princìpi impliciti nel sistema emerge, infatti, che per quanto riguarda i sistemi elettorali per la formazione delle Camere «è esclusa qualsiasi forma di rappresentanza della sola maggioranza e che, al contrario, deve essere adottato un sistema elettorale che garantisca la rappresentanza delle minoranze». La Costituzione presenta, infatti, un tessuto normativo dal quale è possibile dedurre come la stessa garanzia della forma repubblicana ex art. 139 sia strettamente legata ad un sistema elettorale teso a consentire la rappresentanza di tutte le forze politiche, e dunque anche delle minoranze, in misura corrispondente alla loro consistenza. Ciò trova conferma in tutta una serie di indizi ricavabili dalle norme costituzionali, le quale nello stabilire il metodo per l’elezione del Presidente della Repubblica (art. 83), ma anche, a mio avviso, nel determinare la composizione del CSM (art. 104) e della Corte costituzionale (art. 135), sembrano garantire la rappresentanza a chiunque ne abbia titolo. La stessa previsione di un rapporto fiduciario tra il governo e due Camere con funzioni identiche, mal si concilierebbe con un sistema di rappresentanza diverso da quello proporzionale; la possibilità che la scelta degli elettori si distribuisca in modo da differenziare i voti (più facile a verificarsi in un sistema maggioritario) potrebbe, infatti, portare alla costituzione di maggioranze diverse tra una Camera e l’altra in grado di creare problemi al continuum Governo-Parlamento. Ma comunque, oltre quanto detto, rimane un fatto incontestabile (ed è in questa circostanza che, più che in altre, emerge con assoluta evidenza come le modifiche apportate in settori diversi da quelli costituzionali possano incidere - e in modo profondo - sulla stessa Legge fondamentale): l’adozione di un sistema maggioritario, senza i dovuti contrappesi finalizzati a garantire sufficientemente le minoranze, intacca modificandolo in maniera radicale, tale addirittura da far venire meno l’irrinunciabile rigidità della Costituzione, l’art. 138 Cost. nella parte in cui prevede che le leggi costituzionali o di revisione della Costituzione siano adottate con delle maggioranze particolarmente qualificate; e questo (ne abbiamo accennato nel primo capitolo del nostro studio parlando dei limiti alla revisione costituzionale) non è possibile a meno di non provocare il venir meno di un ordinamento e la sua sostituzione con un altro. Tale articolo, infatti, a ulteriore dimostrazione di quanto si è sostenuto circa il favore della nostra Costituzione per un sistema di rappresentanza proporzionale, prevedendo un così ampio consenso per la revisione costituzionale, manifesta la volontà del Costituente finalizzata alla più ampia garanzia delle minoranze che con un sistema elettorale maggioritario, ripeto senza i dovuti contrappesi, verrebbe necessariamente meno. Già con l’attuale disciplina elettorale prevalentemente maggioritaria, conseguenza, anche, del referendum svoltosi il 18 aprile 1993, sarebbe però ben possibile, teoricamente, modificare la Costituzione non solo non disponendo di un consenso politico maggioritario sul territorio nazionale ma, addirittura, per il meccanismo di assegnazione dei seggi che si venuto a stabilire, sulla base di una percentuale di voti che non raggiunga il 50% di quelli validamente espressi al fine di eleggere i rappresentanti di Camera e Senato. Il tutto senza i dovuti contrappesi! Ma, pure in presenza di questi ultimi, rimarrebbe comunque d’ostacolo all’adozione di un sistema elettorale diverso da quello in grado di assicurare il principio di un’adeguata rappresentanza di tutte le forze politiche e dunque anche delle minoranze, perciò proporzionale, la coessenzialità di questo principio con la forma repubblicana, almeno con quella stabilita nella Costituzione del 1947. E invece? Invece ci troviamo in presenza di fatti gravissimi, mascherati sotto la veste del diritto, che hanno sancito definitivamente il passaggio da un ordinamento, quello del '47, ad un altro, eventi che, a mio sommesso avviso e al di là delle vesti con le quali vengono presentati, non possono ricondursi su un piano giuridico interno al modello originario, ma rappresentano fatti involgenti un mutamento radicale, seppur incruento, dell’ordine esistente così come delineato nella Costituzione Repubblicana del 1947". Insomma, ciò che non poté segni padre, riuscì alla "sventura" figlio

Note[modifica | modifica sorgente]


Collegamenti[modifica | modifica sorgente]

7 - Segmentazione legale

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