Teoria costituzionale nel diritto della previdenza sociale

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La teoria costituzionale nel diritto della previdenza sociale o modello costituzionale di stato sociale [1] è una teoria giuridica che trova nella Costituzione Italiana i fondamenti per l'analisi del sistema pensionistico pubblico regolato dalla branca di diritto pubblico denominata diritto della previdenza sociale.

I sistemi pensionistici pubblici italiani gestiti nel rispetto di tale teoria rientrano in quelli che la World Bank classifica come primo pilastro della previdenza ossia "Un sistema pensionistico pubblico obbligatorio che è finanziato con il gettito fiscale e in alcuni casi gestito con delle riserve finanziarie".

Tale teoria è anche detta "tesi tributarista"[2][3] in quanto basandosi sulla lettura dell'art. 23 della Costituzione classifica i contributi obbligatori per le assicurazioni obbligatorie come imposte.

Da ciò discende che:

  1. la pensione, quale prestazione previdenziale della previdenza sociale pubblica è un servizio pubblico fornito in denaro (l'ISTAT classifica tali spese "prestazioni sociali in denaro");
  2. le pensioni erogate dagli enti pubblici, come tutti i servizi pubblici si pagano con i tributi;
  3. la spesa pensionistica pubblica fa parte della spesa corrente primaria[4] del bilancio dello Stato valutata complessivamente nel conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche.

La teoria pone le basi per la transizione al modello previdenziale universale ispirato ai principi della Costituzione rispetto al precedente modello previdenziale corporativo fascista basato sui principi XXVI e XXVII della Carta del lavoro tuttora presente e oggetto di superamento attraverso un lungo periodo di transizione.

Il giurista Mattia Persiani già nel 1963 aveva esposto in modo compiuto tale teoria nel Manuale giuridico "Diritto della previdenza sociale" ove, in maniera sintetica ma organica, analizzava gli aspetti fondamentali del sistema pensionistico pubblico in Italia alla luce della allora giovane Carta Costituzionale.

Tale teoria giuridica ha portato al superamento della precedente teoria assicurativa nel diritto della previdenza sociale e della teoria della retribuzione differita nel diritto della previdenza sociale.

Ci sono autori che pur condividendo l'impostazione generale della teoria descritta da Mattia Persiani, su aspetti puntuali suggeriscono diverse interpretazioni della Costituzione, ma tali puntualizzazioni non possono essere considerate marginali o non pregiudizievoli nell'interpretazione della teoria in quanto tale teoria si conferma solo nell'esatta accettazione dei principi elaborati da Mattia Persiani, pena la sua decadenza.

Ad es. i contributi previdenziali per Persiani sono imposte, mentre per altri autori sono imposte speciali o contributi speciali.

La diversa interpretazione porta a diverse conclusioni sul significato di solidarietà nella erogazione del servizio pubblico essenziale prestazione di previdenza.

I punti fondanti della teoria costituzionale[modifica | modifica sorgente]

La potestà legislativa riconosciuta dall'art. 117 della Costituzione sulla previdenza sociale[modifica | modifica sorgente]

Il sistema si regge in virtù della potestà legislativa riconosciuta allo Stato sulla previdenza sociale dalla Costituzione all'art. 117 p.to o).

La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

......

o) previdenza sociale;

La definizione della previdenza sociale nell'art. 38 della Costituzione[modifica | modifica sorgente]

L'analisi si basa appunto partendo dall'art. 38 della Costituzione:

Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale.

I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.

Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale.

Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.

L'assistenza privata è libera.

La gestione con le amministrazioni pubbliche del sistema pensionistico pubblico[modifica | modifica sorgente]

L'art. 38 della Costituzione evidenzia quindi che la gestione del sistema pensionistico pubblico in Italia è affidata a:

  • organi predisposti o integrati dallo Stato;
  • istituti predisposti o integrati dallo Stato.

Il potere dello Stato di imposizione fiscale nell'art. 23 della Costituzione: i contributi previdenziali come imposte[modifica | modifica sorgente]

Il finanziamento del sistema pensionistico pubblico in Italia deriva dall'imposizione fiscale.

Mattia Persiani individua senza dubbio come imposte i contributi obbligatori per le assicurazioni obbligatorie inquadrandoli in base all'art. 23 della Costituzione rigettando sia l'interpretazione di retribuzione differita che di premio assicurativo e ancora di più di imposte speciali o contributi speciali.

La prestazione di previdenza come servizio pubblico essenziale[modifica | modifica sorgente]

La prestazione di previdenza è corrisposta dallo Stato come un servizio pubblico essenziale e non come corrispettivo del versamento di un premio assicurativo o di un reddito differito.

La sostenibilità sociale nel tasso di rendimento apparente nello schema pensionistico con formula a rendite definite[modifica | modifica sorgente]

Il rapporto giuridico pubblico di contribuzione[modifica | modifica sorgente]

Il rapporto giuridico di diritto pubblico di prestazione di previdenza[modifica | modifica sorgente]

La legge speciale di diritto pubblico che regola le assicurazioni sociali obbligatorie, alla maturazione dei requisiti previsti dalla legge, su domanda dell'avente diritto, la nascita di una obbligazione che prevede come debitore l'ente previdenziale, come creditore il lavoratore o il cittadino che ha maturato i requisiti e come prestazione il versamento di una rendita (in Italia comunemente chiamata pensione, mentre in Svizzera si parla solo di rendita).

La rendita viene concessa dall'ente previdenziale che esamina la domanda, verifica i requisiti e emette l'atto che riconosce l'obbligazione ossia il diritto ad esigere la rendita secondo le modalità previste dalla legge.

La somma dei costi attualizzati di tutte le obbligazioni future (in base alle leggi vigenti) di un ente previdenziale rappresenta il debito pensionistico latente per le obbligazioni in essere.

Fino al momento del riconoscimento dell'obbligazione, non ci sono diritti maturati che l'iscritto possa far valere nei confronti dell'ente previdenziale, ma solo aspettative pensionistiche che non hanno un valore giuridico.

L'assenza di un rapporto sinallagmatico con i contributi obbligatori[modifica | modifica sorgente]

Per il calcolo della pensione di vecchiaia, non si utilizza l'importo esatto dei contributi versati ma l'aliquota contributiva pensionistica di computo.

L'obbligazione nasce in virtù di una legge di diritto pubblico e non di un contratto tra le parti quindi è da escludere un rapporto sinallagmatico con i contributi obbligatori per le assicurazioni obbligatorie.

Ciò è ancora più vero vedendo l'aliquota contributiva pensionistica di finanziamento a carico del lavoratore (molto spesso ora al 9%) rispetto all'aliquota contributiva pensionistica di computo (ora al 33% per i dipendenti e al 20% per gli autonomi in crescita), nel caso di metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita o del tasso di rendimento apparente restituito dal metodo di calcolo retributivo applicato nel sistema pensionistico pubblico in Italia.

Lo Stato applica quindi uno schema pensionistico con formula della rendita predefinita per garantire una rendita finanziata principalmente con la fiscalità a carico del datore di lavoro al nascere del rapporto di lavoro.

Il divieto di sottoporre a referendum la legge sulle aliquote contributive pensionistiche di finanziamento[modifica | modifica sorgente]

La scelta di sottoporre a referendum abrogativo una legge che contempla anche la variazione delle aliquote contributive (v. es. comma 22 della riforma delle pensioni Fornero), configurandosi i contributi previdenziali come tributi, imposte dirette e indirette, secondo la teoria costituzionale risulterebbe in contrasto con l'art. 75 della Costituzione Italiana che vieta i referendum su norme tributarie.[5][6]

Il dibattito sulla tutela dei cosiddetti "diritti acquisiti" in realtà tutela delle aspettative pensionistiche o tutela del diritto a prestazione[modifica | modifica sorgente]

Alla luce della teoria costituzionale, il dibattito sulle tutele dell'entità della prestazione sociale in denaro, nel dibattito erroneamente definite "diritti acquisiti" va scisso in due fattispecie:

  1. la riduzione del diritto a prestazione alla base della prestazione sociale in denaro, nel caso di gravi squilibri del bilancio dello Stato o dell'ente previdenziale;
  2. la riduzione delle aspettative pensionistiche nel caso di gravi squilibri del bilancio dello Stato o dell'ente previdenziale.

Il dibattito è riferito tra chi ritiene che i diritti acquisiti siano tutelati costituzionalmente e tra quelli che ritengono che tale tutela costituzionale sia inesistente.

1. La tutela delle aspettative pensionistiche[modifica | modifica sorgente]

Nell'ordinamento italiano, la tutela delle aspettative pensionistiche è sempre avvenuta per legge.

Significa che tale tutela non discende da principi costituzionali bensì da una precisa volontà politica.

Ad esempio la riforma delle pensioni Dini prevedeva in origine tale tutela all'art. 1 c. 23.

Nella riforma delle pensioni Fornero del 2011 la tutela delle aspettative pensionistiche è stabilita nell'art. 24 c. 2 del D.L. 201/2011.

Ma vi sono casi espliciti in cui tale tutela è stata eliminata, sempre con apposite leggi.

Se ne deduce che la tutela delle aspettative pensionistiche dipende solo dalle leggi e quindi è una precisa scelta politica e non un diritto che discende dalla Costituzione.

2. La riduzione del diritto a prestazione sociale in denaro[modifica | modifica sorgente]

Premessa[modifica | modifica sorgente]

Nella storia del sistema pensionistico pubblico in Italia, basato fin dalle origini sul modello previdenziale corporativo fascista, gli squilibri finanziari negli enti di gestione sono stati innumerevoli, ma lo Stato si è sempre assunto i costi delle obbligazioni in essere affidando gli enti previdenziali in default previdenziale alla gestione dell'INPS e integrando i deficit con trasferimenti aggiuntivi della fiscalità generale.

Con la riforma Monti del sistema pensionistico pubblico il 95% dei lavoratori italiani hanno la loro posizione previdenziale presso l'INPS ed il sistema, dal punto di vista della gestione finanziaria è universale nel senso che gli enti previdenziali con i loro contributi fanno parte integrante del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche e concorrono al rispetto del rispetto dei vincoli di finanza pubblica (deficit pubblico).

In questa situazione, l'INPS è solo un ente strumentale dello Stato che gestisce per cassa e la spesa pensionistica, come ben specificato sia nella riforma delle pensioni Dini che nella riforma delle pensioni Fornero va controllata in rapporto alla incidenza sul PIL.

Dato per assodato che in caso di default dello Stato, le obbligazioni possono ovviamente essere ridotte, il dibattito verte sulla possibilità di operare delle riduzioni per prevenire tale evenienza.

L'assenza di un rapporto sinallagmatico con i contributi obbligatori[modifica | modifica sorgente]

La pensione pubblica è corrisposta in base all'art. 38 comma 2 della Cost. che indica che ai lavoratori nelle situazioni di bisogno siano assicurati mezzi adeguati alle esigenze di vita.

Quindi il metodo di calcolo della pensione non ha come fine il rapporto con i contributi previdenziali versati ma con l'obiettivo dei mezzi adeguati alle esigenze di vita.

L'obbligazione per la amministrazione previdenziale nasce in virtù di una legge di diritto pubblico e quindi del contratto sociale e non di un contratto tra le parti quindi è da escludere un rapporto sinallagmatico con i contributi obbligatori.

Ciò è ancora più vero vedendo l'aliquota contributiva pensionistica di finanziamento a carico del lavoratore rispetto all'aliquota contributiva pensionistica di computo, nel caso di metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita o del tasso di rendimento apparente restituito dal metodo di calcolo retributivo applicato nel sistema pensionistico pubblico in Italia.

Lo Stato applica quindi uno schema pensionistico con formula della rendita predefinita per garantire una rendita finanziata con la fiscalità a carico del datore di lavoro al nascere del rapporto di lavoro.

I termini dell'obbligazione previdenziale[modifica | modifica sorgente]

L'obbligazione previdenziale è quindi legata solo alla legge vigente al momento del conseguimento dei requisiti.

La casistica è la più disparata possibile, legata alle innumerevoli gestioni pensionistiche e alle relative leggi speciali per cui si hanno trattamenti diversi anche a parità di condizioni e di tempo.

Ovvero nella stessa gestione in tempi successivi possono cambiare totalmente le regole.

Per analizzare i termini dell'obbligazione quindi non ci si può basare né sul livello di tutela né di contribuzione.

La giurisdizione concorde alla teoria costituzionale[modifica | modifica sorgente]

La sentenza della Corte Costituzionale n. 6/2015[modifica | modifica sorgente]

La sentenza della Corte Costituzionale n. 6/2015 chiarisce, al p.to 3 del dispositivo, la natura della riforma delle pensioni Fornero.

La Corte Costituzionale chiamata a decidere l'ammissibilità del referendum promosso dalla Lega Nord per l'abrogazione dell'art. 24 del decreto "Salva Italia" (riforma delle pensioni Fornero) nella sua interezza descrive tra le cause di inammissibilità in base all'art. 75 della Costituzione, le «leggi di bilancio».

La Corte "rileva il divieto di ammissibilità del referendum abrogativo di leggi di bilancio, di cui al medesimo precetto costituzionale, riferibile al complessivo contenuto disciplinatorio del predetto art. 24."

Una legge di bilancio disciplina la spesa pubblica ed in questo caso la spesa pensionistica ma anche le entrate tributarie.

I sistemi pensionistici pubblici a redistribuzione dei tributi sono quindi regolati da norme di diritto pubblico.

I contributi obbligatori come tributo[modifica | modifica sorgente]

La sentenza della Corte di Cassazione del 25 maggio 2011 n. 20845 conclude in questo modo:"Lo stato di dissesto dell'imprenditore - il quale prosegua ciononostante nell'attività d'impresa senza adempiere all'obbligo previdenziale e neppure a quello retributivo - non elimina il carattere di illiceità penale dell'omesso versamento dei contributi. Infatti i contributi non costituiscono parte integrante del salario ma un tributo, in quanto tale da pagare comunque ed in ogni caso, indipendentemente dalle vicende finanziarie dell'azienda. Ciò trova la sua «ratio» nelle finalità, costituzionalmente garantite, cui risultano preordinati i versamenti contributivi e anzitutto la necessità che siano assicurati i benefici assistenziali e previdenziali a favore dei lavoratori. Ne consegue che la commisurazione del contributo alla retribuzione deve essere considerata un mero criterio di calcolo per la quantificazione del contributo stesso (cfr Cassazione, 11962/2009 e 27641/2003)."[7]

La pensione come servizio pubblico essenziale[modifica | modifica sorgente]

La Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali in una controversia è arrivata fino alla sentenza della Corte di Cassazione circa l'applicazione del principio del pro-rata previsto dalla riforma delle pensioni Dini nel caso di riforme generali dell'ordinamento generale di una cassa di previdenza.

La sentenza[8] (Sentenza Cassazione sez. Lavoro Civile n. 17892 del 1 aprile 2014) ha riconosciuto che la possibilità di variare le promesse pensionistiche per le casse D.Lgs. 509/1994 è possibile per le pensioni erogate dopo il 2007 senza che vi sia l'obbligo stretto di applicare il pro-rata, riducendo quindi anche i cosiddetti diritti acquisiti.

Ciò significa che la prestazione di previdenza di diritto pubblico, in quanto servizio pubblico, non è legata ad una obbligazione contrattuale bensì alle esigenze dello Stato di garantire un insieme di principi costituzionali.

La Corte Costituzionale (sent. 116/2013) e l'inesistenza dei diritti acquisiti[modifica | modifica sorgente]

La Corte Costituzionale con sentenza n. 116 del 3/6/2013 dichiarava la norma sul contributo di solidarietà illegittima.[9]

Nella descrizione del fatto, viene fatta una importante precisazione al p.to 1.4 " Non si tratterebbe di una mera rideterminazione o “raffreddamento” dei livelli previdenziali pubblici, in astratto possibile essendo acquisito il principio della possibilità di una disciplina differenziata del rapporto previdenziale pubblico rispetto a quello privato, ma di una vera e propria imposta, gravante non su tutti i pensionati, ma esclusivamente su quelli pubblici."

Nel dibattito pubblico, vi è la diffusa convinzione che una volta conseguito il diritto alla pensione ed ottenutane la concessione, tale risultato sia intangibile e che si abbia conseguentemente diritto alla perequazione automatica delle pensioni.

La Corte Costituzionale, spesso additata di difendere odiosi privilegi come nel caso delle pensioni d'oro, del vitalizi dei parlamentari o delle pensioni gonfiate, in realtà nelle numerose sentenze ha sempre valutato la corretta attuazione di leggi che prevedevano tali tutele.

Quindi, come nel caso della riforma delle pensioni Dini o della riforma delle pensioni Fornero la tutela dei cosiddetti diritti acquisiti riguardanti situazioni pregresse era esplicitamente indicata nella legge.

Quindi non esistono, come evidenziato dalla Corte Costituzionale dei così detti "diritti acquisiti" nel campo delle pensioni corrisposte da enti previdenziali gestori di sistemi pensionistici a redistribuzione dei tributi secondo uno schema pensionistico con formula della rendita predefinita in quanto la rideterminazione o “raffreddamento” dei livelli previdenziali pubblici, è possibile.

Corte di Cassazione sent. 17530/2005 30 agosto 2015[modifica | modifica sorgente]

La pensione di anzianità e di vecchiaia sono concesse dalla Amministrazione pubblica solo alla cessazione del rapporto di lavoro, sia dipendente sia dalla fine dell'attività di lavoro autonomo in quanto l'esigenza di garantire mezzi adeguati alle esigenze di vita si ritengono nascano dalla cessazione dell'attività lavorativa per ragioni di età (art. 38 secondo comma Cost.).

La giurisdizione contraria alla teoria costituzionale[modifica | modifica sorgente]

La teoria costituzionale nel dibattito politico-economico[modifica | modifica sorgente]

Nel dibattito politico economico l'accettazione della teoria costituzionale, piuttosto che quella assicurativa o del reddito differito, porta a conclusioni sostanzialmente diverse rispetto alla analisi delle politiche di redistribuzione dei redditi attuate in un paese.

Se i contributi obbligatori sono imposte, si deve ragionare in termini di aliquote imposte sul costo del lavoro, mentre se i contributi obbligatori sono un premio, ognuno viene trattato dallo Stato con diverse modalità e diverse incentivazioni, vista la molteplicità dei regimi pensionistici.

E ancora se i contributi sono un reddito differito, si deve ragionare sulla diversa quantità di reddito che viene accantonata e come viene rivalutata o svalutata dallo Stato.

Note[modifica | modifica sorgente]

  1. Veronica Valenti, Giuppichelli ed., Diritto alla pensione e questione intergenerazionale, 1a cop. - modello costituzionale
  2. Mario Intorcia, INPS, L'ordinamento pensionistico, p. 250 - La tesi prevalente è quella che assimila i contributi previdenziali alle imposte (tesi tributaristica).
  3. Maurizio Cinelli, Giuppichelli ed., X ed. 2012, Diritto della previdenza sociale, p. 247 - Allo stato, la concezione che raccoglie i maggiori favori risulta essere quella "tributarista" anche se, poi, la classificazione dei contributi previdenziali come tasse o contributi speciali o imposte dipende da quale si ritiene che debba essere la funzione del sistema di previdenza sociale, in specifico riferimento alla relazione che in tale sistema si configura tra interesse pubblico e interesse dei singoli.
  4. Claudio Romini, L'Opinione, 15/11/2014, http://www.opinione.it/editoriali/2014/11/15/romiti_editoriale-15-11.aspx#.VGceFCKkNSM.twitter. URL consultato il 15 novembre 2014.
    «Fin da quando ho cominciato ad interessarmi di politica, mi sono sempre posto una domanda: se la mano pubblica si espone eccessivamente dal lato della spesa corrente, come può farvi fronte nel caso di una molto prolungata recessione? O taglia la medesima spesa corrente o aumenta i debiti - tertium non datur - è l’unica risposta possibile.».
  5. Stradeonline.it 26/6/2014, L'articolo 75 della Costituzione prevede infatti che non possano tenersi referendum, tra l'altro, sulle "leggi tributarie e di bilancio". La cosiddetta "riforma Fornero" non era contenuta stricto sensu in una "legge di bilancio", ma in un provvedimento - il cosiddetto "decreto Salva-Italia" - che realizzava, anche per effetto delle disposizioni in materia previdenziale, una manovra correttiva dei conti pubblici, sostanzialmente recepita, quanto agli effetti contabili, nella legge di bilancio.
  6. IPE magazine luglio 2014, On the other hand, political parties like Lega Nord – which won 6.2% of votes at the European elections – would like to repeal the Fornero reform. Lega Nord has started collecting signatures to launch a referendum, although this will probably be deemed unconstitutional because it would concern fiscal issues.
  7. diritto.it 23/02/2012, Infatti i contributi non costituiscono parte integrante del salario ma un tributo, in quanto tale da pagare comunque ed in ogni caso, indipendentemente dalle vicende finanziarie dell'azienda.
  8. Sentenza Cassazione sez. Lavoro Civile n. 17892 del 1/4/2014
  9. Corte Costituzionale sentenza 116/2013


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